L’autorizzazione Integrata Ambientale non è l’applicazione asettica di un insieme di tecniche e di relative “prestazioni ambientali” ma piuttosto il risultato di un percorso di analisi volto ad individuare l’assetto impiantistico e produttivo che combina assieme i tre elementi cardine dell’IPPC: controllo combinato delle emissioni aria-acqua-suolo, riferimento a standard tecnologici e gestionali di settore, valutazioni delle condizioni locali.
Attori principali sono fondamentalmente le amministrazioni che avranno il compito di rilasciare le autorizzazioni, i gestori che le richiedono e la comunità locale destinataria indiretta delle scelte delle pubblica amministrazione che dovrà provvedere al contemperamento degli interessi di cui tali attori si fanno portatori all’interno del provvedimento complesso.
Ricorso al TAR Palermo di Cittadini di Isola delle Femmine per annullamento decreto n 693 della Regione Sicilia a favore della Italcementi
Ricorso al TAR Palermo di Cittadini di Isola delle Femmine per annullamento decreto n 693 della Regione Sicilia a favore della Italcementi
Conferenze: 31 Luglio 2007-21 Novembre 2007-31 gennaio 2008-20 febbraio 2008-19 marzo 2008
Cambiamo Aria
Il Piano regionale per la qualità dell'aria presentato dalla regione Sicilia nel 2007 somiglia stranamente a quello del Veneto. Semplice coincidenza?
E' da un pò che in Sicilia non si respira più la stessa aria. Da Palermo a Gela, da Catania a Caltanisetta ci sono segnali di cambiamento che vengono dalla società civile, dai commercianti, dagli industriali che si ribellano contro la mafia e il pizzo. Anche la burocrazia regionale se n'è accorta. Per questo nel "Piano Regionale di Coordinamento per la tutela della qualità dell'aria", pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, sono state introdotte importanti novità. Ora siamo più europei e lo conferma il rigido clima dell'isola. In più abbiamo un "bacino aerologico padano" e "piste ciclabili lungo gli argini dei fiummi e dei canali" presenti nei centri storici dei comuni siciliani. A leggere il piano in questione si può fare a meno anche dell'autonomia, dato che anche il Parlamento , l'Assemblea Regionale, è diventato un normale Consiglio regionale come quello del Veneto.
Un bel sogno che è stato interrotto da quei materialisti di Legambiente che hanno rilevato come il Piano sia, per usare un eufemismo, troppo simile a quello del Veneto. E dire che porta la firma di ben nove eccellenti autori: dirigenti dell'Assessorato e professori universitari, L'Assessore all'Ambiente Rossana Interlandi, dice che nel caso in cui errori vi siano stati, questi devono essere accertati, e comunque questo non legittima nessuno a parlare di plagio. L'Assessore ha ragione, in primo luogo perchè ispirarsi a un piano esistente conferma la teoria che riciclare conviene. E poi, non è che i piani regionali sono tutelati da diritto d'autore, senno dovrebbero riconoscere anche i diritti Siae ai dirigenti e consulenti che li preparano, Quidi è giusto che nessuno dei responsabili di questo piano cambi aria. In fondo la Regione non è mica il Palermo Calcio, che dopo una partita persa 5 a 0 con la Juve esonera l'allenatore. Bisogna prima accertarsi di non aver perso la partita.
Se intanto il camponato finisce, pazienza.
Gianpiero Caldarella Sdisonorata Società Navarra editore
Piano Regione Sicilia Qualità e Tutella dell'Aria
Piano Regione Sicilia Qualità e Tutella dell'Aria

giovedì 26 febbraio 2015
CASO CANNOVA I 5 STELLE: "CROCETTA CAMPIONE DI ARRAMPICATA SUGLI SPECCHI"
CASO
CANNOVA I 5 STELLE: "CROCETTA CAMPIONE DI ARRAMPICATA SUGLI
SPECCHI"
GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO 2015 -
17:31 ARTICOLO LETTO 468 VOLTE
GRILLINI ALL'ATTACCO ANCHE
SULLA GESTIONE DEL CICLO DEI RIFIUTI
PALERMO - “Sulla mancata
costituzione della Regione nel processo Cannova il governo è stato
ridicolo. Il campione mondiale di arrampicata sugli specchi perde colpi. Ora
viene smascherato sempre più spesso”.
E' durissimo il commento dei deputati all'Ars del Movimento 5 Stelle alla notizia che la Regione resta fuori dal processo contro il suo dipendente infedele perché non costituitasi per tempo come parte civile, "salvo un tardivo e goffo tentativo di marcia indietro, smascherato ora dai giudici del tribunale”.
“Crocetta – dicono i parlamentari - ha cambiato idea perché travolto dalle inevitabili e doverose polemiche. La costituzione come parte civile andava fatta in automatico senza bisogno di ricorrere ad un parere dell'Avvocatura di Stato, rivelatosi tra l'altro ridicolo”.
Intanto il Movimento ha presentato una lunga interrogazione sulla gestione del ciclo rifiuti per sondare le reali intenzioni del governo Crocetta, più che mai nebulose. “A sentire – le ultime dichiarazioni rese in commissione Ambiente dal dirigente generale del dipartimento Energia, Lo Monaco – dice Valentina Palmeri, prima firmataria dell’atto – sembra che la linea politica sia quella di non puntare sulla differenziata, come prevede la legge, per raggiungere il target del 65 per cento (oggi si è al 7) ma quella di consentire ed agevolare gli INVESTIMENTI

“Il ricorso all’incenerimento dei rifiuti – prosegue la Palmeri – rappresenta una strada da escludere perché concluderebbe il processo di distruzione dell’ecosistema del Mediterraneo già in corso con le trivellazioni a mare e sulla terra per le ricerche petrolifere tanto care a Crocetta”.
Con l’atto parlamentare il Movimento chiede notizie anche sulle intenzioni del governo sulla mozione del M5S (prima firmataria Angela Foti) approvata all’unanimità dall’Ars il 25 giugno (che indica precise direttive per la redazione del piano rifiuti in direzione del recupero della materia e non dell’incenerimento) e sulla legge regionale 9 del 2010 che prevede la riduzione, il riuso e il riciclo dei rifiuti. Informazioni sono richieste anche sui 200 milioni di euro assegnati al commissario straordinario per i rifiuti per la Sicilia e sui 90 milioni destinati al compostaggio, i cui bandi di gara sono andati deserti
“Vogliamo sapere infine - conclude la Palmeri – quali sono i soggetti che prenderanno parte al tavolo tecnico recentemente costituito presso l’assessorato regionale dell’Energia per coadiuvare l’assessore alla stesura del nuovo piano rifiuti regionale e chi siederà al tavolo del ministero dell’Ambiente per la Sicilia”. Per Angela Foti la gestione dei rifiuti deve essere fatta in maniera tale da tramutarli in enorme risorsa. “L'opportunità di cambiamento – dice - sta nel decidere se questo affare da 250 milioni di euro deve continuare a finire nelle tasche di pochi tramite le discariche e l'orrore dell'incenerimento o deve divenire ricchezza distribuita attraverso la filiera produttiva del riciclo, che in Sicilia sulle oltre 220 mila tonnellate di rifiuti prodotte ogni anno può esprimere oltre 5000 posti di lavoro reali e grandi risparmi per i Comuni, dovuti al mancato conferimento in discarica”.
I
GIUDICI SMENTISCONO CROCETTA LA REGIONE FUORI DAL PROCESSO
Giovedì 26 Febbraio 2015 - 14:49 di Riccardo Lo VersoRiccardo
Lo Verso
Articolo letto 6.904 volte
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Il caso Cannova. Dopo le
polemiche sulla mancata costituzione di parte civile, il governatore, Rosario
Crocetta, aveva respinto accuse e polemiche: "Tutta colpa di un difetto di
notifica". Oggi viene smentito dal tribunale
PALERMO - La Regione è fuori dal
processo Cannova.
Definitivamente tagliata fuori dalla possibilità di ottenere un risarcimento
danni, almeno in sede penale, da un suo presunto dipendente infedele che avrebbe intascato
mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo
smaltimento dei rifiuti. Il Tribunale ha respinto la costituzione di
parte civile della Presidenza della Regione nonostante il tentativo, maldestro,
del governatore Rosario Crocetta di giustificare un governo, il suo, e una
pubblica AMMINISTRAZIONE
troppo distratti per accorgersi di
essere stati citati come parte offesa nel processo.

Ci costituiamo parte civile. Lo
facciamo ora perché c'è stato un difetto di notifica. Confidiamo che il
Tribunale ci ammetta alla LUCE
di quanto accaduto" disse il
18 febbraio scorso Crocetta cercando di archiviare il caso. Ed invece il
Tribunale, presieduto da Vincenzina Massa, ha
respinto la sua richiesta al termine di una fulminea camera di consiglio.
Troppo evidente la distrazione smascherata dagli avvocati di Cannova, Massimo Motisi e Lorenzo
Bonaventura.

Lo schiaffo alla credibilità della Regione siciliana si concretizza nella notifica che un ufficiale giudiziario ha consegnato a Palazzo d'Orleans il 5 novembre scorso. Una notifica che i due legali hanno trovato dove era normale che venisse conservata, nel fascicolo del processo in mano ai pubblici ministeri Daniela Varone e Alessandro Picchi. E stamani l'hanno sventolata sotto il naso del rappresentante dell'Avvocatura dello Stato. È la stessa Avvocatura che motivò la scelta di non costituirsi parte civile, sostenendo che la corruzione "non costituisce allarme sociale", e il danno all'erario era esiguo. Poi, il governatore cercò di correre ai ripari e con un delibera di giunta allontanò il sospetto della distrazione. La notifica - disse - non era arrivata.
Secondo l'accusa, Cannova avrebbe intascato mazzette. Oltre a lui sotto processo ci sono Giuseppe Antonioli, AMMINISTRATORE DELEGATO

Una gravità che Crocetta non perse tempo a sottolineare durante una conferenza stampa,subito dopo il blitz: "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. Stiamo vagliando l'ipotesi della confisca o dell'esproprio per pubblica utilità delle discariche private". Ed ancora: “Da quando c'è questa AMMINISTRAZIONE

C'è un tempo per le conferenze stampa e gli annunci. E c'è un tempo in cui alle parole possono seguire i fatti. Così avevamo scritto quando per primi rilevammo la pesante assenza della Regione al processo. Oggi Crocetta ha perso un'occasione per concretizzare, con un piccolo grande gesto, la sua smania di legalità.
LE TANGENTI NON SONO ALLARME
SOCIALE? IL PROCURATORE AGUECI: “NON HO PAROLE”
Questo il commento del magistrato alla notizia del parere
dell’Avvocatura e alla conseguente mancata costituzione di parte civile della
Regione al processo contro un proprio dipendente accusato di corruzione
“Non ho
parole”. Questo il
commento del procuratore aggiunto Leonardo Agueci alla notizia della mancata
costituzione di parte civile della Regione siciliana al processo contro un
proprio dipendente infedele accusato di corruzione. Mancata costituzione dovuta
a un parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato. “Non ho proprio parole
– ha detto il magistrato – proprio perché l’Avvocatura dello Stato di Palermo è sempre stata
sensibile su questi temi. Ho sperimentato la sensibilità dimostrata in
altre occasioni, ecco perché questa notizia mi ha lasciato di stucco. Devo
leggere le motivazioni”.
Eppure, in tal caso la sensibilità non si è tradotta in un
orientamento conseguente. La vicenda è quella relativa al procedimento penale a
carico del funzionario dell’assessorato al
Territorio,Gianfranco
Cannova, arrestato mesi fa con l’accusa di avere intascato tangenti e
usufruito di soggiorni in lussuosi alberghi, per “oliare” una pratica nel
settore dello smaltimento dei rifiuti e delle discariche.
Il dipendente regionale è attualmente alla sbarra davanti
al tribunale di Palermo ma, male che gli vada, potrà incassare
una condanna penale, mentre non vi sarà alcuna provvisionale, alcun
risarcimento in favore della Regione, in quanto questa non si è costituita
parte civile.
Un dietro-front, dovuto al fatto che l’Avvocatura distrettuale
dello Stato, investita della questione, ha spiegato che se il
danno provocato all’ente pubblico non è eccessivo, allora non è il caso che
questo si costituisca parte civile. Una decisione, motivata con parole che
lasciano di stucco, soprattutto nella parte in cui viene definita «inopportuna»
l’eventualità della Regione di costituirsi al processo per far valere il
proprio ruolo di parte offesa. La stessa Avvocatura aveva motivato il
proprio orientamento con «l’esiguità del danno provocato dal singolo caso al
patrimonio pubblico» e per il «non particolare allarme sociale connesso
alle fattispecie concrete contestate».
Tanto è bastato per convincere la Regione Siciliana a non
costituirsi in giudizio quale parte offesa.
Le mazzette? “Non provocano
allarme sociale” E la Regione siciliana non si costituisce parte civile
Le
mazzette “non sono un fattore di particolare allarme sociale” dice
l’Avvocatura distrettuale dello Stato in un parere consegnato alla Regione
siciliana. E questo è bastato all’amministrazione regionale per decidere di non
costituirsi parte civile nel processo per corruzione a un proprio funzionario.
Il
processo è cominciato lo scorso 19 gennaio nei confronti di Gianfranco Cannova, dipendente
dell’assessorato al Territorio, che ha ammesso di aver preso tangenti
(denaro e soggiorni gratis in alberghi di lusso), in cambio di autorizzazioni
ad alcuni imprenditori titolari di discariche. La notizia è stata pubblicata da
Repubblica. Eppure, dopo l’arresto di Cannova,
avvenuto lo scorso luglio, il governatore Rosario Crocetta tuonò contro la
nuova tangentopoli.
Ma l’Avvocatura
ha giudicato “inopportuna” la costituzione di parte civile, “attesa la esiguità
del danno e il non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie
concrete contestate”. Secondo l’Avvocatura, la Regione può esimersi dal
chiedere un risarcimento “perché è sufficiente l’impulso accusatorio del
pubblico ministero”, si legge in una nota del 10 novembre scorso, firmata
dall’avvocato distrettuale Massimo Dell’Aira e dall’incaricato Pierfrancesco La
Spina.
L’assessore
regionale al Territorio, Maurizio Croce, spiega di aver saputo dai giornali
della mancata costituzione come parte civile: “È grave la nostra posizione –
dice – e vergognosa la motivazione fornita dall’Avvocatura”. E Crocetta
aggiunge: “Non so cosa sia successo. Disporrò un’inchiesta interna”.
5
febbraio 2015
CANNOVA GIANFRANCO ASCESA E DECLINO
DELL'ANTIMAFIA DEGLI AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE"
Giulio Ambrosetti
Un' inchiesta coinvolge la
dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici
antimafia che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi
"comitati d'affari". Mala gestione dei beni sequestrati alla
mafia, conflitti d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo
dei fondi europei, privatizzazione degli aereoporti... La
magistratura ultimo baluardo in difesa della legalità?
Tira un’aria pesante in questi
giorni lungo l’asse Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia e
antimafia c’è un po’ di ‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie
strane. E un’inchiesta su presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente
di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, considerato uno degli uomini di
punta dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di pentiti
di Cosa nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze,
ovviamente. Ma il fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’,
nell’Isola, stanno cambiando. Anche, anzi soprattutto per chi, dal 2008,
di diritto o di rovescio, esercita in Sicilia un potere pieno e, adesso, un po’
controllato: il
senatore del Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.
E’ lui, ormai da sette lunghi
anni, l’uomo
politico più potente della nuova e della ‘vecchia’ Sicilia. E’ lui il garante
di tanti, forse troppi accordi in bilico tra politica, economia e chissà
cos’altro ancora. A lui fa riferimento Antonello Montante, oggi
sfiorato dal dubbio che dai tempi di Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni
illumina come un’ombra sinistra tanti politici siciliani ascesi al soglio del
potere. Dubbi che, nel caso dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si
sono trasformati in condanna a sette anni per mafia. Dubbi che hanno
accompagnato il suo successore, Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una
condanna di primo grado sempre per mafia (in questi giorni dovrebbe
iniziare il processo di secondo grado). Ogni storia giudiziaria, ogni inchiesta
dei magistrati inquirenti, si sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in
questa vicenda il contesto politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che
coinvolge Montante.
Proviamo a illustrarla.
In politica sono importanti i
segnali. E il primo segnale sinistro è arrivato circa una settimana prima del
‘siluro’ che ha colpito il presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la
scoperta che la Regione siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente -
anche lui, neanche a dirlo, personaggio legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è
costituita parte civile in un procedimento giudiziario che coinvolge un
funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata
costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni,
potrebbe essere legata al fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova,
era il responsabile del procedimento amministrativo di importanti
autorizzazioni ambientali. La firma sui provvedimenti di
autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di un
funzionario e non di un dirigente.
Viene da chiedersi, a questo punto, perché
hanno arrestato lui, se a firmare erano, a norma di legge, altri dirigenti.
E’ in questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile
da parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è
un comitato di affari.
E questo comitato di affari che la Regione sta
cercando di proteggere non costituendosi parte civile?
E’ Cannova non sa nulla di questa storia?
Le domande sono più che
legittime, perché quello che sta succedendo è veramente strano.
In ogni caso, per il presidente
Crocetta - un personaggio che, a parole, si proclama sempre antimafioso e
paladino della cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso
in cui avesse semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel
caso in cui si dovesse venire a scoprire che dietro questa storia c’è un comitato
di affari. La cosa strana è che gli ultimi due dirigenti che stavano sopra
il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo - Vincenzo
Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’
Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo
politico siciliano, è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale
dei Rifiuti.
Una settimana dopo lo scivolone
di Crocetta (che comunque, come già accennato, non è nuovo a questo genere di
‘stranezze’, se è vero che il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha
ignorato le regole sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante.
Agli osservatori non sfugge che il presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far
parte dell’Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alla mafia.
Una struttura, inventata dalla politica italiana, della cui presenza in vita i
cittadini del nostro Paese non avvertivano e non avvertono ancora oggi il
bisogno.
Su questo punto è bene essere chiari.
Dei beni
sequestrati e confiscati alla mafia si occupa già la magistratura.
Ci sono state polemiche sul fatto che chi va a gestire questi beni - che di
solito sono avvocati e commercialisti nominati dai magistrati - non avrebbe e
competenze imprenditoriali per gestire aziende confiscate che poi, magari,
falliscono. Il problema esiste. Ma non si capisce perché, a risolverlo,
dovrebbero essere soggetti nominati da una politica che spesso è collusa con la
mafia.
Insomma, senza girarci tanto
attorno, il dubbio, tutt’altro che campato in aria, è che la politica stia
provando a togliere ai magistrati la gestione dei beni confiscati alla mafia. E
siccome sono noti i rapporti tra mafia e politica, non è da escludere che i
politici, con questo stratagemma, puntino a restituire, sottobanco, i beni
confiscati ai mafiosi o ai loro eventuali prestanome.
Nessuno, per carità!, vuole
offendere i soggetti - Prefetti in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i
beni confiscati o sequestrati alla mafia. Le nostre sono semplici
considerazioni politiche che non coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate,
piaccia o no, alla storia del nostro Paese. E’ un peccato di lesa maestà
ricordare - lo faceva nei primi del ‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel
Sud d’Italia, esercitava il suo potere proprio con i Prefetti in combutta con i
prepotenti e i mafiosi dell’epoca? E ci sono dubbi sul fatto che, in Italia,
ancora una volta, l’ultimo baluardo contro un’illegalità mai doma è
rappresentato dalla magistratura?
Detto questo, la politica farebbe
bene a sbaraccare subito questa inutile Agenzia per i beni confiscati e
sequestrati alla mafia. Quanto ai problemi legati alla mancata gestione
imprenditoriale delle aziende confiscate alla criminalità organizzata, beh, è
sufficiente affiancare ai commercialisti e agli avvocati imprenditori o
associazioni di imprese. Ma questo deve farlo la magistratura e non i politici
attraverso un’inutile Agenzia controllata dalla politica!
Fine delle considerazioni
sull’aria pesante che oggi si respira nell’Isola? Niente affatto. I cambiamenti
in corso sono ancora più profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994,
pensava di essere immune da qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse
in parte è stato così. Chi scrive ricorda un sindaco di Corleone di sinistra
che in quegli anni affidava e rinnovava appalti a una società riconducibile a
parenti stretti del boss Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del
miliardo di vecchie lire messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI
, affidati a soggetti dell’antimafia, di
cui non si è saputo più nulla.

Tra i personaggi che hanno sempre
‘navigato’ in un’Antimafia molto discutibile c’è il già citato senatore Lumia.
Che oggi non sembra più il politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha
creduto che lui e i personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a
rispondere del proprio operato. Forse perché ha pensato, errando di grosso, che
la magistratura era assimilabile agli altri poteri dello Stato italiano, più o meno
addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la
magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar,
sigla che sta per Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la
Corte dei Conti stanno rispondendo ai prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi,
vecchi e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della legalità.
La vicenda che oggi coinvolge
Montante - vicenda, lo ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti ancora
tutte da verificare - arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata
ad andare lontano. Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008
tiene in pugno la Sicilia. Chi scrive, già nei primi mesi dello scorso anno,
sul quotidiano on line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo strano caso di Patrizia
Monterosso, segretario generale della presidenza della Regione (in pratica, il
più alto burocrate della Regione siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della
propria Autonomia, potrebbe essere assimilato a uno Stato americano se la
stessa Autonomia venisse applicata correttamente: cosa che non avviene), e di
suo marito, l’avvocato Claudio Alongi. Con la prima che si pronunciava su un incarico
del marito presso la stessa amministrazione regionale! E con il
secondo che forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la
stessa amministrazione regionale!
Entrambi in palese conflitto di interessi.
Quando abbiamo scritto queste
cose ci hanno quasi presi per matti. Non ci credevano. Ma oggi questa vicenda è
diventata di dominio pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle
autorità competenti. Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del
senatore Lumia.
Il senatore Lumia - che è il vero presidente
‘ombra’ della Regione siciliana, in quanto inventore della
candidatura di Crocetta insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via
di decomposizione politica - comincia a perdere colpi. Ben prima del
‘siluro’ che in questi giorni ha centrato Montante, lo stesso segretario generale
della presidenza della Regione, la già citata Patrizia Monterosso, è stata condannata dalla Corte dei
Conti al pagamento di oltre un milione di euro (€ 1.279.007,04) per fatti
riguardanti il settore della formazione professionale. ( Sent. n.
401/2014 http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html )
Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di
potere di Lumia - la dirigente generale del dipartimento Lavoro della Regione,
Anna Rosa Corsello - è stata di recente ‘bastonata’ dal Tar Sicilia, che ha
dichiarato nullo un atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del
decreto di accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto
essere firmato dal presidente della Regione e che, invece, è stato firmato
dall’ex assessore regionale, Nelli Scilabra). Il decreto dichiarato
nullo dal Tar Sicilia potrebbe avere effetti dirompenti, perché sui SOLDI
già spesi sulla base di un decreto
nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione di responsabilità a carico
dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di euro).

Non solo. Sembra che, adesso,
anche l’Unione europea si stia svegliando. Fino ad oggi Bruxelles, sulla
formazione professionale, ha fatto finta di non vedere violazioni incredibili.
I burocrati legati all’attuale governo regionale hanno bloccato l’assegnazione
di fondi europei per rivalersi su errori commessi nell’erogazione di fondi
pubblici. Solo che i fondi erogati irregolarmente erano regionali, mentre
quelli con i quali la Regione ha provato a rivalersi erano europei. Due
tipologie di fondi pubblici non sovrapponibili.
Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare
l’erogazione di fondi europei per recuperare fondi regionali erogati
illegittimamente.
Ma c’è, nella gestione della
formazione professionale siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a monte.
Una storia molto più grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi
europei, per definizione, sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai
fondi nazionali e regionali. La Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i
fondi europei sostituendoli totalmente ai fondi regionali. E questo non si può
fare. Non a caso è in corso una class action da parte del mondo della
formazione professionale siciliana contro la Regione che, ormai da quattro
anni, non si dota del Piano formativo regionale della formazione professionale
con fondi regionali, finanziando tutto con le risorse del Fondo sociale
europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe fare perché a vietarlo è la stessa
Unione europea che, fino ad oggi, violando leggi e regolamenti che essa stessa
si è data, fa finta di non vedere tutto quello che succede in Sicilia in questo
settore, rendendosi complice di un’irregolarità ai danni di se stessa.
Tutto questo vale per il passato
e per il presente. Ma il ‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema di
potere del senatore Lumia riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda
caso in questi giorni, si è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono
gli aeroporti siciliani. Sono la Sac, che gestisce gli aeroporti di Catania
Fontanarossa e Comiso; la Gesap, che gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’
di Palermo; e l’Airgest, che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani.
Per motivi ‘misteriosi’ queste tre società - fino ad oggi controllate da
soggetti pubblici - dovrebbero essere privatizzate. Si tratta di società che,
se gestite con oculatezza, potrebbero dare utili e ricchezza alla collettività.
Ma siccome siamo in Italia questa ricchezza se la debbono incamerare i privati.
A questo sembra che punti il governo Renzi che, non a caso, su questi e su
altri argomenti è perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della
sinistra che lo stesso Pd di Renzi dice di rappresentare!
L’affare più grosso è
rappresentato dall’aeroporto di Catania, il più importante della Sicilia, destinato
a diventare un hub. Non a caso su questo aeroporto si è già gettato come un
falco Ivan Lo Bello, altro esponente di Confindustria Sicilia vicino a
Montante. Chi prenderà il controllo della Sac - società per azioni oggi
controllata dalle Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa,
dall’Istituto regionale per le attività produttive e dalle Province di Catania
e Siracusa - assumerà pure la gestione dell’aeroporto di Comiso, snodo
aeroportuale importante per il flusso turistico verso il Barocco di Noto,
Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta l’ortofrutta prodotta nelle
serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e Licata.
Un po’ meno importanti - ma non
per questo da tralasciare - gli aeroporti di Palermo e Trapani. Nella Gesap -
società che, come ricordato, gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ -
troviamo la Provincia di Palermo come socio di maggioranza, poi il Comune e la
Camera di Commercio, sempre di Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per
cento alla Provincia di Trapani, per il 2 per cento alla Camera di Commercio,
sempre di Trapani, e per il restante 49 per cento a un gruppo di privati.
Non sfugge agli osservatori che
Montante, oltre che presiedere la Camera di Commercio di Caltanissetta, è
presidente dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della
Sicilia. E le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni
delle società aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso
vale per le Province siciliane, tutte commissariate e gestite dalla stessa
Regione, cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…
Insomma, i conti tornano. O
meglio, cominciano a non tornare per Lumia, per Montante e per Crocetta. Tre
personaggi che hanno fatto fortuna utilizzando l’antimafia come trampolino di lancio
per la politica (e per gli affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra in
difficoltà.
Una caduta che non sembra
risparmiare nemmeno il numero due di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro,
titolare della più grande discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in
provincia di Agrigento. Sotto scacco - non a caso sempre da parte della
magistratura - è finita tutta la gestione dei rifiuti in Sicilia imperniata
ancora sulle discariche. Una follia tutta siciliana che inquina l’ambiente.
Va ricordato che quasi tutte le
discariche siciliane non sono a norma di legge. Nelle discariche non possono
essere sotterrati i residui organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe
lavorato a parte. Invece in quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni di
immondizia entrano, scaricano e vanno via. Ma questo non si può fare, la legge
non lo consente. E invece si fa. Ma adesso la festa sembra finita.
Non va meglio per la gestione
dell’acqua. Tutti in Sicilia sanno che, in due anni e oltre di legislatura, il
Parlamento siciliano, di fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa
popolare per il ritorno alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in
Sicilia, è sempre stata contro l’acqua pubblica. Era così ai tempi di Don
Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Ed è così anche oggi che la mafia
opera da Bruxelles, imponendo i proventi delle attività criminali nel calcolo
del Pil dei Paesi dell’Unione europea.
La mafia non vuole il ritorno
all’acqua pubblica. E la politica siciliana si sta adeguando alle ‘richieste
della mafia che, come insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono
rifiutare. Questo spiega perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione
siciliana è mobilitata a bloccare i tentativi di alcuni Sindaci
dell’Agrigentino di gestire l’acqua nell’interesse dei cittadini. Un esempio
‘intollerabile’…
Insomma, tutto il mondo che gira
attorno a Lumia, Montante, Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è un mondo di
politica legata agli affari, dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla
gestione della burocrazia, dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino
all’acqua - in un modo o nell’altro non sembra più in sintonia con una certa
idea di antimafia. La Giustizia da una parte e i grandi interessi che si
scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando in Sicilia nuovi scenari.
IL GRANDE INGANNO
DELL'ANTIMAFIA SICILIANA: COSÌ L'EROE DELLA LEGALITÀ METTE LE MANI SULL'EXPO
Montante, indagato assieme all'ex
governatore Lombardo, condannato, sono i creatori di Caltanissetta "zona
franca" anti-pizzo. Tra collusioni e fiumi di soldi, tutti i paradossi di
un'impostura politica dietro la dittatura degli affari
dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI E EMANUELE LAURIA
CALTANISSETTA - Lo sapevate
che esiste una "zona franca della legalità" dove ci sono gli abitanti
più buoni e più onesti d'Italia? E lo sapevate che l'hanno fortemente voluta un
governatore condannato per mafia e un imprenditore indagato per mafia? Per
capirne di più bisogna andare a Caltanissetta, quella che è diventata la
capitale dell'impostura siciliana.
Nella città dove è iniziata l'irresistibile ascesa del cavaliere Antonio Calogero Montante detto Antonello, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale Camera di commercio, presidente di tutte le Camere di commercio dell'isola, consigliere per Banca d'Italia, delegato nazionale di Confindustria (per la legalità, naturalmente) e membro dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati (unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un'indagine a suo carico per concorso esterno), si può scoprire come in nome di una assai incerta antimafia si è instaurata una sorta di dittatura degli affari. Un califfato che si estende in tutta la Sicilia ma che è nato qui, a Caltanissetta, dove commistioni - e in alcuni casi connivenze - fra imprese e politica, impresa e stampa, imprese e forze di polizia, imprese e magistratura, hanno ammorbato l'aria e fatto calare una cappa irrespirabile sulla città.
UNA FINZIONE SOFFOCANTE
In Sicilia tutto si fonda su due parole magiche: legalità e antimafia. È una "legalità" costruita a tavolino e un'"antimafia padronale" che copre operazioni politiche opache e favorisce gruppi di interesse. Dopo la felice stagione iniziata con la "rivolta degli imprenditori" del 2007 guidata da Ivan Lo Bello contro il racket, trasformismo e ingordigia hanno snaturato l'iniziale esperienza e una consorteria si è impadronita di tutto.
La "zona franca" l'ha pretesa la Confindustria siciliana di Montante, l'unico "partito" che nel governo regionale siede ininterrottamente da sei anni con un proprio rappresentante. Quando governatore era Raffaele Lombardo - il 2 maggio del 2012 - fu istituita con un atto ufficiale la Provincia di Caltanissetta fu riconosciuta come "zona franca della legalità". L'obiettivo era quello di concedere benefici fiscali alle aziende che "si oppongono alle richieste estorsive della criminalità organizzata". Previsione di spesa: 50 milioni di euro.
Lombardo, che al momento della firma era già indagato per reati di mafia, due mesi più tardi si è dimesso e un anno dopo è stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi. Un (presunto) amico dei boss che concede agevolazioni a chi si batte contro il racket su richiesta di chi - Montante - è oggi a sua volta chiamato in causa da cinque pentiti per legami con le "famiglie". Trame di potere in una Sicilia che non ha mai temuto il paradosso.
SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO
La Confindustria di Montante ormai è ovunque. Guida l'Irsap, l'istituto che gestisce le aree industriali siciliane, ha un peso decisivo nel business dei rifiuti e ora ha messo le mani sull'Expo. Pochi giorni fa, l'assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, il rappresentante di Confindustria nella giunta di Rosario Crocetta, ha siglato una convenzione che assegna a Unioncamere un pacchetto di interventi per due milioni di euro. Chi guida Unioncamere in Sicilia? Antonello Montante. Sarà lui, malgrado l'inchiesta per concorso esterno, a decidere quali "eccellenze" siciliane del settore agro-alimentare dovranno figurare nella vetrina di Milano e in undici stand fra porti e aeroporti dell'isola. Materia d'indagine per almeno due procure (Palermo e Caltanissetta) e per Raffaele Cantone, il presidente dell'Authority contro la corruzione che, appena il 16 gennaio scorso, ha annunciato che su Expo è stato avviato "il più grande controllo antimafia di tutti i tempi".
MARKETING DI IMMAGINE
Una rete di interessi così fitta è protetta anche da una stampa a volte troppo compiacente con Montante e i suoi amici. Al punto da proporre (l'ha fatto La Sicilia in un lungo articolo) la notizia di una laurea honoris causa in Economia e Commercio riconosciuta dall'Università "La Sapienza" all'imprenditore. L'ateneo ha smentito il giorno dopo. Era falso.
Nelle sue molteplici vesti istituzionali Montante ha spesso offerto un "sostegno" a mezzi d'informazione e singoli giornalisti. Da presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta ha erogato una pioggia di contributi, sotto la voce "azione di marketing territoriale". Ne hanno beneficiato cronisti-scrittori, ancora prima della pubblicazione dei loro libri e testate web. Una settimana fa Il Fatto Nisseno, uno dei siti favoriti, ha cancellato un'intervista di Michele Costa (il figlio del procuratore ucciso a Palermo nel 1980) che manifestava perplessità sull'opportunità che Montante - sott'inchiesta - mantenesse le sue cariche.
L'intervista è sparita nella notte "dopo devastanti pressioni". Un altro clamoroso caso riguarda un contratto di collaborazione per due anni - 1.300 euro al mese - che Confindustria Centro Sicilia (sempre Montante presidente) ha firmato con il responsabile delle pagine di Caltanissetta de Il Giornale di Sicilia. Tutti episodi, quelli citati, che hanno spinto l'Ordine dei giornalisti ad aprire un'indagine conoscitiva.
UN ALTRO PALADINO
Oltre ad Antonello Montante, c'è un altro campione dell'antimafia a Caltanissetta. Si chiama Massimo Romano, socio e amico del Cavaliere, è il proprietario di 34 supermercati sparsi per la Sicilia e, qualche anno fa, era già finito nelle pieghe di un'indagine sui "pizzini" di Bernardo Provenzano molto interessato alla grande distribuzione. Romano da molto tempo siede a tavoli istituzionali con questori e prefetti, è il presidente del Confidi (un consorzio che cede prestiti a piccole e medie imprese) e il suo nome è scivolato in un'operazione antimafia dove il fratello Vincenzo - secondo il giudizio dei magistrati - l'avrebbe tenuto fuori dalla faccenda delle estorsioni "per preservarlo da possibili negative conseguenze sia di immagine che di carattere giudiziario". Il doppio volto di Caltanissetta zona franca per la legalità.
L'IMPASTO
C'è promiscuità fra investigatori
e magistrati e l'indagato di mafia Montante. A Roma e in Sicilia. A
Caltanissetta - visti i suoi rapporti intensi con Angelino Alfano
che poi l'ha designato anche all'Agenzia dei beni confiscati -
Antonello Montante è riuscito, il 21 ottobre del 2013, a far presiedere al
ministro dell'Interno il comitato nazionale per l'ordine pubblico e sicurezza.
Un organismo che, solo in casi straordinari, si riunisce lontano da Roma. In
Sicilia non accadeva dai tempi delle stragi di Falcone e Borsellino. Perché la
scelta di Caltanissetta? Per farla diventare quella che non è mai stata, cioè
una roccaforte dell'antimafia.
In Sicilia e a Caltanissetta c'è una vicinanza molesta fra imprenditori e rappresentanti dello Stato (si racconta di questori che si trasformano in tappetini al cospetto di Montante, di prefetti che hanno ricevuto esagerate regalie), ci sono investigatori che si fanno assumere parenti e amiche dalla cordata (è il caso di un ufficiale della Dia e di un maggiore della Finanza), ci sono uomini dei servizi segreti che sguazzano allegramente nell'ambiente "antimafioso", c'è una prossimità imbarazzante con molte toghe. Tanto evidente che ha portato il nuovo presidente dell'Associazione nazionale magistrati Fernando Asaro a invitare i suoi colleghi "a una ineludibile concreta distanza da centri di potere economici ". Più chiaro di così.
17 FEBBRAIO 2015
La provocazione di Montante:
"Burocrazia peggio della mafia, il pizzo si paga con un conto in
nero"
Le immagini si riferiscono all'incontro
del 25 febbraio 2014 a Catania tra Confindustria e la giunta comunale di
Enzo Bianco nel corso del quale il presidente dell'associazione siciliana degli
industriali Antonello Montante – attualmente indagato
per presunti contatti con i boss - parla a lungo di mafia e
burocrazia, asserendo che quest'ultima è più dannosa della mafia. E che il
pizzo si può pagare con un conto in nero (Immagini di Angelo Capuano)
LEGGI SU PALERMO.REPUBBLICA.IT
COINVOLTO
IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA PER I BENI CONFISCATI
Il delegato per la legalità di
Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende
dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo
riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di consultazioni.
Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive
Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni
trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco
delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori
siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che
avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come
hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo
mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di
portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato
decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale,
anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi
mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le
associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco
della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
MONTANTE, L'INDUSTRIALE PALADINO
DELL'ANTIMAFIA SOTTO INCHIESTA IN SICILIA PER MAFIA
Leader in ascesa, presidente
degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria Ora
però tre pentiti lo accusano. E dal suo passato spuntano fuori amicizie
compromettenti
di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO
C'È UN pezzo grosso dell'Antimafia dell'ultima ora che
è finito sotto inchiesta per mafia. È uno dei volti nuovi dell'Italia che
combatte i boss, ha rapporti stretti con più di un ministro e con tanti
prefetti, è il presidente degli industriali siciliani e il delegato per la
"legalità" di Confindustria. Ci sono alcuni pentiti che parlano di
lui e delle sue "pericolose frequentazioni". Come si chiuderà questa
vicenda - se c'è solo fumo o anche molto arrosto -
nessuno ancora lo può dire, di sicuro però Antonello Montante, uno dei
cosiddetti paladini delle battaglie antimafia più recenti (troppo recenti,
maligna qualcuno) è al momento indagato per reati di mafia alla procura della
repubblica di Caltanissetta. All'anagrafe è registrato come Antonio Calogero
Montante, ha 52 anni, è un siciliano di Serradifalco, provincia di
Caltanissetta - dove è anche presidente della locale Camera di
Commercio - ed è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2008. È a
capo di un impero nato negli anni '20 del secolo scorso con una fabbrica di
biciclette, è fondatore della "Msa", Mediterr Shock Absorbers Spa,
azienda di progettazione e produzione di ammortizzatori per veicoli industriali
presente in tutto il mondo.
Su di lui c'è l'inchiesta di Caltanissetta e poi ce n'è un'altra a Catania, su una denuncia presentata nei mesi scorsi. Indagini blindatissime, sia per il "peso" del personaggio coinvolto sia per gli effetti che le stesse indagini potrebbero provocare. Per esempio, dal 20 gennaio 2015, il governo - su proposta del ministero dell'Interno - ha designato Montante componente dell'Agenzia dei beni confiscati. Una postazione strategica, lì si decide il destino di patrimoni sporchi per miliardi di euro.
L'inchiesta è nella prima fase e nessuno è nelle condizioni di prevedere dove potrebbe portare, ma fra le pieghe di questa storia ci sono già tutte le incoerenze di un'antimafia di fresca nascita - con patenti rilasciate con assai disinvoltura - e il paradosso tutto italiano di come si possa tranquillamente navigare da una sponda all'altra senza incertezze e contraccolpi.
COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA
L'AGENZIA PER I BENI CONFISCATI
Il delegato per la
legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende
dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo
riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di
consultazioni. Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
MONTANTE, CONFINDUSTRIA E LA FINE
(IN)NATURALE E MORTALE DELLA LUNGA CORSA ALLA DELEGITTIMAZIONE
17 FEBBRAIO 2015
Ho sempre creduto nel dubbio. Lo
considero il principale pregio di un giornalista. Solo
il dubbio, infatti, consente di scavare nelle verità che, a piene mani,
vengono scaraventate addosso alla nostra categoria.
Le verità della magistratura, la
verità dei partiti, la verità della politica, la verità dei pentiti, quella dei
pentiti che si pentono di essersi pentiti e poi magari si ripentono, la verità
degli imprenditori che si abbeverano alla mangiatoia pubblica e sono poi i
primi a chiedere “più mercato”, la verità dei giornalisti schierati oppure
quella della quota parte di classe dirigente marcia che governa questo Paese.
Non ho
mai creduto alle verità come appaiono, quelle che Giuseppe
Lombardo, pm della Dda di Reggio Calabria chiama le
“mezze verità”. Quelle pronte da “bere” come la Milano dei bei (!) tempi
che furono. Non crediate sia facile non credere alle “mezze verità”: si pagano
prezzi altissimi.
Il legittimo dubbio ha fatto
ritenere ad una parte della stampa che il presidente di Confindustria
Sicilia, Antonello Montante sia o possa essere effettivamente quel
losco figuro che viene (o verrebbe) dipinto da alcuni pentiti di Cosa nostra
gestiti, non senza colpi di scena in fase di evoluzione, tra la Procura di
Caltanissetta e quella di Catania.
Nulla quaestio. Sarà la
magistratura a tentare di provare cosa c’è di vero, cosa c’è di falso, ma
soprattutto cosa c’è in quel “mondo di sopra” che a Roma stanno ancora
aspettando di scoprire, mentre in Sicilia, così come in Calabria, è in piena
evoluzione da decenni, come del resto sa chi, come l’attuale procuratore
generale di Palermo Roberto Scarpinato, quasi 20 anni fa provò a
dimostrare, senza successo, la realtà dei sistemi criminali che corrono ben
oltre un criminale mafioso. Toccherà, eventualmente, ad un aula di Tribunale
giudicare fino a eventuale terzo grado.
Il dubbio, amico di penna (ormai
si può dire di mouse e pc) mi spinge a continuare a scrivere del “caso
Montante” proprio ora che toccherà alla magistratura spegnere il ventilatore
che, dopo essersi acceso mediaticamente, da qualche giorno sembra in “pausa”.
Come? Chiudendo presto le indagini (a meno che una fila di batteria non
moltiplichi i 180 giorni a disposizione di ciascuno per raccontare la propria
verità e allora la graticola girerà a lungo con buona pace della Giustizia).
Sono fatto così. Quando gli altri
parlano taccio. Quando gli altri tacciono, scrivo. Non mi interessa
prendere parte a contese sulla pelle dell’antimafia (ho già scritto e detto che
non sta a me difendere Montante) ma provare a capire fino in fondo
esercitando e sublimando l’arte del dubbio (si veda anche link a fondo pagina
con precedente articolo) .
E così il dubbio mi porta a
scavare in una parola: delegittimazione, che declino in alcune delle varianti possibili
in quel della provincia nissena.
Forse abbiamo perso di vista un
fatto apparentemente secondario ma invece di primaria importanza. Questa
vicenda nasce nella culla di Cosa nostra, quel “vallone” nisseno dal quale
nobiluomini (spero si arguisca l’ironia) quali Giuseppe Genco
Russo e Calogero Vizzini dettavano legge alla Sicilia intera e
apparecchiavano la tavola (rectius: le battigie) agli alleati “ammerrecani”.
In altre parole, come si direbbe
nella mia amata Roma, «quando voi eravate ancora sugli alberi, noi eravamo già
froci», che tradotto vuol dire: a Cosa nostra nissena nessuno può insegnare
nulla.
E nessuno, dunque, può
dimenticare che nel 2007, subito dopo l’approvazione del codice etico, la sede
di Confindustria di Caltanissetta (proprio laddove nacque la rivolta contro i
“prenditori”, in casa propria, nella classe industriale siciliana) fu rivoltata
come un calzino per leggere (e fotocopiare e duplicare?) atti e documenti anche
riservati. Guarda tu la vita, proprio quando, nei tempi in cui la rivolta
suonava, alcuni notabili dell’associazionismo e della vita economica nissena
erano dediti a profondissime e minuziose attività di dossieraggio ad uso di
capi mafia dal colletto bianco e dall’anima nera.
Non ricordavo a memoria – per
riportarlo alla mente ho dovuto ricomporre le tessere di un puzzle che ho
ricostruito anche grazie a quella potenziale fonte che è Internet – che
in questi anni, ogni qual volta c’è stato un passo avanti decisivo della genia
industriale e imprenditoriale che si è mossa all’unisono (sarebbero dunque
tutti potenziale amici di presunti amici dei mafiosi? La domanda a me pare
legittima) dietro a Lo Bello eMontante e al loro grido di
rivolta contro l’omertà mafiosa (il primo nemico di Cosa nostra è la parola, dopo vengono, di
conseguenza, gli atti), c’è stata una reazione uguale e contraria a
quella alla quale pare di assistere in questi giorni. Pare: come vedete dubito.
Un’escalation che non poteva
portare (all’epoca) a omicidi per un riflesso condizionato e per una ragione pratica.
Il riflesso condizionato risiede nel fatto che ai pupi di Cosa nostra manovrati
dalle menti raffinate sembrava impossibile ricevere un “no” a richieste che
fino a quel momento non potevano essere rifiutate (pizzo e protezione) e che
addirittura sfociava in denunce in sede penale degli affamatori aguzzini. Che
succede? si saranno chiesti pupi e pupari.
La ragione pratica è che uccidere
chi si opponeva a Cosa nostra tra gli imprenditori era difficile: le scorte,
che talvolta sono messe a protezione degli inutili, questa volta erano messe a
disposizione di qualcuno utile alla causa di civiltà sociale ed economica.
Bisognava fare, dunque, troppo
rumore. Meglio lanciare la scia lunghissima e distillata della
delegittimazione.
Volete due-esempi-due dell’escalation
diffamatoria e delegittimante di questi anni? Quando l’imprenditore che opera
nel settore dell’ambiente Giuseppe Catanzaro, attuale numero 2 di
Confindustria Sicilia, denunciò ad Agrigento i suoi carnefici, partì la
crociata non contro – si badi bene – le sue battaglie ma contro il suo passato
e le presunte ombre che lo avvolgevano. Quella scia non si è ancora spenta.
Lo schema – mutatis
mutandis – si ripropose con Ivanhoe Lo Bello, attuale
vicepresidente nazionale di Confindustria, che nel 2010, stufo della cappa di
omertà e ipocrisia che gravava (e grava oggi più di ieri) su Catania,
scoperchiò anche con un’intervista al Corriere della Sera il
maleodorante pentolone delle aree industriali, del movimento terra, dei
trasporti e dell’edilizia. A Palermo ci furono, in manifestazioni pubbliche,
slogan, cori e striscioni contro colui il quale voleva contribuire a cambiare,
con i fatti, le cose. E i fatti (non le chiacchiere) dicono che fu Lo
Bello a mettere nero su bianco una frase sconcertate (non per chi, come
me, segue l’evoluzione delle mafie) nella nota riservata di Confindustria per
il vertice nazionale della sicurezza svolto a Caltanissetta il 21 ottobre 2013
finita nelle mani del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Con
riferimento ad un settore nel quale oggi sono ancora in piena evoluzione le
indagini della magistratura, (non lo cito per non dare vantaggi a chi deve
sentire invece il fiato sul collo della Giustizia) Lo Bello scrisse
testualmente e Montante controfirmò, che «il territorio della
provincia di Catania ha un ruolo ancora più rilevante, in quanto Cosa nostra,
‘ndrangheta e camorra lavorano congiuntamente e regolano il mercato a livello
nazionale». Precedevano e seguivano nomi e cognomi. Quella scia non si è ancora
spenta.
Credo che la delegittimazione (l’ho scritto
mille volte su questo umile e umido blog con riferimento a tante altre vicende
inquietanti) sia la culla della morte. Più della morte fisica la
delegittimazione è in grado di uccidere, perché colpisce il luogo di una vita: la purezza dell’anima.
Ma attenzione: quando la
delegittimazione fallisce dopo aver usato, nella sua escalation, armi estreme e
radicali, quando non riesce nel proprio intento e quando la corsa non si può
arrestare, non resta che la morte. Quella fisica. Quella che uccide un uomo per
educare un popolo come, in Sicilia e nel Sud, è stato troppo spesso educato.
Non sono solo io a pensarlo. A
meno che nella genia dei soggetti pericolosi dell’antimafia parolaia non
rientri anche il presidente della Corte di appello di Caltanissetta, fu proprio
lui, Salvatore Cardinale, il 24 gennaio 2015, in apertura di anno
giudiziario, ad affermare: «…in tal senso, da parte degli investigatori, sono
stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici confindustriali siciliani
e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della diffamazione e
del discredito mediatico, e l’accentuata campagna di delegittimazione condotta
a tutto campo contro vari protagonisti dell’antimafia operativa, mirati a
riprodurre una strategia della tensione che potrebbe tradursi in azioni
eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi i due “avvertimenti”, uno
dei quali consumato a Caltanissetta, posti in essere contro il Presidente
dell’Irsap(Alfonso Cicero, ndr)».
Arrestate Montante, indagate Lo
Bello, braccate Cicero, crocifiggete chi si è schierato per tornaconto con
loro o fate l’esatto contrario, smontate le accuse e riabilitate un corso ma,
vi prego, fatelo presto, e mi rivolgo alla magistratura, perché, senza Giustizia
rapida, ci scapperà il morto. Il primo nome è già sulla lista. Per educare
un popolo.
IL GRANDE INGANNO
DELL'ANTIMAFIA SICILIANA: COSÌ L'EROE DELLA LEGALITÀ METTE LE MANI SULL'EXPO
Montante, indagato assieme all'ex
governatore Lombardo, condannato, sono i creatori di Caltanissetta "zona
franca" anti-pizzo. Tra collusioni e fiumi di soldi, tutti i paradossi di
un'impostura politica dietro la dittatura degli affari
dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI E EMANUELE LAURIA
CALTANISSETTA - Lo sapevate
che esiste una "zona franca della legalità" dove ci sono gli abitanti
più buoni e più onesti d'Italia? E lo sapevate che l'hanno fortemente voluta un
governatore condannato per mafia e un imprenditore indagato per mafia? Per
capirne di più bisogna andare a Caltanissetta, quella che è diventata la
capitale dell'impostura siciliana.
Nella città dove è iniziata l'irresistibile ascesa del cavaliere Antonio Calogero Montante detto Antonello, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale Camera di commercio, presidente di tutte le Camere di commercio dell'isola, consigliere per Banca d'Italia, delegato nazionale di Confindustria (per la legalità, naturalmente) e membro dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati (unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un'indagine a suo carico per concorso esterno), si può scoprire come in nome di una assai incerta antimafia si è instaurata una sorta di dittatura degli affari. Un califfato che si estende in tutta la Sicilia ma che è nato qui, a Caltanissetta, dove commistioni - e in alcuni casi connivenze - fra imprese e politica, impresa e stampa, imprese e forze di polizia, imprese e magistratura, hanno ammorbato l'aria e fatto calare una cappa irrespirabile sulla città.
UNA FINZIONE SOFFOCANTE
In Sicilia tutto si fonda su due parole magiche: legalità e antimafia. È una "legalità" costruita a tavolino e un'"antimafia padronale" che copre operazioni politiche opache e favorisce gruppi di interesse. Dopo la felice stagione iniziata con la "rivolta degli imprenditori" del 2007 guidata da Ivan Lo Bello contro il racket, trasformismo e ingordigia hanno snaturato l'iniziale esperienza e una consorteria si è impadronita di tutto.
La "zona franca" l'ha pretesa la Confindustria siciliana di Montante, l'unico "partito" che nel governo regionale siede ininterrottamente da sei anni con un proprio rappresentante. Quando governatore era Raffaele Lombardo - il 2 maggio del 2012 - fu istituita con un atto ufficiale la Provincia di Caltanissetta fu riconosciuta come "zona franca della legalità". L'obiettivo era quello di concedere benefici fiscali alle aziende che "si oppongono alle richieste estorsive della criminalità organizzata". Previsione di spesa: 50 milioni di euro.
Lombardo, che al momento della firma era già indagato per reati di mafia, due mesi più tardi si è dimesso e un anno dopo è stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi. Un (presunto) amico dei boss che concede agevolazioni a chi si batte contro il racket su richiesta di chi - Montante - è oggi a sua volta chiamato in causa da cinque pentiti per legami con le "famiglie". Trame di potere in una Sicilia che non ha mai temuto il paradosso.
SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO
La Confindustria di Montante ormai è ovunque. Guida l'Irsap, l'istituto che gestisce le aree industriali siciliane, ha un peso decisivo nel business dei rifiuti e ora ha messo le mani sull'Expo. Pochi giorni fa, l'assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, il rappresentante di Confindustria nella giunta di Rosario Crocetta, ha siglato una convenzione che assegna a Unioncamere un pacchetto di interventi per due milioni di euro. Chi guida Unioncamere in Sicilia? Antonello Montante. Sarà lui, malgrado l'inchiesta per concorso esterno, a decidere quali "eccellenze" siciliane del settore agro-alimentare dovranno figurare nella vetrina di Milano e in undici stand fra porti e aeroporti dell'isola. Materia d'indagine per almeno due procure (Palermo e Caltanissetta) e per Raffaele Cantone, il presidente dell'Authority contro la corruzione che, appena il 16 gennaio scorso, ha annunciato che su Expo è stato avviato "il più grande controllo antimafia di tutti i tempi".
MARKETING DI IMMAGINE
Una rete di interessi così fitta è protetta anche da una stampa a volte troppo compiacente con Montante e i suoi amici. Al punto da proporre (l'ha fatto La Sicilia in un lungo articolo) la notizia di una laurea honoris causa in Economia e Commercio riconosciuta dall'Università "La Sapienza" all'imprenditore. L'ateneo ha smentito il giorno dopo. Era falso.
Nelle sue molteplici vesti istituzionali Montante ha spesso offerto un "sostegno" a mezzi d'informazione e singoli giornalisti. Da presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta ha erogato una pioggia di contributi, sotto la voce "azione di marketing territoriale". Ne hanno beneficiato cronisti-scrittori, ancora prima della pubblicazione dei loro libri e testate web. Una settimana fa Il Fatto Nisseno, uno dei siti favoriti, ha cancellato un'intervista di Michele Costa (il figlio del procuratore ucciso a Palermo nel 1980) che manifestava perplessità sull'opportunità che Montante - sott'inchiesta - mantenesse le sue cariche.
L'intervista è sparita nella notte "dopo devastanti pressioni". Un altro clamoroso caso riguarda un contratto di collaborazione per due anni - 1.300 euro al mese - che Confindustria Centro Sicilia (sempre Montante presidente) ha firmato con il responsabile delle pagine di Caltanissetta de Il Giornale di Sicilia. Tutti episodi, quelli citati, che hanno spinto l'Ordine dei giornalisti ad aprire un'indagine conoscitiva.
UN ALTRO PALADINO
Oltre ad Antonello Montante, c'è un altro campione dell'antimafia a Caltanissetta. Si chiama Massimo Romano, socio e amico del Cavaliere, è il proprietario di 34 supermercati sparsi per la Sicilia e, qualche anno fa, era già finito nelle pieghe di un'indagine sui "pizzini" di Bernardo Provenzano molto interessato alla grande distribuzione. Romano da molto tempo siede a tavoli istituzionali con questori e prefetti, è il presidente del Confidi (un consorzio che cede prestiti a piccole e medie imprese) e il suo nome è scivolato in un'operazione antimafia dove il fratello Vincenzo - secondo il giudizio dei magistrati - l'avrebbe tenuto fuori dalla faccenda delle estorsioni "per preservarlo da possibili negative conseguenze sia di immagine che di carattere giudiziario". Il doppio volto di Caltanissetta zona franca per la legalità.
L'IMPASTO
C'è promiscuità fra investigatori
e magistrati e l'indagato di mafia Montante. A Roma e in Sicilia. A
Caltanissetta - visti i suoi rapporti intensi con Angelino Alfano
che poi l'ha designato anche all'Agenzia dei beni confiscati -
Antonello Montante è riuscito, il 21 ottobre del 2013, a far presiedere al
ministro dell'Interno il comitato nazionale per l'ordine pubblico e sicurezza.
Un organismo che, solo in casi straordinari, si riunisce lontano da Roma. In
Sicilia non accadeva dai tempi delle stragi di Falcone e Borsellino. Perché la
scelta di Caltanissetta? Per farla diventare quella che non è mai stata, cioè
una roccaforte dell'antimafia.
In Sicilia e a Caltanissetta c'è una vicinanza molesta fra imprenditori e rappresentanti dello Stato (si racconta di questori che si trasformano in tappetini al cospetto di Montante, di prefetti che hanno ricevuto esagerate regalie), ci sono investigatori che si fanno assumere parenti e amiche dalla cordata (è il caso di un ufficiale della Dia e di un maggiore della Finanza), ci sono uomini dei servizi segreti che sguazzano allegramente nell'ambiente "antimafioso", c'è una prossimità imbarazzante con molte toghe. Tanto evidente che ha portato il nuovo presidente dell'Associazione nazionale magistrati Fernando Asaro a invitare i suoi colleghi "a una ineludibile concreta distanza da centri di potere economici ". Più chiaro di così.
17 FEBBRAIO 2015
La provocazione di Montante:
"Burocrazia peggio della mafia, il pizzo si paga con un conto in
nero"
Le immagini si riferiscono
all'incontro del 25 febbraio 2014 a Catania tra Confindustria e la giunta
comunale di Enzo Bianco nel corso del quale il presidente dell'associazione
siciliana degli industriali Antonello Montante – attualmente indagato
per presunti contatti con i boss - parla a lungo di mafia e
burocrazia, asserendo che quest'ultima è più dannosa della mafia. E che il
pizzo si può pagare con un conto in nero (Immagini di Angelo Capuano)
LEGGI SU PALERMO.REPUBBLICA.IT
COINVOLTO
IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA PER I BENI CONFISCATI
Il delegato per la legalità di
Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende
dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo
riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di
consultazioni. Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive
Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni
trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco
delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori
siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che
avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come
hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo
mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di
portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato
decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale,
anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi
mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le
associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco
della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
MONTANTE, L'INDUSTRIALE PALADINO
DELL'ANTIMAFIA SOTTO INCHIESTA IN SICILIA PER MAFIA
Leader in ascesa, presidente
degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria Ora
però tre pentiti lo accusano. E dal suo passato spuntano fuori amicizie
compromettenti
di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO
C'È UN pezzo grosso dell'Antimafia dell'ultima ora che
è finito sotto inchiesta per mafia. È uno dei volti nuovi dell'Italia che
combatte i boss, ha rapporti stretti con più di un ministro e con tanti
prefetti, è il presidente degli industriali siciliani e il delegato per la
"legalità" di Confindustria. Ci sono alcuni pentiti che parlano di
lui e delle sue "pericolose frequentazioni". Come si chiuderà questa
vicenda - se c'è solo fumo o anche molto arrosto -
nessuno ancora lo può dire, di sicuro però Antonello Montante, uno dei
cosiddetti paladini delle battaglie antimafia più recenti (troppo recenti,
maligna qualcuno) è al momento indagato per reati di mafia alla procura della
repubblica di Caltanissetta. All'anagrafe è registrato come Antonio Calogero
Montante, ha 52 anni, è un siciliano di Serradifalco, provincia di
Caltanissetta - dove è anche presidente della locale Camera di
Commercio - ed è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2008. È a
capo di un impero nato negli anni '20 del secolo scorso con una fabbrica di
biciclette, è fondatore della "Msa", Mediterr Shock Absorbers Spa,
azienda di progettazione e produzione di ammortizzatori per veicoli industriali
presente in tutto il mondo.
Su di lui c'è l'inchiesta di Caltanissetta e poi ce n'è un'altra a Catania, su una denuncia presentata nei mesi scorsi. Indagini blindatissime, sia per il "peso" del personaggio coinvolto sia per gli effetti che le stesse indagini potrebbero provocare. Per esempio, dal 20 gennaio 2015, il governo - su proposta del ministero dell'Interno - ha designato Montante componente dell'Agenzia dei beni confiscati. Una postazione strategica, lì si decide il destino di patrimoni sporchi per miliardi di euro.
L'inchiesta è nella prima fase e nessuno è nelle condizioni di prevedere dove potrebbe portare, ma fra le pieghe di questa storia ci sono già tutte le incoerenze di un'antimafia di fresca nascita - con patenti rilasciate con assai disinvoltura - e il paradosso tutto italiano di come si possa tranquillamente navigare da una sponda all'altra senza incertezze e contraccolpi.
COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA
PER I BENI CONFISCATI
Il delegato per la
legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende
dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo
riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di
consultazioni. Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
ANTONELLO MONTANTE,
BATTAGLIE (IGNORATE), DENUNCE (DIMENTICATE) DI MINISTRI E MAGISTRATI E PAROLE
(CALATE) DEI PENTITI
13 FEBBRAIO 2015
Il presidente di Confindustria
Sicilia e delegato di Confindustria nazionale sui temi della
legalità Antonello Montante sarebbe accusato da alcuni pentiti di
essere in contatto o vicino a mafiosi o ad ambienti mafiosi, dai quali avrebbe
ricevuto favori ricambiati.
Ora, specificato che la
magistratura (di Caltanissetta e Catania che starebbero indagando) farà il suo
corso (sul quale non mi permetto di fare appunti), specificato che non mi
permetto neppure di giudicare il lavoro dei giornalisti che hanno scritto della
vicenda, specificato che dei pentiti (in generale) mi fido da sempre quanto un
piranha negli slip e quando ne ho trattato me ne sono dovuto pentire giurando a
me stesso che si fottessero tutti, ricordato che nessuno come i siciliani
e i calabresi è specializzato in “tragediate” (altresì chiamate “carrette”),
specificato che non compete a me prendere le difese di Antonello
Montante (e infatti non le prendo perché lo fa da solo e/o con i suoi
avvocati), sottolineato che fino a che ci sarà democrazia e libertà di
opinione, stampa, giudizio, parola e informazione, continuerò a ragionare con
il mio cervello senza guardare in faccia a nessuno, vi sottopongo, o cari
lettori di questo umile e umido blog, un mero contributo di riflessioni ad una
vicenda nelle mani sacrosante della magistratura.
1) Complimenti
vivissimi alle menti raffinatissime che, da alcuni mesi, stanno distillando le
fughe di notizie sulla (o sulle) indagini e/o procedimenti penali aperti nei
confronti di Montante. Gli ambienti investigativi e giudiziari, pronti,
senza scrupoli e contravvenendo ai principi costituzionali e a quelli scritti
sulla Carta europea dei diritti dell’Uomo, a indagare i giornalisti per
concussione (avete letto bene, con pene che arrivano a 7 anni di reclusione)
quando danno liberamente conto di procedimenti o indagini a loro sgradite, sono
invece rapidissimi nell’allungare la manina (a chi vogliono) con informazioni a
orologeria a qualcuno congeniali. Perché vedete, sia che si tratti di una
bufala accusatoria montata ad arte (dai pentiti suddetti che ovviamente
rappresenterebbero il braccio e non certo la mente), sia che si tratti di un
filone propizio per fare luce su presunti legami impropri tra mafia e
antimafia, queste fughe di notizie su indagini definite dai giornali
blindatissime (come? Blindatissime? Pensa te se non lo erano…) sono state
studiate a tavolino. Sono mesi, infatti, che si assiste ad un “distillato” di
voci e sussurri su Montante.
2) Un risultato
immediato, le menti raffinatissime che hanno cantato, l’hanno raggiunto:
infliggere un colpo durissimo all’antimafia. Non mi riferisco a quella dei nomi
ma a quella dei fatti e dei gesti. Ebbene, mi domando e vi domando: con quale
forza e spirito in Sicilia e al Sud (ma non solo) gli imprenditori vessati
dalle mafie continueranno a bussare alle porte delle forze dell’ordine e della
stessa Confindustria per denunciare i propri maledetti carnefici mafiosi?
Credetemi anche in questo caso: proprio questo è il momento più propizio.
Denunciate la mafia, perché è “merda”. Non solo quella fatta da picciotti e
capibastone ma, soprattutto, quella fatta di intelligenze al servizio del male.
Chi denuncia è sempre libero e ora più che mai, sono convinto, Forze
dell’Ordine e Confindustrie locali sono pronte ad accogliere e seminare
legalità.
3) Ricordo
che Francesco Cossiga chiamava il sindaco di Palermo Leoluca
Orlando,Leoluca Orlando Cascio. Lo stesso Cossiga, che ovviamente era
perennemente coperto da immunità parlamentare e/o presidenziale, nel corso di
una trasmissione televisiva con Giuliano Ferrara, più di 20 anni or sono,
spiegò che nella prima relazione di minoranza della Commissione Antimafia degli
anni ’70, firmata dalla vittima della mafia, onorevole Pio La Torre,
ammazzato nel 1982, il padre dell’allora onorevole Leoluca
Orlando (Cascio), celebre notabile Dc, era definito il collegamento tra la
politici ed ambienti salottieri palermitani del dopoguerra dove era facile che
bianco e nero si mischiassero.
Quando, oltre 20 anni fa, conobbi
Leoluca, che non ricorreva mai al doppio cognome (Orlando Cascio), di tutto mi
preoccupai tranne che di giudicarlo dalle gesta di suo padre. Ammesso e non
concesso che fossero nebulose. Un uomo politico – la stessa cosa, sublimata da
poche settimane da un elezione, si può dire per la famiglia Mattarella, di
cui un membro è diventato Presidente della Repubblica alla luce del sole e
dell’ombra, visti gli attacchi rivolti ai presunti trascorsi paterni – lo
giudico dal momento e nel momento in cui fa politica, cioè si prende cura di
una collettività amministrata. Il suo passato mi interessa ma solo se serve per
dimostrare nel presente e per il futuro, coerenza con i principi e i valori nei
quali io personalmente sono stato cresciuto e che insegno ai miei due figli. Se
quei valori sono contraddetti (onestà, probità, lealtà, legalità,
incorruttibilità, rispetto dei diritti e della legge e via di questo passo) me
ne fotto di passato, presente e futuro.
Bene. Mutatis mutandis, lo
stesso discorso vale per chi si oppone alla mafia tra gli imprenditori che (è
il caso di Montante) ricoprono anche fondamentali ruoli associazionistici.
Da quando io l’ho conosciuto
(otto anni or sono iniziò la battaglia confindustriale per l’etica d’impresa e
la rivolta alla mafia prima proprio a Caltanissetta e poi su per li rami in
tutta Italia) i comportamenti e il rigore di Montante mi sono apparsi
conseguenziali a valori di dura opposizione all’economia criminale e alla mafia
sociale, che scorre a fiumi nelle varie stanze dei bottoni di una classe dirigente
sempre più corrotta. Inutile ricordare le prese di posizione (tutti dobbiamo
ricordare che è proprio la parola il primo nemico della mafia, fondata non a
caso sull’omertà) ma gli atti sì: le espulsioni dei mafiosi o dei presunti
mafiosi dalle associazioni, i commissariamenti mai osati prima di alcune
Confindustrie locali (do you remember Reggio Calabria?), i protocolli
d’intesa visti e rivisti per renderli non chiacchere (di solito lo sono) ma
concreti, l’azione di rinnovamento nelle associazioni (comprese quelle
camerali, o sono anche quelle frutto di comparaggio?), l’obbligo di white list
negli appalti pubblici, le zone franche per attirare INVESTIMENTI
nelle province palermitane e nissene,
la legalità al centro dell’azione degli industriali, il rating di legalità per
le imprese nei confronti delle banche e degli enti appaltatori, il sostegno a
quella magistratura che finalmente ha deciso di usare il lanciafiamme contro le
mafie e i sistemi criminali, le costituzioni di Confindustria (proprio a
Caltanissetta e poi ovunque) come parte civile nei processi per mafia e la
durissima lotta in Sicilia (poi ci torno) contro quei centri di potere
massonico deviato/mafioso che erano le aree di sviluppo industriale.

Figuriamoci se, quando l’ho
saputo, potevo e posso giudicare le azioni di Montante per il fatto
che quando aveva 17 anni un suo testimone di nozze, venti anni dopo il
matrimonio o giù di lì, da incensurato passerà ad essere noto alla Giustizia,
come suo padre che morirà poi suicida in carcere nel 1992. Chi è senza
peccato, scagli il primo testimone.
4) C’è chi, in questi
giorni, si sta prodigando per srotolare “dietrologie” a giustificazione delle
presunte dichiarazioni (da riscontrare o pera della magistratura alla quale ci
rimettiamo) dei pentiti (1, 5, 10, 100, boh!) contro Montante. E’ perché è
stato nominato dal Governo nella inutile (finora) Agenzia nazionale dei beni
confiscati alle mafie! E’ perché il movimento antimafia si è sempre spaccato su
tutto in Sicilia e dunque è il risultato di una guerra intestina (ma intestina
a chi?)! E’ perché chi troppo vuole nulla stringe e, tranne la carica di
sindaco, a Caltanissetta e a Roma ormai lui è più di un papa! E’ perché queste
cose entrano in campo mentre si giocava (ma si gioca tuttora) la partita per
occupare la poltrona di capo della Procura di Palermo! E’ perché è amico di
potenti troppo potenti in tutti i campi: dalla politica alla magistratura! E’
così o cosà, lascio che ciascuno dica la propria (rispetto tutti a maggior
ragione, e lo dico in generale, quando non sono d’accordo). Io aborro la
dietrologia e faccio, umilmente, riferimento ad un fatto, che sarà senza dubbio
una coincidenza.
Se ho ben capito il capataz degli accusatori sarebbe
tal Salvatore Dario Di Francesco, che nell’area di sviluppo industriale di
Caltanissetta prestava lavoro.
Bene. Leggete quel che
denunciarono il 5 giugno 2014 anche (e sottolineo anche) in Commissione
parlamentare antimafia Montante e Ivanhoe Lo Bello (vicepresidente
nazionale di Confindustria) a proposito delle Asi siciliane e non solo: «…ci
troviamo, in Sicilia, in una situazione complessa, che riguarda – voglio
portarla all’attenzione della Commissione antimafia – il ruolo dei consorzi di
sviluppo industriale, che hanno dimostrato nel tempo di essere un luogo di
presenza capillare e diffusa di criminalità mafiosa. Oggi la regione ha
riportato al centro i consorzi, ma il presidente dei consorzi Asi, oggi Irsap,
è oggetto di continue intimidazioni. Peraltro, da tempo ha avuto un aumento
della scorta, il secondo livello, ed è costantemente attaccato da tanti
soggetti con minacce significative, su cui voglio richiamare l’attenzione della
Commissione antimafia. Mi riservo anche di fare arrivare alla Commissione
antimafia della documentazione sui temi dei consorzi di sviluppo industriale,
tema centralissimo anche nelle dinamiche nel rapporto tra cattiva impresa e
sistema mafioso» (Lo Bello).
«Abbiamo divulgato una cultura di
impresa nuova, sostenendo che forse era il caso di cambiare rotta, considerato
che nel 2005 e nel 2007 i presidenti delle Confindustrie siciliane erano stati
tutti indagati o arrestati per lo stesso problema, Palermo, Caltanissetta,
Enna. Il problema del consorzio Asi si conosceva, ma non era emerso.…
…Ha parlato il mio collega dei
consorzi Asi, che andavano oltre ogni immaginazione. Erano luoghi, come le
indagini e le condanne dimostrano, in cui le organizzazioni si riunivano. È
un’anomalia tutta nostra, tutta siciliana o del Mezzogiorno d’Italia. Erano
cose pazzesche.
Ricordiamo che e un imprenditore del nord, che doveva realizzare un opificio industriale, presidente, chiedeva l’autorizzazione al comune d’appartenenza, chiedendo la concessione Pag. 17edilizia per costruirlo. Parlo della Sicilia, ma possiamo anche parlare della Calabria e di altri luoghi. In Sicilia non era così. Bisognava andare prima al comune di appartenenza, chiedere l’autorizzazione alla costruzione dell’opificio, parlare con tutta la commissione edilizia, senza dimenticare nessuno, con l’ingegnere capo, ma non finiva lì.
Ricordiamo che e un imprenditore del nord, che doveva realizzare un opificio industriale, presidente, chiedeva l’autorizzazione al comune d’appartenenza, chiedendo la concessione Pag. 17edilizia per costruirlo. Parlo della Sicilia, ma possiamo anche parlare della Calabria e di altri luoghi. In Sicilia non era così. Bisognava andare prima al comune di appartenenza, chiedere l’autorizzazione alla costruzione dell’opificio, parlare con tutta la commissione edilizia, senza dimenticare nessuno, con l’ingegnere capo, ma non finiva lì.
Serviva il nulla osta del consorzio dell’area sviluppo industriale, un ente appaltante in contrapposizione al comune d’appartenenza. All’interno del consorzio Asi c’erano un presidente, un direttore generale, un ingegnere capo e una struttura infinita. Non lo ha citato Lo Bello, che ha fatto grandi cose, ma lascia il ruolo a me e mi fa fare bella figura, quindi racconto io che in una due diligence sempre a due abbiamo verificato che all’interno dei consorzi ASI c’erano insediate anche 30 aziende e il consiglio d’ammissione dello stesso consorzio era di 70 unità.
In Sicilia, ad esempio, il numero degli amministratori dei consorzi Asi era un totale di 800 persone, con circa 500 aziende insediate, quindi non è questo il problema. Oggi abbiamo copiato modello nazionale virtuoso. In realtà, lo ha fatto chi ha proposto la legge, in parte anche noi, e oggi un gruppo dirigente non è sostituito da un altro gruppo dirigente: si è sostituito quel modello e 800 persone sono sostituite da 5. Questo si è verificato.
Non vi ho detto cosa fossero i consorzi Asi dentro le Asi stesse, queste aree industriali: dei condomìni. Ho aziende da decenni al nord: ci si apre un’azienda in un’area a destinazione industriale e si chiede l’autorizzazione solo al comune. Poi c’è da versare ogni mese una quota per il giardinaggio esterno. Questo è un condominio, non con 30 aziende, bensì con 500 insediate.
I consorziati servivano, quindi, a controllare le aziende e poi diventavano i luoghi – parlo di inchieste e di condanne che vediamo ogni giorno – dove si incontravano i capimafia, non di nascosto, niente di segretato, bensì ufficialmente proprio lì nei consorzi. Facevano, quindi, riunioni con la mafia.
Non affidavano i terreni a veri imprenditori, ma a quelli a cui serviva il terreno, lo regalavano. Sono attive inchieste anche a Palermo, a Catania, a Caltanissetta, ad Agrigento. Non ne parliamo. Parlo, naturalmente, sempre della Sicilia.
L’attuale presidente Cicero è stato oggetto, e la notizia è pubblica, di inquietanti attentati. Gli stessi procuratori hanno sentito l’esigenza di esternarlo in maniera forte ricorrendo all’attività mediatica. Questo signore o questi signori vivano in uno stato di guerra vera.
Parliamo di ordigni, di commandi interi, sei persone, fortunatamente tutte fotografate, che arrivano con un mezzo perché volevano caricarlo o ammazzarlo. Fortunatamente, sono stati beccati dalle telecamere e quindi è stato sventato tutto. Non stiamo parlando, quindi, di fantasie, ma di cose serie. Queste sono le cose più grosse, poi ce sono si minori.
È saltato un sistema. Oggi le aree industriali danno a chi ha un progetto e anche subito. Oggi non ci sono più le consulenze, i vitalizi, non c’è spartizione politica e questo, naturalmente, ha fatto saltare i nervi. Oggi quell’organizzazione non controlla più le aziende, e quindi non sa a chi chiedere il pizzo e a chi non chiederlo. Questo è saltato.
Questo è ciò che fa Confindustria. Ho iniziato a dire che non siamo un’associazione antiracket, ma che dobbiamo dire al nostro associato che non gli conviene un certo comportamento. Se si è in un sistema malato, prima o poi si finisce come in quella due diligence mia e di Lo Bello, per cui dopo venti o trent’anni si crolla o lo Stato arriva e sequestra l’azienda o la sequestra la mafia o ti ammazzano comunque per strada. Penso che in parte ci siamo riusciti. Il problema è culturale, presidente, non di azioni o di legge, ma è un problema per cui bisogna comunque un po’ ancora forse aspettare» (Montante).
5) Il 24
gennaio 2015 il presidente della Corte di appello di
Caltanissetta, Salvatore Cardinale, in apertura di anno giudiziario dirà:
«ci sono ancora boss che impartiscono ordini dal carcere e che continuano a
mantenere e ad esercitare il loro antico potere. Il periodo preso in esame, è
stato caratterizzato da intimidazioni, minacce, insinuazioni e delegittimazioni
varie rivolte a magistrati, funzionari pubblici e rappresentanti di
organizzazioni private, specie quelli più esposti sul campo dell’antimafia e
della lotta all’illegalità.
Si tratta di segnali che sembrano
manifestare un parziale cambiamento della strategia fin qui perseguita del
cosiddetto “inabissamento” a favore della scelta di una maggiore visibilità
anche mediatica dell’insofferenza sempre più crescente verso l’azione di
contrasto che tuttora è condotta dallo Stato e che trova l’adesione in alcuni
protagonisti di un’imprenditoria libera e illuminata.
In tal senso, da parte degli
investigatori, sono stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici
confindustriali siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo
subdolo della diffamazione e del discredito mediatico, e l’accentuata campagna
di delegittimazione condotta a tutto campo contro vari protagonisti
dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che
potrebbe tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi
i due “avvertimenti”, uno dei quali consumato a Caltanissetta, posti in essere
contro il Presidente dell’Irsap».
La domanda sorge spontanea: è
impazzito il procuratore generale che parla di «imprenditoria libera e
illuminata…di intimidazioni, minacce, insinuazioni, delegittimazioni, metodi
subdoli e discrediti mediatici» in corso nei confronti anche dei vertici
confindustriali nisseni e siciliani oppure i pentiti? Non dico tanto ma se
avessi ricevuto io la soffiata sulle presunte indagini su Montante (a
quando Lo Bello?) questa domanda me la sarei fatta e quantomeno avrei
tenuto acceso il falò del dubbio.
6) Già perché, guardate voi come
è corta la memoria, il 21 ottobre 2013, a Caltanissetta, ci fu una
riunione straordinaria del Comitato nazionale per l’ordine pubblico per
fronteggiare il rischio di nuovi attentati di cui nessuno, i questi giorni, si
è ricordato. Senz’altro le menti raffinatissime hanno sperato nell’oblio.
Mai come in quei mesi, le
speranze di cambiamento, descritte sui media di tutto il mondo dopo la
decisione – di Confindustria Sicilia prima e Confindustria nazionale poi – di
mettere all’angolo gli imprenditori che non denunciavano pizzo e mafie,
apparivano lontane, sotto assedio e a rischio.
«A Caltanissetta è scesa in campo la squadra-Stato al massimo livello, dal Procuratore nazionale antimafia ai vertici delle Forze dell’ordine, dai prefetti alle Dda, al Governo», disse il ministro dell’Interno Angelino Alfano, rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse il rischio che Cosa nostra alzi il tiro. «Non possiamo escludere – ha detto – che questo sia l’intendimento della mafia». Poi il ministro ribadì sostegno e vicinanza agli imprenditori, «a cominciare da Montante e Lo Bello che si sono ribellati al racket».
«A Caltanissetta è scesa in campo la squadra-Stato al massimo livello, dal Procuratore nazionale antimafia ai vertici delle Forze dell’ordine, dai prefetti alle Dda, al Governo», disse il ministro dell’Interno Angelino Alfano, rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse il rischio che Cosa nostra alzi il tiro. «Non possiamo escludere – ha detto – che questo sia l’intendimento della mafia». Poi il ministro ribadì sostegno e vicinanza agli imprenditori, «a cominciare da Montante e Lo Bello che si sono ribellati al racket».
7) Ma attenzione ora
ad un’altra data: il 17 settembre 2013, il Comune di Chianciano Terme (Siena)
mise sul proprio sito istituzionale foto e cronaca di un convegno sulle stragi
di mafia del ’92 che si era tenuto due giorni prima nella sala Fellini delle
Terme e passato sotto drammatico silenzio a livello nazionale. Anch’esso
passato nel dimenticatoio della stampa e dalla speranza di oblio delle menti
raffinatissime. «È in corso una campagna di delegittimazione da parte di centri
di poteri occulti – dichiarò in quell’occasione il procuratore di
Caltanissetta Sergio Lari – che mirano a screditare chi in Sicilia
combatte con i fatti malaffare e mafia. Ci sono centri di potere, collegati
sicuramente con le organizzazioni mafiose, che utilizzando nuovi mezzi di
comunicazione come blog, social network o fantomatici giornali online e gettano
sospetti e fango su chi l’antimafia la fa davvero, ovvero con i fatti. Hanno
avviato una campagna di delegittimazione, oltre a proseguire con gli
avvertimenti. Continuano ad arrivare buste con proiettili, croci ed altri
messaggi inquietanti».
8) Dunque eravamo a
settembre 2013 e Lari, vale a dire il capo della Procura che ora con
quella di Catania starebbe indagando su Montante, un anno e mezzo fa
parlava di centri di potere che ordiscono campagne di delegittimazione e
discriminazione utilizzando ogni mezzo possibile e immaginabile. Certo, non
c’erano nomi e cognomi maLari, un mese dopo quelle frasi, a ottobre, sarà alla
riunione del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, con un ministro
dell’Interno che invece fece i nomi di coloro che si erano ribellati al racket,
a partire (i nomi li ha fatti Alfano, non io o voi) da Lo
Bello eMontante. E poche settimane fa, un procuratore
generale, Cardinale, metterà in fila gli avvenimenti senza peli sulla
lingua. Due più due fa ancora quattro?
Di questo incontro a Chianciano
Terme, a parte le cronache locali toscane e siciliane, la grande stampa si
disinteressò, perché un annuncio di morte non è una notizia. Quelle che
sgorgano dalle menti raffinatissime – che, ripeto, siano fondate o meno –
si.
Le mafie hanno memoria lunga e non basta una vita per cancellarla.
Tifo, come sempre, per la
Giustizia e spero, nel nome dell’Italia onesta nella quale senza se e senza ma
mi riconosco, di sapere prestissimo la verità. I miei principi non cambieranno.
Ne usciranno rafforzati.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI
ISOLA DELLE FEMMINE
MONTANTE, CONFINDUSTRIA E LA FINE
(IN)NATURALE E MORTALE DELLA LUNGA CORSA ALLA DELEGITTIMAZIONE
17 FEBBRAIO 2015
Ho sempre creduto nel dubbio. Lo
considero il principale pregio di un giornalista. Solo
il dubbio, infatti, consente di scavare nelle verità che, a piene mani,
vengono scaraventate addosso alla nostra categoria.
Le verità della magistratura, la
verità dei partiti, la verità della politica, la verità dei pentiti, quella dei
pentiti che si pentono di essersi pentiti e poi magari si ripentono, la verità
degli imprenditori che si abbeverano alla mangiatoia pubblica e sono poi i
primi a chiedere “più mercato”, la verità dei giornalisti schierati oppure
quella della quota parte di classe dirigente marcia che governa questo Paese.
Non ho
mai creduto alle verità come appaiono, quelle che Giuseppe
Lombardo, pm della Dda di Reggio Calabria chiama le
“mezze verità”. Quelle pronte da “bere” come la Milano dei bei (!) tempi
che furono. Non crediate sia facile non credere alle “mezze verità”: si pagano
prezzi altissimi.
Il legittimo dubbio ha fatto
ritenere ad una parte della stampa che il presidente di Confindustria
Sicilia, Antonello Montante sia o possa essere effettivamente quel
losco figuro che viene (o verrebbe) dipinto da alcuni pentiti di Cosa nostra
gestiti, non senza colpi di scena in fase di evoluzione, tra la Procura di
Caltanissetta e quella di Catania.
Nulla quaestio. Sarà la
magistratura a tentare di provare cosa c’è di vero, cosa c’è di falso, ma
soprattutto cosa c’è in quel “mondo di sopra” che a Roma stanno ancora
aspettando di scoprire, mentre in Sicilia, così come in Calabria, è in piena
evoluzione da decenni, come del resto sa chi, come l’attuale procuratore
generale di Palermo Roberto Scarpinato, quasi 20 anni fa provò a
dimostrare, senza successo, la realtà dei sistemi criminali che corrono ben
oltre un criminale mafioso. Toccherà, eventualmente, ad un aula di Tribunale
giudicare fino a eventuale terzo grado.
Il dubbio, amico di penna (ormai
si può dire di mouse e pc) mi spinge a continuare a scrivere del “caso
Montante” proprio ora che toccherà alla magistratura spegnere il ventilatore
che, dopo essersi acceso mediaticamente, da qualche giorno sembra in “pausa”.
Come? Chiudendo presto le indagini (a meno che una fila di batteria non
moltiplichi i 180 giorni a disposizione di ciascuno per raccontare la propria
verità e allora la graticola girerà a lungo con buona pace della Giustizia).
Sono fatto così. Quando gli altri
parlano taccio. Quando gli altri tacciono, scrivo. Non mi interessa
prendere parte a contese sulla pelle dell’antimafia (ho già scritto e detto che
non sta a me difendere Montante) ma provare a capire fino in fondo
esercitando e sublimando l’arte del dubbio (si veda anche link a fondo pagina
con precedente articolo) .
E così il dubbio mi porta a
scavare in una parola: delegittimazione, che declino in alcune delle varianti
possibili in quel della provincia nissena.
Forse abbiamo perso di vista un
fatto apparentemente secondario ma invece di primaria importanza. Questa
vicenda nasce nella culla di Cosa nostra, quel “vallone” nisseno dal quale
nobiluomini (spero si arguisca l’ironia) quali Giuseppe Genco
Russo e Calogero Vizzini dettavano legge alla Sicilia intera e
apparecchiavano la tavola (rectius: le battigie) agli alleati “ammerrecani”.
In altre parole, come si direbbe
nella mia amata Roma, «quando voi eravate ancora sugli alberi, noi eravamo già
froci», che tradotto vuol dire: a Cosa nostra nissena nessuno può insegnare
nulla.
E nessuno, dunque, può
dimenticare che nel 2007, subito dopo l’approvazione del codice etico, la sede
di Confindustria di Caltanissetta (proprio laddove nacque la rivolta contro i
“prenditori”, in casa propria, nella classe industriale siciliana) fu rivoltata
come un calzino per leggere (e fotocopiare e duplicare?) atti e documenti anche
riservati. Guarda tu la vita, proprio quando, nei tempi in cui la rivolta
suonava, alcuni notabili dell’associazionismo e della vita economica nissena
erano dediti a profondissime e minuziose attività di dossieraggio ad uso di
capi mafia dal colletto bianco e dall’anima nera.
Non ricordavo a memoria – per
riportarlo alla mente ho dovuto ricomporre le tessere di un puzzle che ho
ricostruito anche grazie a quella potenziale fonte che è Internet – che
in questi anni, ogni qual volta c’è stato un passo avanti decisivo della genia
industriale e imprenditoriale che si è mossa all’unisono (sarebbero dunque
tutti potenziale amici di presunti amici dei mafiosi? La domanda a me pare
legittima) dietro a Lo Bello eMontante e al loro grido di
rivolta contro l’omertà mafiosa (il primo nemico di Cosa nostra è la parola, dopo vengono, di
conseguenza, gli atti), c’è stata una reazione uguale e contraria a
quella alla quale pare di assistere in questi giorni. Pare: come vedete dubito.
Un’escalation che non poteva
portare (all’epoca) a omicidi per un riflesso condizionato e per una ragione
pratica. Il riflesso condizionato risiede nel fatto che ai pupi di Cosa nostra
manovrati dalle menti raffinate sembrava impossibile ricevere un “no” a
richieste che fino a quel momento non potevano essere rifiutate (pizzo e
protezione) e che addirittura sfociava in denunce in sede penale degli
affamatori aguzzini. Che succede? si saranno chiesti pupi e pupari.
La ragione pratica è che uccidere
chi si opponeva a Cosa nostra tra gli imprenditori era difficile: le scorte,
che talvolta sono messe a protezione degli inutili, questa volta erano messe a
disposizione di qualcuno utile alla causa di civiltà sociale ed economica.
Bisognava fare, dunque, troppo
rumore. Meglio lanciare la scia lunghissima e distillata della
delegittimazione.
Volete due-esempi-due
dell’escalation diffamatoria e delegittimante di questi anni? Quando
l’imprenditore che opera nel settore dell’ambiente Giuseppe
Catanzaro, attuale numero 2 di Confindustria Sicilia, denunciò ad
Agrigento i suoi carnefici, partì la crociata non contro – si badi bene – le
sue battaglie ma contro il suo passato e le presunte ombre che lo avvolgevano.
Quella scia non si è ancora spenta.
Lo schema – mutatis
mutandis – si ripropose con Ivanhoe Lo Bello, attuale
vicepresidente nazionale di Confindustria, che nel 2010, stufo della cappa di
omertà e ipocrisia che gravava (e grava oggi più di ieri) su Catania,
scoperchiò anche con un’intervista al Corriere della Sera il
maleodorante pentolone delle aree industriali, del movimento terra, dei
trasporti e dell’edilizia. A Palermo ci furono, in manifestazioni pubbliche,
slogan, cori e striscioni contro colui il quale voleva contribuire a cambiare,
con i fatti, le cose. E i fatti (non le chiacchiere) dicono che fu Lo
Bello a mettere nero su bianco una frase sconcertate (non per chi, come
me, segue l’evoluzione delle mafie) nella nota riservata di Confindustria per
il vertice nazionale della sicurezza svolto a Caltanissetta il 21 ottobre 2013
finita nelle mani del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Con
riferimento ad un settore nel quale oggi sono ancora in piena evoluzione le indagini
della magistratura, (non lo cito per non dare vantaggi a chi deve sentire
invece il fiato sul collo della Giustizia) Lo Bello scrisse
testualmente e Montante controfirmò, che «il territorio della
provincia di Catania ha un ruolo ancora più rilevante, in quanto Cosa nostra,
‘ndrangheta e camorra lavorano congiuntamente e regolano il mercato a livello
nazionale». Precedevano e seguivano nomi e cognomi. Quella scia non si è ancora
spenta.
Credo che la delegittimazione (l’ho scritto
mille volte su questo umile e umido blog con riferimento a tante altre vicende
inquietanti) sia la culla della morte. Più della morte fisica la
delegittimazione è in grado di uccidere, perché colpisce il luogo di una vita: la purezza dell’anima.
Ma attenzione: quando la delegittimazione
fallisce dopo aver usato, nella sua escalation, armi estreme e radicali, quando
non riesce nel proprio intento e quando la corsa non si può arrestare, non
resta che la morte. Quella fisica. Quella che uccide un uomo per educare un
popolo come, in Sicilia e nel Sud, è stato troppo spesso educato.
Non sono solo io a pensarlo. A
meno che nella genia dei soggetti pericolosi dell’antimafia parolaia non
rientri anche il presidente della Corte di appello di Caltanissetta, fu proprio
lui, Salvatore Cardinale, il 24 gennaio 2015, in apertura di anno
giudiziario, ad affermare: «…in tal senso, da parte degli investigatori, sono
stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici confindustriali
siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della
diffamazione e del discredito mediatico, e l’accentuata campagna di
delegittimazione condotta a tutto campo contro vari protagonisti dell’antimafia
operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che potrebbe
tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi i due
“avvertimenti”, uno dei quali consumato a Caltanissetta, posti in essere contro
il Presidente dell’Irsap(Alfonso Cicero, ndr)».
Arrestate Montante, indagate Lo
Bello, braccate Cicero, crocifiggete chi si è schierato per tornaconto con
loro o fate l’esatto contrario, smontate le accuse e riabilitate un corso ma,
vi prego, fatelo presto, e mi rivolgo alla magistratura, perché, senza
Giustizia rapida, ci scapperà il morto. Il primo nome è già sulla lista.
Per educare un popolo.
IL GRANDE INGANNO
DELL'ANTIMAFIA SICILIANA: COSÌ L'EROE DELLA LEGALITÀ METTE LE MANI SULL'EXPO
Montante, indagato assieme all'ex
governatore Lombardo, condannato, sono i creatori di Caltanissetta "zona
franca" anti-pizzo. Tra collusioni e fiumi di soldi, tutti i paradossi di
un'impostura politica dietro la dittatura degli affari
dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI E EMANUELE LAURIA
CALTANISSETTA - Lo sapevate
che esiste una "zona franca della legalità" dove ci sono gli abitanti
più buoni e più onesti d'Italia? E lo sapevate che l'hanno fortemente voluta un
governatore condannato per mafia e un imprenditore indagato per mafia? Per
capirne di più bisogna andare a Caltanissetta, quella che è diventata la
capitale dell'impostura siciliana.
Nella città dove è iniziata l'irresistibile ascesa del cavaliere Antonio Calogero Montante detto Antonello, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale Camera di commercio, presidente di tutte le Camere di commercio dell'isola, consigliere per Banca d'Italia, delegato nazionale di Confindustria (per la legalità, naturalmente) e membro dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati (unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un'indagine a suo carico per concorso esterno), si può scoprire come in nome di una assai incerta antimafia si è instaurata una sorta di dittatura degli affari. Un califfato che si estende in tutta la Sicilia ma che è nato qui, a Caltanissetta, dove commistioni - e in alcuni casi connivenze - fra imprese e politica, impresa e stampa, imprese e forze di polizia, imprese e magistratura, hanno ammorbato l'aria e fatto calare una cappa irrespirabile sulla città.
UNA FINZIONE SOFFOCANTE
In Sicilia tutto si fonda su due parole magiche: legalità e antimafia. È una "legalità" costruita a tavolino e un'"antimafia padronale" che copre operazioni politiche opache e favorisce gruppi di interesse. Dopo la felice stagione iniziata con la "rivolta degli imprenditori" del 2007 guidata da Ivan Lo Bello contro il racket, trasformismo e ingordigia hanno snaturato l'iniziale esperienza e una consorteria si è impadronita di tutto.
La "zona franca" l'ha pretesa la Confindustria siciliana di Montante, l'unico "partito" che nel governo regionale siede ininterrottamente da sei anni con un proprio rappresentante. Quando governatore era Raffaele Lombardo - il 2 maggio del 2012 - fu istituita con un atto ufficiale la Provincia di Caltanissetta fu riconosciuta come "zona franca della legalità". L'obiettivo era quello di concedere benefici fiscali alle aziende che "si oppongono alle richieste estorsive della criminalità organizzata". Previsione di spesa: 50 milioni di euro.
Lombardo, che al momento della firma era già indagato per reati di mafia, due mesi più tardi si è dimesso e un anno dopo è stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi. Un (presunto) amico dei boss che concede agevolazioni a chi si batte contro il racket su richiesta di chi - Montante - è oggi a sua volta chiamato in causa da cinque pentiti per legami con le "famiglie". Trame di potere in una Sicilia che non ha mai temuto il paradosso.
SOTTO GLI OCCHI DEL MONDO
La Confindustria di Montante ormai è ovunque. Guida l'Irsap, l'istituto che gestisce le aree industriali siciliane, ha un peso decisivo nel business dei rifiuti e ora ha messo le mani sull'Expo. Pochi giorni fa, l'assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, il rappresentante di Confindustria nella giunta di Rosario Crocetta, ha siglato una convenzione che assegna a Unioncamere un pacchetto di interventi per due milioni di euro. Chi guida Unioncamere in Sicilia? Antonello Montante. Sarà lui, malgrado l'inchiesta per concorso esterno, a decidere quali "eccellenze" siciliane del settore agro-alimentare dovranno figurare nella vetrina di Milano e in undici stand fra porti e aeroporti dell'isola. Materia d'indagine per almeno due procure (Palermo e Caltanissetta) e per Raffaele Cantone, il presidente dell'Authority contro la corruzione che, appena il 16 gennaio scorso, ha annunciato che su Expo è stato avviato "il più grande controllo antimafia di tutti i tempi".
MARKETING DI IMMAGINE
Una rete di interessi così fitta è protetta anche da una stampa a volte troppo compiacente con Montante e i suoi amici. Al punto da proporre (l'ha fatto La Sicilia in un lungo articolo) la notizia di una laurea honoris causa in Economia e Commercio riconosciuta dall'Università "La Sapienza" all'imprenditore. L'ateneo ha smentito il giorno dopo. Era falso.
Nelle sue molteplici vesti istituzionali Montante ha spesso offerto un "sostegno" a mezzi d'informazione e singoli giornalisti. Da presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta ha erogato una pioggia di contributi, sotto la voce "azione di marketing territoriale". Ne hanno beneficiato cronisti-scrittori, ancora prima della pubblicazione dei loro libri e testate web. Una settimana fa Il Fatto Nisseno, uno dei siti favoriti, ha cancellato un'intervista di Michele Costa (il figlio del procuratore ucciso a Palermo nel 1980) che manifestava perplessità sull'opportunità che Montante - sott'inchiesta - mantenesse le sue cariche.
L'intervista è sparita nella notte "dopo devastanti pressioni". Un altro clamoroso caso riguarda un contratto di collaborazione per due anni - 1.300 euro al mese - che Confindustria Centro Sicilia (sempre Montante presidente) ha firmato con il responsabile delle pagine di Caltanissetta de Il Giornale di Sicilia. Tutti episodi, quelli citati, che hanno spinto l'Ordine dei giornalisti ad aprire un'indagine conoscitiva.
UN ALTRO PALADINO
Oltre ad Antonello Montante, c'è un altro campione dell'antimafia a Caltanissetta. Si chiama Massimo Romano, socio e amico del Cavaliere, è il proprietario di 34 supermercati sparsi per la Sicilia e, qualche anno fa, era già finito nelle pieghe di un'indagine sui "pizzini" di Bernardo Provenzano molto interessato alla grande distribuzione. Romano da molto tempo siede a tavoli istituzionali con questori e prefetti, è il presidente del Confidi (un consorzio che cede prestiti a piccole e medie imprese) e il suo nome è scivolato in un'operazione antimafia dove il fratello Vincenzo - secondo il giudizio dei magistrati - l'avrebbe tenuto fuori dalla faccenda delle estorsioni "per preservarlo da possibili negative conseguenze sia di immagine che di carattere giudiziario". Il doppio volto di Caltanissetta zona franca per la legalità.
L'IMPASTO
C'è promiscuità fra investigatori
e magistrati e l'indagato di mafia Montante. A Roma e in Sicilia. A
Caltanissetta - visti i suoi rapporti intensi con Angelino Alfano
che poi l'ha designato anche all'Agenzia dei beni confiscati -
Antonello Montante è riuscito, il 21 ottobre del 2013, a far presiedere al
ministro dell'Interno il comitato nazionale per l'ordine pubblico e sicurezza.
Un organismo che, solo in casi straordinari, si riunisce lontano da Roma. In
Sicilia non accadeva dai tempi delle stragi di Falcone e Borsellino. Perché la
scelta di Caltanissetta? Per farla diventare quella che non è mai stata, cioè
una roccaforte dell'antimafia.
In Sicilia e a Caltanissetta c'è una vicinanza molesta fra imprenditori e rappresentanti dello Stato (si racconta di questori che si trasformano in tappetini al cospetto di Montante, di prefetti che hanno ricevuto esagerate regalie), ci sono investigatori che si fanno assumere parenti e amiche dalla cordata (è il caso di un ufficiale della Dia e di un maggiore della Finanza), ci sono uomini dei servizi segreti che sguazzano allegramente nell'ambiente "antimafioso", c'è una prossimità imbarazzante con molte toghe. Tanto evidente che ha portato il nuovo presidente dell'Associazione nazionale magistrati Fernando Asaro a invitare i suoi colleghi "a una ineludibile concreta distanza da centri di potere economici ". Più chiaro di così.
17 FEBBRAIO 2015
La provocazione di Montante:
"Burocrazia peggio della mafia, il pizzo si paga con un conto in
nero"
Le immagini si riferiscono
all'incontro del 25 febbraio 2014 a Catania tra Confindustria e la giunta
comunale di Enzo Bianco nel corso del quale il presidente dell'associazione
siciliana degli industriali Antonello Montante – attualmente indagato
per presunti contatti con i boss - parla a lungo di mafia e
burocrazia, asserendo che quest'ultima è più dannosa della mafia. E che il
pizzo si può pagare con un conto in nero (Immagini di Angelo Capuano)
LEGGI SU PALERMO.REPUBBLICA.IT
COINVOLTO
IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA L'AGENZIA PER I BENI CONFISCATI
Il delegato per la legalità di
Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende
dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo
riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di
consultazioni. Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive
Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni
trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco
delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori
siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che
avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come
hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo
mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di
portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato
decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale,
anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi
mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le
associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco
della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
MONTANTE, L'INDUSTRIALE PALADINO DELL'ANTIMAFIA
SOTTO INCHIESTA IN SICILIA PER MAFIA
Leader in ascesa, presidente
degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria Ora
però tre pentiti lo accusano. E dal suo passato spuntano fuori amicizie
compromettenti
di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO
C'È UN pezzo grosso dell'Antimafia dell'ultima ora che
è finito sotto inchiesta per mafia. È uno dei volti nuovi dell'Italia che
combatte i boss, ha rapporti stretti con più di un ministro e con tanti
prefetti, è il presidente degli industriali siciliani e il delegato per la
"legalità" di Confindustria. Ci sono alcuni pentiti che parlano di
lui e delle sue "pericolose frequentazioni". Come si chiuderà questa
vicenda - se c'è solo fumo o anche molto arrosto -
nessuno ancora lo può dire, di sicuro però Antonello Montante, uno dei
cosiddetti paladini delle battaglie antimafia più recenti (troppo recenti,
maligna qualcuno) è al momento indagato per reati di mafia alla procura della
repubblica di Caltanissetta. All'anagrafe è registrato come Antonio Calogero
Montante, ha 52 anni, è un siciliano di Serradifalco, provincia di
Caltanissetta - dove è anche presidente della locale Camera di
Commercio - ed è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2008. È a
capo di un impero nato negli anni '20 del secolo scorso con una fabbrica di
biciclette, è fondatore della "Msa", Mediterr Shock Absorbers Spa,
azienda di progettazione e produzione di ammortizzatori per veicoli industriali
presente in tutto il mondo.
Su di lui c'è l'inchiesta di Caltanissetta e poi ce n'è un'altra a Catania, su una denuncia presentata nei mesi scorsi. Indagini blindatissime, sia per il "peso" del personaggio coinvolto sia per gli effetti che le stesse indagini potrebbero provocare. Per esempio, dal 20 gennaio 2015, il governo - su proposta del ministero dell'Interno - ha designato Montante componente dell'Agenzia dei beni confiscati. Una postazione strategica, lì si decide il destino di patrimoni sporchi per miliardi di euro.
L'inchiesta è nella prima fase e nessuno è nelle condizioni di prevedere dove potrebbe portare, ma fra le pieghe di questa storia ci sono già tutte le incoerenze di un'antimafia di fresca nascita - con patenti rilasciate con assai disinvoltura - e il paradosso tutto italiano di come si possa tranquillamente navigare da una sponda all'altra senza incertezze e contraccolpi.
COINVOLTO IN DUE INCHIESTE PER MAFIA, MONTANTE LASCIA
L'AGENZIA PER I BENI CONFISCATI
Il delegato per la
legalità di Confindustria, presidente dell'associazione in Sicilia, si sospende
dall'incarico dopo le notizie pubblicate da Repubblica delle indagini che lo
riguardano a Caltanissetta e Catania.
di EMANUELE LAURIA
Antonello Montante lascia la
carica di consigliere dell'Agenzia per i beni confiscati ai boss. Una decisione
sofferta. maturata solo nelle ultime ore, dopo un frenetico giro di
consultazioni. Il presidente di Confindustria Sicilia, delegato per la legalità
dell'associazione di viale dell'Astronomia, si sospende dai vertici
dell'Agenzia dopo le notizie, pubblicate da Repubblica, di
due inchieste per mafia, a Caltanissetta e Catania, che lo vedono coinvolto.
A parlare di Montante sono cinque pentiti, che raccontano di una vicinanza
dell'imprenditore di Serradifalco (Caltanissetta) con esponenti di spicco delle
locali "famiglie".
Montante, in una nota, annuncia la sospensione dall'incarico nel direttivo dell'Agenzia presieduta dal prefetto Umberto Postiglione e di cui fa parte anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Negli ultimi giorni anche da ambienti confindustriali era giunta a Montante la sollecitazione a compiere questo passo: una mossa che dovrebbe servire a placare le polemiche, in attesa di sviluppi giudiziari.
Scrive il leader confindustriale: "È per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia".
Montante mantiene gli incarichi all'interno di Confindustria: il comitato di presidenza di viale dell'Astronomia mercoledì aveva ribadito la fiducia all'imprenditore, uno dei protagonisti nell'Isola della rivolta degli industriali contro il racket: passaggio non scontato, che aveva fatto seguito al sostegno offerto il giorno prima, a Palermo, dai vertici di Confindustria Sicilia, Ance Sicilia, Piccola Industria e Giovani industriali dell'Isola.
Ma la questione centrale, ogni giorno di più, era diventata la permanenza di Montante nel ruolo di consigliere dell'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. "Montante si dovrebbe dimettere? Non lo so, dipende da una sua sensibile valutazione ", aveva detto il prefetto Postiglione, pur rimanendo prudente: "Nessuno è colpevole fino a che non è condannato né è costretto a dimettersi per legge".
In un silenzio sostanziale di quasi tutti i principali partiti, Sel, grillini e Rifondazione Comunista avevano auspicato un passo indietro di Montante. L'autosospensione, in particolare, era stata chiesta dal vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava. Una decisione che Montante ha preso stamattina.
"Mai avrei pensato – scrive Montante – di dovermi trovare un giorno in una situazione simile dopo anni trascorsi in trincea, insieme a tanti altri imprenditori, sempre al fianco delle istituzioni. Anni durante i quali un gruppo di giovani imprenditori siciliani ha preso coraggio e ha espulso dalla propria associazione persone che avevano rivestito ruoli apicali negli organi associativi regionali e che, come hanno sottolineato alti magistrati in occasioni pubbliche, grazie al metodo mafioso e a protezioni politiche, avevano creato un sistema di potere di portata regionale se non nazionale. Anni durante i quali abbiamo accompagnato decine di colleghi alla denuncia, sostenendoli anche nelle aule di tribunale, anni in cui abbiamo sollecitato controlli antimafia preventivi, in alcuni casi mai fatti prima, e ci siamo costituiti parte civile, insieme con tutte le associazioni aderenti a Confindustria, in processi contro esponenti di spicco della criminalità organizzata".
Il presidente degli industriali siciliani parla anche dei collaboratori di giustizia che lo chiamano in causa: "Le persone che vedo citate negli articoli giornalistici pubblicati in questi giorni - afferma Montante - sono state da noi tutte denunciate e messe alla porta, così come è possibile leggere in documenti pubblici consegnati in commissione Antimafia, in occasione dei Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e, comunque, a tutti gli organi antimafia del Paese. Lo abbiamo fatto subendo minacce gravissime e mettendo a rischio la nostra vita. Tutto per affermare una rivoluzione innanzitutto culturale"
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA
DELLE FEMMINE
ANTONELLO MONTANTE,
BATTAGLIE (IGNORATE), DENUNCE (DIMENTICATE) DI MINISTRI E MAGISTRATI E PAROLE
(CALATE) DEI PENTITI
13 FEBBRAIO 2015
Il presidente di Confindustria Sicilia e delegato di
Confindustria nazionale sui temi della legalità Antonello
Montante sarebbe accusato da alcuni pentiti di essere in contatto o vicino
a mafiosi o ad ambienti mafiosi, dai quali avrebbe ricevuto favori ricambiati.
Ora, specificato che la magistratura (di Caltanissetta e
Catania che starebbero indagando) farà il suo corso (sul quale non mi permetto
di fare appunti), specificato che non mi permetto neppure di giudicare il
lavoro dei giornalisti che hanno scritto della vicenda, specificato che dei
pentiti (in generale) mi fido da sempre quanto un piranha negli slip e quando
ne ho trattato me ne sono dovuto pentire giurando a me stesso che si fottessero
tutti, ricordato che nessuno come i siciliani e i calabresi è
specializzato in “tragediate” (altresì chiamate “carrette”), specificato che
non compete a me prendere le difese di Antonello Montante (e infatti
non le prendo perché lo fa da solo e/o con i suoi avvocati), sottolineato che
fino a che ci sarà democrazia e libertà di opinione, stampa, giudizio, parola e
informazione, continuerò a ragionare con il mio cervello senza guardare in
faccia a nessuno, vi sottopongo, o cari lettori di questo umile e umido blog,
un mero contributo di riflessioni ad una vicenda nelle mani sacrosante della
magistratura.
1) Complimenti vivissimi alle menti
raffinatissime che, da alcuni mesi, stanno distillando le fughe di notizie
sulla (o sulle) indagini e/o procedimenti penali aperti nei confronti
di Montante. Gli ambienti investigativi e giudiziari, pronti, senza
scrupoli e contravvenendo ai principi costituzionali e a quelli scritti sulla
Carta europea dei diritti dell’Uomo, a indagare i giornalisti per concussione
(avete letto bene, con pene che arrivano a 7 anni di reclusione) quando danno
liberamente conto di procedimenti o indagini a loro sgradite, sono invece
rapidissimi nell’allungare la manina (a chi vogliono) con informazioni a
orologeria a qualcuno congeniali. Perché vedete, sia che si tratti di una bufala
accusatoria montata ad arte (dai pentiti suddetti che ovviamente
rappresenterebbero il braccio e non certo la mente), sia che si tratti di un
filone propizio per fare luce su presunti legami impropri tra mafia e
antimafia, queste fughe di notizie su indagini definite dai giornali
blindatissime (come? Blindatissime? Pensa te se non lo erano…) sono state
studiate a tavolino. Sono mesi, infatti, che si assiste ad un “distillato” di
voci e sussurri su Montante.
2) Un risultato immediato, le menti raffinatissime
che hanno cantato, l’hanno raggiunto: infliggere un colpo durissimo
all’antimafia. Non mi riferisco a quella dei nomi ma a quella dei fatti e dei
gesti. Ebbene, mi domando e vi domando: con quale forza e spirito in Sicilia e
al Sud (ma non solo) gli imprenditori vessati dalle mafie continueranno a
bussare alle porte delle forze dell’ordine e della stessa Confindustria per
denunciare i propri maledetti carnefici mafiosi? Credetemi anche in questo
caso: proprio questo è il momento più propizio. Denunciate la mafia, perché è
“merda”. Non solo quella fatta da picciotti e capibastone ma, soprattutto,
quella fatta di intelligenze al servizio del male. Chi denuncia è sempre libero
e ora più che mai, sono convinto, Forze dell’Ordine e Confindustrie locali sono
pronte ad accogliere e seminare legalità.
3) Ricordo che Francesco
Cossiga chiamava il sindaco di Palermo Leoluca Orlando,Leoluca Orlando
Cascio. Lo stesso Cossiga, che ovviamente era perennemente coperto da
immunità parlamentare e/o presidenziale, nel corso di una trasmissione
televisiva con Giuliano Ferrara, più di 20 anni or sono, spiegò che nella
prima relazione di minoranza della Commissione Antimafia degli anni ’70,
firmata dalla vittima della mafia, onorevole Pio La Torre, ammazzato nel
1982, il padre dell’allora onorevole Leoluca Orlando (Cascio),
celebre notabile Dc, era definito il collegamento tra la politici ed ambienti
salottieri palermitani del dopoguerra dove era facile che bianco e nero si
mischiassero.
Quando, oltre 20 anni fa, conobbi Leoluca, che non ricorreva
mai al doppio cognome (Orlando Cascio), di tutto mi preoccupai tranne che di
giudicarlo dalle gesta di suo padre. Ammesso e non concesso che fossero
nebulose. Un uomo politico – la stessa cosa, sublimata da poche settimane da un
elezione, si può dire per la famiglia Mattarella, di cui un membro è
diventato Presidente della Repubblica alla luce del sole e dell’ombra, visti
gli attacchi rivolti ai presunti trascorsi paterni – lo giudico dal momento e
nel momento in cui fa politica, cioè si prende cura di una collettività
amministrata. Il suo passato mi interessa ma solo se serve per dimostrare nel
presente e per il futuro, coerenza con i principi e i valori nei quali io
personalmente sono stato cresciuto e che insegno ai miei due figli. Se quei
valori sono contraddetti (onestà, probità, lealtà, legalità, incorruttibilità,
rispetto dei diritti e della legge e via di questo passo) me ne fotto di
passato, presente e futuro.
Bene. Mutatis mutandis, lo stesso discorso vale per chi
si oppone alla mafia tra gli imprenditori che (è il caso di Montante) ricoprono
anche fondamentali ruoli associazionistici.
Da quando io l’ho conosciuto (otto anni or sono iniziò la
battaglia confindustriale per l’etica d’impresa e la rivolta alla mafia prima
proprio a Caltanissetta e poi su per li rami in tutta Italia) i comportamenti e
il rigore di Montante mi sono apparsi conseguenziali a valori di dura
opposizione all’economia criminale e alla mafia sociale, che scorre a fiumi
nelle varie stanze dei bottoni di una classe dirigente sempre più corrotta.
Inutile ricordare le prese di posizione (tutti dobbiamo ricordare che è proprio
la parola il primo nemico della mafia, fondata non a caso sull’omertà) ma gli
atti sì: le espulsioni dei mafiosi o dei presunti mafiosi dalle associazioni, i
commissariamenti mai osati prima di alcune Confindustrie locali (do you
remember Reggio Calabria?), i protocolli d’intesa visti e rivisti per
renderli non chiacchere (di solito lo sono) ma concreti, l’azione di
rinnovamento nelle associazioni (comprese quelle camerali, o sono anche quelle
frutto di comparaggio?), l’obbligo di white list negli appalti pubblici, le
zone franche per attirare INVESTIMENTI
nelle province palermitane e
nissene, la legalità al centro dell’azione degli industriali, il rating di
legalità per le imprese nei confronti delle banche e degli enti appaltatori, il
sostegno a quella magistratura che finalmente ha deciso di usare il
lanciafiamme contro le mafie e i sistemi criminali, le costituzioni di
Confindustria (proprio a Caltanissetta e poi ovunque) come parte civile nei
processi per mafia e la durissima lotta in Sicilia (poi ci torno) contro quei
centri di potere massonico deviato/mafioso che erano le aree di sviluppo
industriale.

Figuriamoci se, quando l’ho saputo, potevo e posso giudicare
le azioni di Montante per il fatto che quando aveva 17 anni un suo
testimone di nozze, venti anni dopo il matrimonio o giù di lì, da
incensurato passerà ad essere noto alla Giustizia, come suo padre che morirà
poi suicida in carcere nel 1992. Chi è senza peccato, scagli il primo
testimone.
4) C’è chi, in questi giorni, si sta prodigando
per srotolare “dietrologie” a giustificazione delle presunte dichiarazioni (da
riscontrare o pera della magistratura alla quale ci rimettiamo) dei pentiti (1,
5, 10, 100, boh!) contro Montante. E’ perché è stato nominato dal Governo
nella inutile (finora) Agenzia nazionale dei beni confiscati alle mafie! E’
perché il movimento antimafia si è sempre spaccato su tutto in Sicilia e dunque
è il risultato di una guerra intestina (ma intestina a chi?)! E’ perché chi
troppo vuole nulla stringe e, tranne la carica di sindaco, a Caltanissetta e a
Roma ormai lui è più di un papa! E’ perché queste cose entrano in campo mentre
si giocava (ma si gioca tuttora) la partita per occupare la poltrona di capo
della Procura di Palermo! E’ perché è amico di potenti troppo potenti in tutti
i campi: dalla politica alla magistratura! E’ così o cosà, lascio che ciascuno
dica la propria (rispetto tutti a maggior ragione, e lo dico in generale,
quando non sono d’accordo). Io aborro la dietrologia e faccio, umilmente,
riferimento ad un fatto, che sarà senza dubbio una coincidenza.
Se ho ben capito il capataz degli accusatori sarebbe
tal Salvatore Dario Di Francesco, che nell’area di sviluppo industriale di
Caltanissetta prestava lavoro.
Bene. Leggete quel che
denunciarono il 5 giugno 2014 anche (e sottolineo anche) in Commissione
parlamentare antimafia Montante e Ivanhoe Lo
Bello (vicepresidente nazionale di Confindustria) a proposito delle Asi
siciliane e non solo: «…ci troviamo, in Sicilia, in una situazione complessa,
che riguarda – voglio portarla all’attenzione della Commissione antimafia – il
ruolo dei consorzi di sviluppo industriale, che hanno dimostrato nel tempo di
essere un luogo di presenza capillare e diffusa di criminalità mafiosa. Oggi la
regione ha riportato al centro i consorzi, ma il presidente dei consorzi Asi,
oggi Irsap, è oggetto di continue intimidazioni. Peraltro, da tempo ha avuto un
aumento della scorta, il secondo livello, ed è costantemente attaccato da tanti
soggetti con minacce significative, su cui voglio richiamare l’attenzione della
Commissione antimafia. Mi riservo anche di fare arrivare alla Commissione
antimafia della documentazione sui temi dei consorzi di sviluppo industriale,
tema centralissimo anche nelle dinamiche nel rapporto tra cattiva impresa e
sistema mafioso» (Lo Bello).
«Abbiamo divulgato una cultura di
impresa nuova, sostenendo che forse era il caso di cambiare rotta, considerato
che nel 2005 e nel 2007 i presidenti delle Confindustrie siciliane erano stati
tutti indagati o arrestati per lo stesso problema, Palermo, Caltanissetta,
Enna. Il problema del consorzio Asi si conosceva, ma non era emerso.…
…Ha parlato il mio collega dei
consorzi Asi, che andavano oltre ogni immaginazione. Erano luoghi, come le
indagini e le condanne dimostrano, in cui le organizzazioni si riunivano. È
un’anomalia tutta nostra, tutta siciliana o del Mezzogiorno d’Italia. Erano
cose pazzesche.
Ricordiamo che e un imprenditore del nord, che doveva realizzare un opificio industriale, presidente, chiedeva l’autorizzazione al comune d’appartenenza, chiedendo la concessione Pag. 17edilizia per costruirlo. Parlo della Sicilia, ma possiamo anche parlare della Calabria e di altri luoghi. In Sicilia non era così. Bisognava andare prima al comune di appartenenza, chiedere l’autorizzazione alla costruzione dell’opificio, parlare con tutta la commissione edilizia, senza dimenticare nessuno, con l’ingegnere capo, ma non finiva lì.
Ricordiamo che e un imprenditore del nord, che doveva realizzare un opificio industriale, presidente, chiedeva l’autorizzazione al comune d’appartenenza, chiedendo la concessione Pag. 17edilizia per costruirlo. Parlo della Sicilia, ma possiamo anche parlare della Calabria e di altri luoghi. In Sicilia non era così. Bisognava andare prima al comune di appartenenza, chiedere l’autorizzazione alla costruzione dell’opificio, parlare con tutta la commissione edilizia, senza dimenticare nessuno, con l’ingegnere capo, ma non finiva lì.
Serviva il nulla osta del consorzio dell’area sviluppo industriale, un ente appaltante in contrapposizione al comune d’appartenenza. All’interno del consorzio Asi c’erano un presidente, un direttore generale, un ingegnere capo e una struttura infinita. Non lo ha citato Lo Bello, che ha fatto grandi cose, ma lascia il ruolo a me e mi fa fare bella figura, quindi racconto io che in una due diligence sempre a due abbiamo verificato che all’interno dei consorzi ASI c’erano insediate anche 30 aziende e il consiglio d’ammissione dello stesso consorzio era di 70 unità.
In Sicilia, ad esempio, il numero degli amministratori dei consorzi Asi era un totale di 800 persone, con circa 500 aziende insediate, quindi non è questo il problema. Oggi abbiamo copiato modello nazionale virtuoso. In realtà, lo ha fatto chi ha proposto la legge, in parte anche noi, e oggi un gruppo dirigente non è sostituito da un altro gruppo dirigente: si è sostituito quel modello e 800 persone sono sostituite da 5. Questo si è verificato.
Non vi ho detto cosa fossero i consorzi Asi dentro le Asi stesse, queste aree industriali: dei condomìni. Ho aziende da decenni al nord: ci si apre un’azienda in un’area a destinazione industriale e si chiede l’autorizzazione solo al comune. Poi c’è da versare ogni mese una quota per il giardinaggio esterno. Questo è un condominio, non con 30 aziende, bensì con 500 insediate.
I consorziati servivano, quindi, a controllare le aziende e poi diventavano i luoghi – parlo di inchieste e di condanne che vediamo ogni giorno – dove si incontravano i capimafia, non di nascosto, niente di segretato, bensì ufficialmente proprio lì nei consorzi. Facevano, quindi, riunioni con la mafia.
Non affidavano i terreni a veri imprenditori, ma a quelli a cui serviva il terreno, lo regalavano. Sono attive inchieste anche a Palermo, a Catania, a Caltanissetta, ad Agrigento. Non ne parliamo. Parlo, naturalmente, sempre della Sicilia.
L’attuale presidente Cicero è stato oggetto, e la notizia è pubblica, di inquietanti attentati. Gli stessi procuratori hanno sentito l’esigenza di esternarlo in maniera forte ricorrendo all’attività mediatica. Questo signore o questi signori vivano in uno stato di guerra vera.
Parliamo di ordigni, di commandi interi, sei persone, fortunatamente tutte fotografate, che arrivano con un mezzo perché volevano caricarlo o ammazzarlo. Fortunatamente, sono stati beccati dalle telecamere e quindi è stato sventato tutto. Non stiamo parlando, quindi, di fantasie, ma di cose serie. Queste sono le cose più grosse, poi ce sono si minori.
È saltato un sistema. Oggi le aree industriali danno a chi ha un progetto e anche subito. Oggi non ci sono più le consulenze, i vitalizi, non c’è spartizione politica e questo, naturalmente, ha fatto saltare i nervi. Oggi quell’organizzazione non controlla più le aziende, e quindi non sa a chi chiedere il pizzo e a chi non chiederlo. Questo è saltato.
Questo è ciò che fa Confindustria. Ho iniziato a dire che non siamo un’associazione antiracket, ma che dobbiamo dire al nostro associato che non gli conviene un certo comportamento. Se si è in un sistema malato, prima o poi si finisce come in quella due diligence mia e di Lo Bello, per cui dopo venti o trent’anni si crolla o lo Stato arriva e sequestra l’azienda o la sequestra la mafia o ti ammazzano comunque per strada. Penso che in parte ci siamo riusciti. Il problema è culturale, presidente, non di azioni o di legge, ma è un problema per cui bisogna comunque un po’ ancora forse aspettare» (Montante).
5) Il 24
gennaio 2015 il presidente della Corte di appello di
Caltanissetta, Salvatore Cardinale, in apertura di anno giudiziario dirà:
«ci sono ancora boss che impartiscono ordini dal carcere e che continuano a
mantenere e ad esercitare il loro antico potere. Il periodo preso in esame, è
stato caratterizzato da intimidazioni, minacce, insinuazioni e delegittimazioni
varie rivolte a magistrati, funzionari pubblici e rappresentanti di
organizzazioni private, specie quelli più esposti sul campo dell’antimafia e
della lotta all’illegalità.
Si tratta di segnali che sembrano
manifestare un parziale cambiamento della strategia fin qui perseguita del
cosiddetto “inabissamento” a favore della scelta di una maggiore visibilità anche
mediatica dell’insofferenza sempre più crescente verso l’azione di contrasto
che tuttora è condotta dallo Stato e che trova l’adesione in alcuni
protagonisti di un’imprenditoria libera e illuminata.
In tal senso, da parte degli
investigatori, sono stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici
confindustriali siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo
subdolo della diffamazione e del discredito mediatico, e l’accentuata campagna
di delegittimazione condotta a tutto campo contro vari protagonisti
dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che
potrebbe tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi
i due “avvertimenti”, uno dei quali consumato a Caltanissetta, posti in essere
contro il Presidente dell’Irsap».
La domanda sorge spontanea: è
impazzito il procuratore generale che parla di «imprenditoria libera e
illuminata…di intimidazioni, minacce, insinuazioni, delegittimazioni, metodi
subdoli e discrediti mediatici» in corso nei confronti anche dei vertici
confindustriali nisseni e siciliani oppure i pentiti? Non dico tanto ma se
avessi ricevuto io la soffiata sulle presunte indagini su Montante (a
quando Lo Bello?) questa domanda me la sarei fatta e quantomeno avrei
tenuto acceso il falò del dubbio.
6) Già perché, guardate voi come
è corta la memoria, il 21 ottobre 2013, a Caltanissetta, ci fu una
riunione straordinaria del Comitato nazionale per l’ordine pubblico per
fronteggiare il rischio di nuovi attentati di cui nessuno, i questi giorni, si
è ricordato. Senz’altro le menti raffinatissime hanno sperato nell’oblio.
Mai come in quei mesi, le
speranze di cambiamento, descritte sui media di tutto il mondo dopo la
decisione – di Confindustria Sicilia prima e Confindustria nazionale poi – di
mettere all’angolo gli imprenditori che non denunciavano pizzo e mafie,
apparivano lontane, sotto assedio e a rischio.
«A Caltanissetta è scesa in campo la squadra-Stato al massimo livello, dal Procuratore nazionale antimafia ai vertici delle Forze dell’ordine, dai prefetti alle Dda, al Governo», disse il ministro dell’Interno Angelino Alfano, rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse il rischio che Cosa nostra alzi il tiro. «Non possiamo escludere – ha detto – che questo sia l’intendimento della mafia». Poi il ministro ribadì sostegno e vicinanza agli imprenditori, «a cominciare da Montante e Lo Bello che si sono ribellati al racket».
«A Caltanissetta è scesa in campo la squadra-Stato al massimo livello, dal Procuratore nazionale antimafia ai vertici delle Forze dell’ordine, dai prefetti alle Dda, al Governo», disse il ministro dell’Interno Angelino Alfano, rispondendo a chi gli chiedeva se ci fosse il rischio che Cosa nostra alzi il tiro. «Non possiamo escludere – ha detto – che questo sia l’intendimento della mafia». Poi il ministro ribadì sostegno e vicinanza agli imprenditori, «a cominciare da Montante e Lo Bello che si sono ribellati al racket».
7) Ma attenzione ora
ad un’altra data: il 17 settembre 2013, il Comune di Chianciano Terme (Siena)
mise sul proprio sito istituzionale foto e cronaca di un convegno sulle stragi
di mafia del ’92 che si era tenuto due giorni prima nella sala Fellini delle
Terme e passato sotto drammatico silenzio a livello nazionale. Anch’esso
passato nel dimenticatoio della stampa e dalla speranza di oblio delle menti
raffinatissime. «È in corso una campagna di delegittimazione da parte di centri
di poteri occulti – dichiarò in quell’occasione il procuratore di
Caltanissetta Sergio Lari – che mirano a screditare chi in
Sicilia combatte con i fatti malaffare e mafia. Ci sono centri di potere,
collegati sicuramente con le organizzazioni mafiose, che utilizzando nuovi
mezzi di comunicazione come blog, social network o fantomatici giornali online
e gettano sospetti e fango su chi l’antimafia la fa davvero, ovvero con i
fatti. Hanno avviato una campagna di delegittimazione, oltre a proseguire con
gli avvertimenti. Continuano ad arrivare buste con proiettili, croci ed altri
messaggi inquietanti».
8) Dunque eravamo a
settembre 2013 e Lari, vale a dire il capo della Procura che ora con
quella di Catania starebbe indagando su Montante, un anno e mezzo fa
parlava di centri di potere che ordiscono campagne di delegittimazione e
discriminazione utilizzando ogni mezzo possibile e immaginabile. Certo, non
c’erano nomi e cognomi maLari, un mese dopo quelle frasi, a ottobre, sarà alla
riunione del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, con un ministro
dell’Interno che invece fece i nomi di coloro che si erano ribellati al racket,
a partire (i nomi li ha fatti Alfano, non io o voi) da Lo
Bello eMontante. E poche settimane fa, un procuratore
generale, Cardinale, metterà in fila gli avvenimenti senza peli sulla
lingua. Due più due fa ancora quattro?
Di questo incontro a Chianciano
Terme, a parte le cronache locali toscane e siciliane, la grande stampa si
disinteressò, perché un annuncio di morte non è una notizia. Quelle che
sgorgano dalle menti raffinatissime – che, ripeto, siano fondate o meno –
si.
Le mafie hanno memoria lunga e non basta una vita per cancellarla.
Tifo, come sempre, per la
Giustizia e spero, nel nome dell’Italia onesta nella quale senza se e senza ma
mi riconosco, di sapere prestissimo la verità. I miei principi non cambieranno.
Ne usciranno rafforzati.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI
ISOLA DELLE FEMMINE
CANNOVA GIANFRANCO ASCESA E DECLINO
DELL'ANTIMAFIA DEGLI AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE"
Giulio Ambrosetti
Un' inchiesta coinvolge la
dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici
antimafia che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi
"comitati d'affari". Mala gestione dei beni sequestrati alla
mafia, conflitti d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo
dei fondi europei, privatizzazione degli aereoporti... La
magistratura ultimo baluardo in difesa della legalità?
Tira un’aria pesante in questi giorni lungo l’asse
Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia e antimafia c’è un po’ di
‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie strane. E un’inchiesta
su presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente di Confindustria
Sicilia, Antonello Montante, considerato uno degli uomini di punta
dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di pentiti di Cosa
nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze, ovviamente. Ma
il fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’, nell’Isola,
stanno cambiando. Anche, anzi soprattutto per chi, dal 2008, di diritto o di rovescio,
esercita in Sicilia un potere pieno e, adesso, un po’ controllato: il senatore del
Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.
E’ lui, ormai da sette lunghi anni, l’uomo politico più potente della nuova e della
‘vecchia’ Sicilia. E’ lui il garante di tanti, forse troppi accordi in bilico
tra politica, economia e chissà cos’altro ancora. A lui fa
riferimento Antonello Montante, oggi sfiorato dal dubbio che dai tempi di
Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni illumina come un’ombra sinistra
tanti politici siciliani ascesi al soglio del potere. Dubbi che, nel caso
dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si sono trasformati in condanna
a sette anni per mafia. Dubbi che hanno accompagnato il suo successore,
Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una condanna di primo grado
sempre per mafia (in questi giorni dovrebbe iniziare il processo di secondo
grado). Ogni storia giudiziaria, ogni inchiesta dei magistrati inquirenti, si
sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in questa vicenda il contesto
politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che coinvolge Montante.
Proviamo a illustrarla.
In politica sono importanti i segnali. E il primo segnale
sinistro è arrivato circa una settimana prima del ‘siluro’ che ha colpito il presidente
di Confindustria Sicilia. Ed è stata la scoperta che la Regione siciliana della
quale Rosario
Crocetta è il presidente - anche lui, neanche a dirlo, personaggio legato a doppio
filo al senatore Lumia - non si è costituita parte civile in un procedimento
giudiziario che coinvolge un funzionario regionale finito in manette per
tangenti. Questa mancata costituzione di parte civile da parte della Regione,
stando a indiscrezioni, potrebbe essere legata al fatto che il funzionario
finito sotto processo, Gianfranco Cannova, era il responsabile del procedimento
amministrativo di importanti autorizzazioni ambientali. La firma sui
provvedimenti di autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già
accennato, di un funzionario e non di un dirigente.
Viene da chiedersi, a questo punto, perché hanno arrestato
lui, se a firmare erano, a norma di legge, altri dirigenti. E’ in
questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile da
parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è un comitato
di affari.
E questo comitato di affari che la Regione sta cercando di
proteggere non costituendosi parte civile?
E’ Cannova non sa nulla di questa storia?
Le domande sono più che legittime, perché quello che sta
succedendo è veramente strano.
In ogni caso, per il presidente Crocetta - un personaggio
che, a parole, si proclama sempre antimafioso e paladino della
cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso in cui avesse
semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel caso in cui si
dovesse venire a scoprire che dietro questa storia c’è un comitato di affari.
La cosa strana è che gli ultimi due dirigenti che stavano sopra
il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo - Vincenzo
Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’
Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo
politico siciliano, è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale
dei Rifiuti.
Una settimana dopo lo scivolone di Crocetta (che comunque,
come già accennato, non è nuovo a questo genere di ‘stranezze’, se è vero che
il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha ignorato le regole
sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante. Agli osservatori non
sfugge che il presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far parte dell’Agenzia per i beni
confiscati e sequestrati alla mafia. Una struttura, inventata dalla
politica italiana, della cui presenza in vita i cittadini del nostro Paese non
avvertivano e non avvertono ancora oggi il bisogno.
Su questo punto è bene essere chiari. Dei beni sequestrati e confiscati alla mafia si
occupa già la magistratura. Ci sono state polemiche sul fatto che
chi va a gestire questi beni - che di solito sono avvocati e commercialisti
nominati dai magistrati - non avrebbe e competenze imprenditoriali per gestire
aziende confiscate che poi, magari, falliscono. Il problema esiste. Ma non si
capisce perché, a risolverlo, dovrebbero essere soggetti nominati da una
politica che spesso è collusa con la mafia.
Insomma, senza girarci tanto attorno, il dubbio, tutt’altro
che campato in aria, è che la politica stia provando a togliere ai magistrati
la gestione dei beni confiscati alla mafia. E siccome sono noti i rapporti tra
mafia e politica, non è da escludere che i politici, con questo stratagemma,
puntino a restituire, sottobanco, i beni confiscati ai mafiosi o ai loro
eventuali prestanome.
Nessuno, per carità!, vuole offendere i soggetti - Prefetti
in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i beni confiscati o sequestrati
alla mafia. Le nostre sono semplici considerazioni politiche che non
coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate, piaccia o no, alla storia del nostro
Paese. E’ un peccato di lesa maestà ricordare - lo faceva nei primi del ‘900
Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel Sud d’Italia, esercitava il suo potere
proprio con i Prefetti in combutta con i prepotenti e i mafiosi dell’epoca? E
ci sono dubbi sul fatto che, in Italia, ancora una volta, l’ultimo baluardo contro un’illegalità mai doma
è rappresentato dalla magistratura?
Detto questo, la politica farebbe bene a sbaraccare subito
questa inutile Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alla mafia. Quanto
ai problemi legati alla mancata gestione imprenditoriale delle aziende
confiscate alla criminalità organizzata, beh, è sufficiente affiancare ai
commercialisti e agli avvocati imprenditori o associazioni di imprese. Ma
questo deve farlo la magistratura e non i politici attraverso un’inutile
Agenzia controllata dalla politica!
Fine delle considerazioni sull’aria pesante che oggi si
respira nell’Isola? Niente affatto. I cambiamenti in corso sono ancora più
profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994, pensava di essere immune da
qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse in parte è stato così. Chi
scrive ricorda un sindaco di Corleone di sinistra che in quegli anni affidava e
rinnovava appalti a una società riconducibile a parenti stretti del boss
Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del miliardo di vecchie lire
messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI
, affidati a soggetti dell’antimafia, di
cui non si è saputo più nulla.

Tra i personaggi che hanno sempre ‘navigato’ in un’Antimafia
molto discutibile c’è il già citato senatore Lumia. Che oggi non sembra più il
politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha creduto che lui e i
personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a rispondere del
proprio operato. Forse perché ha pensato, errando di grosso, che la
magistratura era assimilabile agli altri poteri dello Stato italiano, più o
meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la
magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar,
sigla che sta per Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la
Corte dei Conti stanno rispondendo ai prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi,
vecchi e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della legalità.
La vicenda che oggi coinvolge Montante - vicenda, lo
ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti ancora tutte da verificare -
arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata ad andare lontano.
Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008 tiene in pugno la
Sicilia. Chi scrive, già nei primi mesi dello scorso anno, sul quotidiano on
line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo strano caso di Patrizia Monterosso, segretario generale della
presidenza della Regione (in pratica, il più alto burocrate della Regione
siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della propria Autonomia, potrebbe essere
assimilato a uno Stato americano se la stessa Autonomia venisse applicata
correttamente: cosa che non avviene), e di suo marito, l’avvocato Claudio
Alongi. Con la prima che si pronunciava su un incarico del marito
presso la stessa amministrazione regionale! E con il secondo che
forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la stessa
amministrazione regionale!
Entrambi in palese conflitto di interessi.
Quando abbiamo scritto queste cose ci hanno quasi presi per
matti. Non ci credevano. Ma oggi questa vicenda è diventata di dominio
pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle autorità competenti.
Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del senatore Lumia.
Il senatore Lumia - che è il vero presidente ‘ombra’ della
Regione siciliana, in quanto inventore della candidatura di Crocetta
insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via di decomposizione
politica - comincia a perdere colpi. Ben prima del ‘siluro’ che in questi
giorni ha centrato Montante, lo stesso segretario generale della presidenza
della Regione, la già citata Patrizia Monterosso, è stata condannata dalla Corte dei Conti al
pagamento di oltre un milione di euro (€ 1.279.007,04) per fatti
riguardanti il settore della formazione professionale. ( Sent. n.
401/2014 http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html )
Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di potere di Lumia -
la dirigente generale del dipartimento Lavoro della Regione, Anna Rosa Corsello
- è stata di recente ‘bastonata’ dal Tar Sicilia, che ha dichiarato nullo un
atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del decreto di
accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto essere firmato
dal presidente della Regione e che, invece, è stato firmato dall’ex assessore
regionale, Nelli Scilabra). Il decreto dichiarato nullo dal Tar
Sicilia potrebbe avere effetti dirompenti, perché sui SOLDI
già spesi sulla base di un decreto
nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione di responsabilità a carico
dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di
euro).

Non solo. Sembra che, adesso, anche l’Unione europea si stia
svegliando. Fino ad oggi Bruxelles, sulla formazione professionale, ha fatto
finta di non vedere violazioni incredibili. I burocrati legati all’attuale
governo regionale hanno bloccato l’assegnazione di fondi europei per rivalersi
su errori commessi nell’erogazione di fondi pubblici. Solo che i fondi erogati
irregolarmente erano regionali, mentre quelli con i quali la Regione ha provato
a rivalersi erano europei. Due tipologie di fondi pubblici non sovrapponibili.
Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare l’erogazione
di fondi europei per recuperare fondi regionali erogati illegittimamente.
Ma c’è, nella gestione della formazione professionale
siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a monte. Una storia molto più
grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi europei, per definizione,
sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai fondi nazionali e regionali.
La Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i fondi europei sostituendoli
totalmente ai fondi regionali. E questo non si può fare. Non a caso è in corso
una class action da parte del mondo della formazione professionale siciliana
contro la Regione che, ormai da quattro anni, non si dota del Piano formativo
regionale della formazione professionale con fondi regionali, finanziando tutto
con le risorse del Fondo sociale europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe
fare perché a vietarlo è la stessa Unione europea che, fino ad oggi, violando leggi
e regolamenti che essa stessa si è data, fa finta di non vedere tutto quello
che succede in Sicilia in questo settore, rendendosi complice di
un’irregolarità ai danni di se stessa.
Tutto questo vale per il passato e per il presente. Ma il
‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema di potere del senatore Lumia
riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda caso in questi giorni, si
è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono gli aeroporti siciliani.
Sono la Sac, che gestisce gli aeroporti di Catania Fontanarossa e Comiso; la
Gesap, che gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ di Palermo; e l’Airgest,
che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani. Per motivi ‘misteriosi’
queste tre società - fino ad oggi controllate da soggetti pubblici - dovrebbero
essere privatizzate. Si tratta di società che, se gestite con oculatezza,
potrebbero dare utili e ricchezza alla collettività. Ma siccome siamo in Italia
questa ricchezza se la debbono incamerare i privati. A questo sembra che punti
il governo Renzi che, non a caso, su questi e su altri argomenti è
perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della sinistra che lo stesso
Pd di Renzi dice di rappresentare!
L’affare più grosso è rappresentato dall’aeroporto di
Catania, il più importante della Sicilia, destinato a diventare un hub. Non a
caso su questo aeroporto si è già gettato come un falco Ivan Lo Bello, altro
esponente di Confindustria Sicilia vicino a Montante. Chi prenderà il controllo
della Sac - società per azioni oggi controllata dalle Camere di Commercio di
Catania, Siracusa e Ragusa, dall’Istituto regionale per le attività produttive
e dalle Province di Catania e Siracusa - assumerà pure la gestione
dell’aeroporto di Comiso, snodo aeroportuale importante per il flusso turistico
verso il Barocco di Noto, Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta
l’ortofrutta prodotta nelle serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e
Licata.
Un po’ meno importanti - ma non per questo da tralasciare -
gli aeroporti di Palermo e Trapani. Nella Gesap - società che, come ricordato,
gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ - troviamo la Provincia di Palermo
come socio di maggioranza, poi il Comune e la Camera di Commercio, sempre di
Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per cento alla Provincia di
Trapani, per il 2 per cento alla Camera di Commercio, sempre di Trapani, e per
il restante 49 per cento a un gruppo di privati.
Non sfugge agli osservatori che Montante, oltre che
presiedere la Camera di Commercio di Caltanissetta, è presidente
dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della Sicilia. E
le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni delle
società aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso vale
per le Province siciliane, tutte commissariate e gestite dalla stessa Regione,
cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…
Insomma, i conti tornano. O meglio, cominciano a non tornare
per Lumia, per Montante e per Crocetta. Tre personaggi che hanno fatto fortuna
utilizzando l’antimafia come trampolino di lancio per la politica (e per gli
affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra in difficoltà.
Una caduta che non sembra risparmiare nemmeno il numero due
di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, titolare della più grande discarica
della Sicilia in quel di Siculiana, in provincia di Agrigento. Sotto scacco -
non a caso sempre da parte della magistratura - è finita tutta la gestione dei
rifiuti in Sicilia imperniata ancora sulle discariche. Una follia tutta
siciliana che inquina l’ambiente.
Va ricordato che quasi tutte le discariche siciliane non
sono a norma di legge. Nelle discariche non possono essere sotterrati i residui
organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe lavorato a parte. Invece in
quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni di immondizia entrano,
scaricano e vanno via. Ma questo non si può fare, la legge non lo consente. E
invece si fa. Ma adesso la festa sembra finita.
Non va meglio per la gestione dell’acqua. Tutti in Sicilia
sanno che, in due anni e oltre di legislatura, il Parlamento siciliano, di
fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa popolare per il ritorno
alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in Sicilia, è sempre stata contro
l’acqua pubblica. Era così ai tempi di Don Calogero Vizzini e Giuseppe Genco
Russo. Ed è così anche oggi che la mafia opera da Bruxelles, imponendo i
proventi delle attività criminali nel calcolo del Pil dei Paesi dell’Unione
europea.
La mafia non vuole il ritorno all’acqua pubblica. E la
politica siciliana si sta adeguando alle ‘richieste della mafia che, come
insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono rifiutare. Questo spiega
perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione siciliana è mobilitata a
bloccare i tentativi di alcuni Sindaci dell’Agrigentino di gestire l’acqua
nell’interesse dei cittadini. Un esempio ‘intollerabile’…
Insomma, tutto il mondo che gira attorno a Lumia, Montante,
Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è un mondo di politica legata agli affari,
dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla gestione della burocrazia,
dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino all’acqua - in un modo o nell’altro
non sembra più in sintonia con una certa idea di antimafia. La Giustizia da una
parte e i grandi interessi che si scontrano, dall’altra parte, stanno
disegnando in Sicilia nuovi scenari.
BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA DECRETO-ACCREDITAMENTI
ANNULLATO
Venerdì 30 Gennaio 2015 -
17:27 di Accursio
Sabella
I giudici amministrativi hanno
accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto
dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti
pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal governatore.
PALERMO - Nuova “bacchettata” del Tar al governo Crocetta.
Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo della Formazione. I
giudici amministrativi hanno dato ragione a una quarantina tra enti e
associazioni che avevano presentato un ricorso contro il decreto che disciplina
gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In particolare, nei
confronti del passaggio in cui si prevede la revoca dell'accreditamento in caso
di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica amministrazione. Un
provvedimento che era apparso fin da subito contrario persino alle regole del
buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati oltre. Bocciando, di fatto,
l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale sono stati distribuiti e
sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il motivo è quasi grottesco:
quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva invece – stando allo
Statuto – essere sottoscritto dal presidente della Regione. Uno scivolone
clamoroso.
Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.
In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.
I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.
Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.
L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI
MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
GIUSEPPE
MESSINA 10 OTTOBRE 2014
FORMAZIONE
E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei
dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio
della procura della repubblica di palermo
Ci sono volute cinque ore per fare luce sulla gestione dei
tirocini formativi finanziati con le risorse del Piano Giovani e sul flop day
dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa Corsello, ex dirigente generale
dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale ha esaminato, davanti ai
magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti
gli aspetti inerenti l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini
formativi 'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del
Ministero del lavoro che in Sicilia sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di oggi, i magistrati hanno
focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della vicenda che la dottoressa
Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi particolari, supportata dall'ampia
documentazione depositata. Dall'affidamento diretto alle ragioni della scelta
di Italia lavoro e delle altre società esterne alla Regione: Formez, Ett e
Sviluppo Italia Sicilia. Atti amministrativi effettuati dall'Amministrazione
regionale sulla base di un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di
Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale ha chiarito ai magistrati i
problemi generati dall'utilizzo del sistema informatico che, inceppatosi lo
scorso 5 agosto, ha estromesso dalla candidatura e dall'incrocio con le aziende
decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa Corsello si è soffermata sugli
affidamenti diretti inerenti al sistema informatico Silav creato per gestire le
adesioni dei giovani entro i 25 anni al Piano della Garanzia Giovani Sicilia e
che hanno riguardato il collegamento con il sistema dei Centri per l'impiego. A
tal riguardo, la relazione tra i tirocini e i Centri per l'impiego è strato
oggetto di confronto nel corso del citato interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio formativo, lo ricordiamo, è
destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che possono usufruire di un periodo
di lavoro presso le aziende che ne fanno richiesta, percependo una somma pari a
500 euro al mese per complessivi 6 mesi. All'azienda è riconosciuto un rimborso
di 250 euro al mese al quale aggiungere un BONUS
finale nel caso di assunzione a
tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.

Sono 2000 i tirocini messi a bando in Sicilia non ancora
assegnati per l'insipienza del Governo regionale. Anche per questo - e non solo
per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila lavoratori della Formazione
professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto di una mozione di censura da
parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto ha paralizzato l'attività
amministrativa. L'Amministrazione regionale sta ancora valutando se validare il
click-day dello scorso 5 agosto e aprire una nuova finestra per garantire
l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che 'appatteranno le carte'
assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che sono riusciti a collegarsi
al discusso sito, in barba ad altre decine di migliaia di giovani che non sono
riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in una nota pervenuta in
redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della dottoressa Anna Rosa
Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex dirigente generale
dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto in un clima di
assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che venissero mosse
specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue la nota, ha fornito ampie
e dettagliate spiegazioni in ordine agli articolati passaggi tecnici
che connotano le vicende oggetto di indagine, inchiesta condotta da
magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente generale ripone massima
stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio alle 15,30 l'incontro da me
richiesto e mi sono presentata accompagnata dai miei legali - racconta al
giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si è svolto all'insegna
della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho fornito i chiarimenti
per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho depositato gli atti inerenti
la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato o addebitato - ci dice
l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione professionale - e
non ho mosso accuse nei confronti di alcuno, limitandomi a spiegare gli atti
che producevo".
"Ci sono volute cinque per consentire ai magistrati di
verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex dirigente generale dei dipartimenti
Formazione e Lavoro - esclusivamente inerenti le procedure amministrative che
hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la dottoressa Corsello - e mi
rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno seguita con molta
attenzione".
L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
BRASIL 24 SETTEMBRE 2013
POLITICA –
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di
giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio?
il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da
beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in
sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei
"professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso
della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di
palermo.
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani?
Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi,
prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A
generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a
Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo
Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di
Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in
corso al San Paolo Palace di Palermo.
Il Senatore, con la
sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo:
Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il
mondo come volontà e rappresentazione". Di che si
tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli
esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il
filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E,
in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente,
percepisce solo lui:
"Questo e' un partito che si
isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un Presidente
per la prima volta davvero in grado di rompere col passato. I
cittadini siciliani, i giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente
nazionale del partito vedono il presidente Crocetta come una grande risorsa"ha
detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il documento del
segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone l'abbandono della
Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di
quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto
ci risulta, si parla di un Governo che si era
presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro
affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli
apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro
che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio
partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove
spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo
ma che tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno
schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di
Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il 21 Settembre scorso,
ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.
Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni
nell'Universo, e che magari, si è fermato anche al San
Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.
12
luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che
domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a
Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona
industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella
giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad
accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha
differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro
di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i
prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi
obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie
al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di
un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola,
di Marco Benanti
PENTITI CONTRO
LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo carico, secondo il
quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della procura di
Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di
Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette
fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di
Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del
ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni
confiscati
È il delegato
per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella
rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto
anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio
paradosso, quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia,
che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe
sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta
top secret quella su Montante, indicato pochi giorni fa dal ministero dell’Interno come componente
dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari
confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo
carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le
dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore
Dario Di Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato
un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di
appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di
sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato
definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi
della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si
suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata),
che è stato compare di nozze di Montante.
Una
notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete
venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo
Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli
anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo
17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane
conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata
soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di
Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro non erano
che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla
piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata
imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di
biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers
spa, un’azienda di ammortizzatori per
veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno
inizia ad impegnarsi anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del
codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un “nuovo
corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato
che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono
alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti
Pietro Di Vincenzo, condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.
“No
comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire
all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari,
interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria
Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è considerato vicino
a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno
creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua
‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante
nell’elezione di Rosario Crocetta a
Palazzo d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole
scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni
pentiti parlano delle sue ‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto
ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,
oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ MARINO:
LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una
nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro
di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla
fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli
dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò
discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse
certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice
presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014
Dopo sette mesi dal suo
siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe
Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice
presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore
del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero
“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle
autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle
piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella
di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di
Confindustria Sicilia”.
Detto e sottoscritto
da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega
ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14
aprile scorso.
Oggi Marino rompe un
lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo scandalo
della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre discariche
e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti pericolosi: in questi
anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle Province. Un affare
gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la criminalità
organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato l’immondizia
della Campania”.
È un fiume in piena l’ex
magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha
cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio
mandato, solo della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di
Giuseppe Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni
scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche
questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al
mittente proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e
della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire spazzatura”
stanno venendo al pettine.
“La verità –
dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del
ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene
comune”.
A difendere l’ex assessore
scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino
Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di
Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore
Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di
trasparenza”.
“Va ricordato al presidente
Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni
rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a
favore della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.
E poi: “Catanzaro è il primo
imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta.
Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza
rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di
vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione
ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in
legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in
quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata
la breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è
che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito
nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza
rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un
attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con
dichiarazioni pubbliche anche a mio danno”.
Perché Crocetta difende Catanzaro
e attacca Marino?
“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.
Perché, dottor Marino, lei accusa
anche il presidente di Confindustria?
“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo
vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non
posso’.
‘Allora
veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel
Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi
di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando
Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato,
nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul
mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente
fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su
di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni
di questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti
di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione
contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque,
l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una
cosa del genere”.
E Crocetta?
“Cambiò discorso”.
Cosa avvenne a seguito della sua
inchiesta?
“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.
Qual è il ruolo del senatore
Lumia?
“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.
Perché Crocetta la nomina
assessore?
“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.
Un’operazione di facciata?
“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.
12 novembre 2014
RIFIUTI,
MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO
Il
vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino,
in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La
Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra
aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale
dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante,
“hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,
“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre
che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e
completamente destituite di ogni fondamento”.
La nota
diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa
nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e
all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe
Catanzaro di essere stato destinatario, secondo
l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica
di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo stesso Catanzaro
gestisce”.
A parere
di Marino,
sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la
realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che
perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il
governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”),
nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante,
sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come
sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione
siciliana”.
Un’intervista
durissima quella rilasciata ieri da Marino,
dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo
il siluramento subito dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati
di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in
questi giorni sono scesi in campo il sindaco di
Misterbianco, Nino Di Guardo,
e di Furnari, Mario Foti,
che da anni lottano per la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e
di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che
stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica
dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio,
Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia:
“È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione
Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo
ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato
Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto
nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda –
aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che
rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta
storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si
dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”.
“Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle
scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non
potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare
l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche
pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue
affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA
SOLO?
La notizia è “il Presidente di
Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la
magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9
Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per
mafia“.
Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad
essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della
legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla
mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia
È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria
siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era
puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma
non solo.
Marino ha indicando ciò che a suo parere
costituisce un sistema di potere e di collusioni formato
da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?),
Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come
sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione
siciliana.
Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato
Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito.
Anzi, ha rincarato la dose.
Questa Amministrazione – scrive
Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni
s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di
Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis
S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione
alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH”
della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per
discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta
culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per
il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in
rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe,
VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in
provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del
Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante
all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.
Montante indagato per mafia. Mah!
A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci
sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:
È giusto insomma che uno dei membri del consiglio direttivo
dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle mafie sia anche uno dei più
influenti soci di un ente che ha tra le sue finalità la gestione dei beni
confiscati a Cosa Nostra?
Strano destino, quello di Confindustria Sicilia.
Oggi abbiamo Montante indagato per mafia, ma dei vertici di
Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la Commissione nazionale
Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona l’ing. Domenico
(Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria Sicilia.
I suoi rapporti con l’ineffabile avvocato Vito
Guarrasi di Palermo2 .
Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).
Definito “il vero boss”, “l’avvocato dei misteri”.
Per il giudice Calia presenziò perfino alla sottoscrizione
del trattato di Cassibile, rappresentando gli interessi della mafia.
Amici inseparabili, lui e La Cavera. Insieme e con il
deputato comunista Emanuele Macaluso furono i fautori e i sostenitori
della “stagione del milazzismo” in Sicilia3
Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un
secondo governo, dove però non entrò più il MSI. Questo secondo governo ebbe
allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici
di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera che già
aveva rotto con Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.
La Cavera ebbe relazioni anche con l’altro (oltre lo stesso
Guarrasi) grande attore del “Caso Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo
stesso Enrico Mattei.
È stato uno dei promotori insieme a Vito Guarrasi e Graziano
Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato nel 1957) di cui fu nominato
direttore. Il suo nome compare nelle relazioni compiute dalla Commissione
parlamentare antimafia negli anni ’70.
Ma i suoi affari in contiguità con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della SIRAP, (società controllata
dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo Siino, il gestore degli
affari economici di Cosa Nostra
Antonello Montante e Ivan Lo Bello per Domenico La Cavera
erano “i ragazzi”.
Montante e Lo Bello (e Catanzaro)
son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia ovest al primo e Sicilia
est al secondo.
Presidenza della Camera di Commercio di Caltanissetta al
primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio siciliane (Catania e
Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal Governo Crocetta in
condizione di commissariamento di dubbia legittimità.
Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!
Dice il deputato regionale siciliano Leanza4
Lo Bello e Montante? Sono i padroni
della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune voci, si sarebbero creati
dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole sostengono che sia tutto
“teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle Camere di Commercio
siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli aeroporti siciliani.
E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per
mafia.
CANNOVA GIANFRANCO ASCESA E DECLINO
DELL'ANTIMAFIA DEGLI AFFARI "CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE"
Giulio Ambrosetti
Un' inchiesta coinvolge la
dirigenza di Confindustria Sicilia e indirettamente quei politiici
antimafia che dovevano rappresentare "il nuovo" rispetto ai vecchi
"comitati d'affari". Mala gestione dei beni sequestrati alla
mafia, conflitti d'interessi alla Regione, irregolarità sull'utilizzo
dei fondi europei, privatizzazione degli aereoporti... La
magistratura ultimo baluardo in difesa della legalità?
Tira un’aria pesante in questi
giorni lungo l’asse Palermo-Caltanissetta-Roma. Agli incroci di mafia e
antimafia c’è un po’ di ‘traffico’. Un ingorgo da legalità ‘strillata’. Storie
strane. E un’inchiesta su presunti fatti di mafia che coinvolge il presidente
di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, considerato uno degli uomini di
punta dell’antimafia e dell’antiracket. Si tratta di dichiarazioni di pentiti
di Cosa nostra che lo tirano in ballo. Notizie da prendere con le pinze,
ovviamente. Ma il fatto che siano venute fuori, beh, è segno che alcune ‘cose’,
nell’Isola, stanno cambiando. Anche, anzi soprattutto per chi, dal 2008,
di diritto o di rovescio, esercita in Sicilia un potere pieno e, adesso, un po’
controllato: il
senatore del Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.
E’ lui, ormai da sette lunghi
anni, l’uomo
politico più potente della nuova e della ‘vecchia’ Sicilia. E’ lui il garante
di tanti, forse troppi accordi in bilico tra politica, economia e chissà
cos’altro ancora. A lui fa riferimento Antonello Montante, oggi
sfiorato dal dubbio che dai tempi di Crispi e di Giolitti fino ai nostri giorni
illumina come un’ombra sinistra tanti politici siciliani ascesi al soglio del
potere. Dubbi che, nel caso dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, si
sono trasformati in condanna a sette anni per mafia. Dubbi che hanno
accompagnato il suo successore, Raffaele Lombardo, anche lui fulminato da una
condanna di primo grado sempre per mafia (in questi giorni dovrebbe
iniziare il processo di secondo grado). Ogni storia giudiziaria, ogni inchiesta
dei magistrati inquirenti, si sa, è storia a sé. Ma è impossibile non vedere in
questa vicenda il contesto politico in cui è maturata la svolta giudiziaria che
coinvolge Montante.
Proviamo a illustrarla.
In politica sono importanti i
segnali. E il primo segnale sinistro è arrivato circa una settimana prima del
‘siluro’ che ha colpito il presidente di Confindustria Sicilia. Ed è stata la
scoperta che la Regione siciliana della quale Rosario Crocetta è il presidente -
anche lui, neanche a dirlo, personaggio legato a doppio filo al senatore Lumia - non si è
costituita parte civile in un procedimento giudiziario che coinvolge un
funzionario regionale finito in manette per tangenti. Questa mancata
costituzione di parte civile da parte della Regione, stando a indiscrezioni, potrebbe
essere legata al fatto che il funzionario finito sotto processo, Gianfranco Cannova,
era il responsabile del procedimento amministrativo di importanti
autorizzazioni ambientali. La firma sui provvedimenti di
autorizzazione non poteva essere la sua, perché si tratta, come già accennato, di un
funzionario e non di un dirigente.
Viene da chiedersi, a questo punto, perché
hanno arrestato lui, se a firmare erano, a norma di legge, altri dirigenti.
E’ in questo scenario che si inserisce la mancata costituzione di parte civile
da parte del governo regionale di Crocetta. Con molta probabilità, dietro questa storia c’è
un comitato di affari.
E questo comitato di affari che la Regione sta
cercando di proteggere non costituendosi parte civile?
E’ Cannova non sa nulla di questa storia?
Le domande sono più che
legittime, perché quello che sta succedendo è veramente strano.
In ogni caso, per il presidente
Crocetta - un personaggio che, a parole, si proclama sempre antimafioso e
paladino della cultura della legalità - è una pessima figura, sia nel caso
in cui avesse semplicemente ‘dimenticato’ di costituirsi parte civile, sia nel
caso in cui si dovesse venire a scoprire che dietro questa storia c’è un
comitato di affari. La cosa strana è che gli ultimi due dirigenti che stavano sopra
il funzionario regionale finito in manette non ci sono più. Il primo - Vincenzo
Sansone - è andato in pensione negli stessi giorni in cui esplodeva il ‘caso’
Cannova. Il secondo - Natale Zuccarelo - con parenti importanti nel mondo
politico siciliano, è stato trasferito negli uffici del dipartimento regionale
dei Rifiuti.
Una settimana dopo lo scivolone
di Crocetta (che comunque, come già accennato, non è nuovo a questo genere di
‘stranezze’, se è vero che il suo governo, in tanti, forse troppi casi, ha
ignorato le regole sull’anticorruzione) è arrivata la ‘botta’ a Montante.
Agli osservatori non sfugge che il presidente di Confindustria Sicilia è stato chiamato a far
parte dell’Agenzia per i beni confiscati e sequestrati alla mafia.
Una struttura, inventata dalla politica italiana, della cui presenza in vita i
cittadini del nostro Paese non avvertivano e non avvertono ancora oggi il
bisogno.
Su questo punto è bene essere
chiari. Dei beni
sequestrati e confiscati alla mafia si occupa già la magistratura.
Ci sono state polemiche sul fatto che chi va a gestire questi beni - che di
solito sono avvocati e commercialisti nominati dai magistrati - non avrebbe e
competenze imprenditoriali per gestire aziende confiscate che poi, magari,
falliscono. Il problema esiste. Ma non si capisce perché, a risolverlo,
dovrebbero essere soggetti nominati da una politica che spesso è collusa con la
mafia.
Insomma, senza girarci tanto
attorno, il dubbio, tutt’altro che campato in aria, è che la politica stia
provando a togliere ai magistrati la gestione dei beni confiscati alla mafia. E
siccome sono noti i rapporti tra mafia e politica, non è da escludere che i
politici, con questo stratagemma, puntino a restituire, sottobanco, i beni
confiscati ai mafiosi o ai loro eventuali prestanome.
Nessuno, per carità!, vuole
offendere i soggetti - Prefetti in testa - chiamati a gestire l’Agenzia per i
beni confiscati o sequestrati alla mafia. Le nostre sono semplici
considerazioni politiche che non coinvolgono i Prefetti. Considerazioni legate,
piaccia o no, alla storia del nostro Paese. E’ un peccato di lesa maestà
ricordare - lo faceva nei primi del ‘900 Gaetano Salvemini - che Giolitti, nel
Sud d’Italia, esercitava il suo potere proprio con i Prefetti in combutta con i
prepotenti e i mafiosi dell’epoca? E ci sono dubbi sul fatto che, in Italia,
ancora una volta, l’ultimo baluardo contro un’illegalità mai doma è
rappresentato dalla magistratura?
Detto questo, la politica farebbe
bene a sbaraccare subito questa inutile Agenzia per i beni confiscati e
sequestrati alla mafia. Quanto ai problemi legati alla mancata gestione
imprenditoriale delle aziende confiscate alla criminalità organizzata, beh, è
sufficiente affiancare ai commercialisti e agli avvocati imprenditori o
associazioni di imprese. Ma questo deve farlo la magistratura e non i politici
attraverso un’inutile Agenzia controllata dalla politica!
Fine delle considerazioni
sull’aria pesante che oggi si respira nell’Isola? Niente affatto. I cambiamenti
in corso sono ancora più profondi. Qualcuno, in Sicilia, a partire dal 1994,
pensava di essere immune da qualunque controllo di legge. E, in effetti, forse
in parte è stato così. Chi scrive ricorda un sindaco di Corleone di sinistra
che in quegli anni affidava e rinnovava appalti a una società riconducibile a
parenti stretti del boss Bernardo Provenzano. Per non parlare della storia del
miliardo di vecchie lire messo a disposizione dall’Onu nel 2000. SOLDI
, affidati a soggetti dell’antimafia, di
cui non si è saputo più nulla.

Tra i personaggi che hanno sempre
‘navigato’ in un’Antimafia molto discutibile c’è il già citato senatore Lumia.
Che oggi non sembra più il politico ‘irresistibile’ di un tempo. Qualcuno ha
creduto che lui e i personaggi a lui vicini non sarebbero mai stati chiamati a
rispondere del proprio operato. Forse perché ha pensato, errando di grosso, che
la magistratura era assimilabile agli altri poteri dello Stato italiano, più o
meno addomesticabili. Ebbene, questo qualcuno si è sbagliato. Perché sia la
magistratura nel suo complesso (con riferimento, come vedremo, anche al Tar,
sigla che sta per Tribunale amministrativo regionale della Sicilia), sia la
Corte dei Conti stanno rispondendo ai prepotenti, ai furbi e anche ai mafiosi, vecchi
e ‘nuovi’ con un solo linguaggio: quello della legalità.
La vicenda che oggi coinvolge
Montante - vicenda, lo ribadiamo, legata a dichiarazioni di pentiti ancora
tutte da verificare - arriva da lontano e, con molta probabilità, è destinata
ad andare lontano. Toccando tutti i gangli del sistema di potere che dal 2008
tiene in pugno la Sicilia. Chi scrive, già nei primi mesi dello scorso anno,
sul quotidiano on line LinkSicilia, segnalava, ad esempio, lo strano caso di Patrizia
Monterosso, segretario generale della presidenza della Regione (in pratica, il
più alto burocrate della Regione siciliana che, lo ricordiamo, in virtù della
propria Autonomia, potrebbe essere assimilato a uno Stato americano se la
stessa Autonomia venisse applicata correttamente: cosa che non avviene), e di
suo marito, l’avvocato Claudio Alongi. Con la prima che si pronunciava su un incarico
del marito presso la stessa amministrazione regionale! E con il
secondo che forniva pareri legali alla moglie per fatti che riguardano la stessa
amministrazione regionale!
Entrambi in palese conflitto di interessi.
Quando abbiamo scritto queste
cose ci hanno quasi presi per matti. Non ci credevano. Ma oggi questa vicenda è
diventata di dominio pubblico. E, con molta probabilità, è al vaglio delle
autorità competenti. Superfluo aggiungere che anche la Monterosso fa parte del sistema di potere del
senatore Lumia.
Il senatore Lumia - che è il vero presidente
‘ombra’ della Regione siciliana, in quanto inventore della
candidatura di Crocetta insieme con i geni dell’Udc, formazione politica in via
di decomposizione politica - comincia a perdere colpi. Ben prima del
‘siluro’ che in questi giorni ha centrato Montante, lo stesso segretario
generale della presidenza della Regione, la già citata Patrizia Monterosso, è stata
condannata dalla Corte dei Conti al pagamento di oltre un milione di euro (€ 1.279.007,04) per fatti
riguardanti il settore della formazione professionale. ( Sent. n.
401/2014 http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2014/03/blog-post_14.html )
Un altro ‘pezzo’ importante del sistema di
potere di Lumia - la dirigente generale del dipartimento Lavoro della Regione,
Anna Rosa Corsello - è stata di recente ‘bastonata’ dal Tar Sicilia, che ha
dichiarato nullo un atto amministrativo da lei confezionato (si tratta del
decreto di accreditamento degli enti di formazione, atto che avrebbe dovuto
essere firmato dal presidente della Regione e che, invece, è stato firmato
dall’ex assessore regionale, Nelli Scilabra). Il decreto dichiarato
nullo dal Tar Sicilia potrebbe avere effetti dirompenti, perché sui SOLDI
già spesi sulla base di un decreto
nullo la Corte dei Conti dovrebbe avviare un’azione di responsabilità a carico
dei protagonisti di questa incredibile storia (parliamo di milioni di
euro).

Non solo. Sembra che, adesso,
anche l’Unione europea si stia svegliando. Fino ad oggi Bruxelles, sulla
formazione professionale, ha fatto finta di non vedere violazioni incredibili.
I burocrati legati all’attuale governo regionale hanno bloccato l’assegnazione
di fondi europei per rivalersi su errori commessi nell’erogazione di fondi
pubblici. Solo che i fondi erogati irregolarmente erano regionali, mentre
quelli con i quali la Regione ha provato a rivalersi erano europei. Due
tipologie di fondi pubblici non sovrapponibili.
Morale: la Regione non avrebbe dovuto bloccare
l’erogazione di fondi europei per recuperare fondi regionali erogati
illegittimamente.
Ma c’è, nella gestione della
formazione professionale siciliana, un’irregolarità che sta ancora più a monte.
Una storia molto più grave che Bruxelles non ha ancora sanzionato. I fondi
europei, per definizione, sono ‘addizionali’: si debbono, cioè, sommare ai
fondi nazionali e regionali. La Regione siciliana, invece, dal 2012, utilizza i
fondi europei sostituendoli totalmente ai fondi regionali. E questo non si può
fare. Non a caso è in corso una class action da parte del mondo della
formazione professionale siciliana contro la Regione che, ormai da quattro
anni, non si dota del Piano formativo regionale della formazione professionale
con fondi regionali, finanziando tutto con le risorse del Fondo sociale
europeo. Cosa, questa, che non si dovrebbe fare perché a vietarlo è la stessa
Unione europea che, fino ad oggi, violando leggi e regolamenti che essa stessa
si è data, fa finta di non vedere tutto quello che succede in Sicilia in questo
settore, rendendosi complice di un’irregolarità ai danni di se stessa.
Tutto questo vale per il passato
e per il presente. Ma il ‘siluro’ che ha colpito Montante e il sistema di
potere del senatore Lumia riguarda anche il futuro. E’ noto a tutti che, guarda
caso in questi giorni, si è aperta la ‘caccia’ alle tre società che gestiscono
gli aeroporti siciliani. Sono la Sac, che gestisce gli aeroporti di Catania
Fontanarossa e Comiso; la Gesap, che gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’
di Palermo; e l’Airgest, che gestisce l’aeroporto ‘Vincenzo Florio’ di Trapani.
Per motivi ‘misteriosi’ queste tre società - fino ad oggi controllate da
soggetti pubblici - dovrebbero essere privatizzate. Si tratta di società che,
se gestite con oculatezza, potrebbero dare utili e ricchezza alla collettività.
Ma siccome siamo in Italia questa ricchezza se la debbono incamerare i privati.
A questo sembra che punti il governo Renzi che, non a caso, su questi e su
altri argomenti è perfettamente in linea con Berlusconi, alla faccia della
sinistra che lo stesso Pd di Renzi dice di rappresentare!
L’affare più grosso è
rappresentato dall’aeroporto di Catania, il più importante della Sicilia,
destinato a diventare un hub. Non a caso su questo aeroporto si è già gettato
come un falco Ivan Lo Bello, altro esponente di Confindustria Sicilia vicino a
Montante. Chi prenderà il controllo della Sac - società per azioni oggi
controllata dalle Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa,
dall’Istituto regionale per le attività produttive e dalle Province di Catania
e Siracusa - assumerà pure la gestione dell’aeroporto di Comiso, snodo
aeroportuale importante per il flusso turistico verso il Barocco di Noto,
Siracusa e Ragusa e per il trasporto cargo di tutta l’ortofrutta prodotta nelle
serre che, dal Ragusano, arrivano fino a Gela e Licata.
Un po’ meno importanti - ma non
per questo da tralasciare - gli aeroporti di Palermo e Trapani. Nella Gesap -
società che, come ricordato, gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ -
troviamo la Provincia di Palermo come socio di maggioranza, poi il Comune e la
Camera di Commercio, sempre di Palermo. Mentre l’Airgest fa capo per il 49 per
cento alla Provincia di Trapani, per il 2 per cento alla Camera di Commercio,
sempre di Trapani, e per il restante 49 per cento a un gruppo di privati.
Non sfugge agli osservatori che
Montante, oltre che presiedere la Camera di Commercio di Caltanissetta, è
presidente dell’Unioncamere, cioè dell’Unione delle Camere di Commercio della
Sicilia. E le Camere di Commercio, in tutt’e tre le eventuali privatizzazioni
delle società aeroportuali, giocheranno un ruolo centrale. Lo stesso discorso
vale per le Province siciliane, tutte commissariate e gestite dalla stessa
Regione, cioè dall’accoppiata Lumia-Crocetta…
Insomma, i conti tornano. O
meglio, cominciano a non tornare per Lumia, per Montante e per Crocetta. Tre
personaggi che hanno fatto fortuna utilizzando l’antimafia come trampolino di
lancio per la politica (e per gli affari). Ma adesso tutto questo mondo sembra
in difficoltà.
Una caduta che non sembra
risparmiare nemmeno il numero due di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro,
titolare della più grande discarica della Sicilia in quel di Siculiana, in
provincia di Agrigento. Sotto scacco - non a caso sempre da parte della
magistratura - è finita tutta la gestione dei rifiuti in Sicilia imperniata
ancora sulle discariche. Una follia tutta siciliana che inquina l’ambiente.
Va ricordato che quasi tutte le
discariche siciliane non sono a norma di legge. Nelle discariche non possono
essere sotterrati i residui organici, cioè il cosiddetto ‘umido’ che andrebbe
lavorato a parte. Invece in quasi tutte le discariche siciliane i camion pieni
di immondizia entrano, scaricano e vanno via. Ma questo non si può fare, la
legge non lo consente. E invece si fa. Ma adesso la festa sembra finita.
Non va meglio per la gestione
dell’acqua. Tutti in Sicilia sanno che, in due anni e oltre di legislatura, il
Parlamento siciliano, di fatto, ha bloccato il disegno di legge d’iniziativa
popolare per il ritorno alla gestione dell’acqua pubblica. La mafia, in Sicilia,
è sempre stata contro l’acqua pubblica. Era così ai tempi di Don Calogero
Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Ed è così anche oggi che la mafia opera da
Bruxelles, imponendo i proventi delle attività criminali nel calcolo del Pil
dei Paesi dell’Unione europea.
La mafia non vuole il ritorno
all’acqua pubblica. E la politica siciliana si sta adeguando alle ‘richieste
della mafia che, come insegna ‘Il Padrino’, in genere, non si possono
rifiutare. Questo spiega perché, proprio mentre scriviamo, mezza Regione siciliana
è mobilitata a bloccare i tentativi di alcuni Sindaci dell’Agrigentino di
gestire l’acqua nell’interesse dei cittadini. Un esempio ‘intollerabile’…
Insomma, tutto il mondo che gira
attorno a Lumia, Montante, Catanzaro, Lo Bello e Crocetta - che è un mondo di
politica legata agli affari, dall’agenzia dei beni confiscati alla mafia alla
gestione della burocrazia, dalle società aeroportuali ai rifiuti, fino
all’acqua - in un modo o nell’altro non sembra più in sintonia con una certa
idea di antimafia. La Giustizia da una parte e i grandi interessi che si
scontrano, dall’altra parte, stanno disegnando in Sicilia nuovi scenari.
BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA DECRETO-ACCREDITAMENTI
ANNULLATO
Venerdì 30 Gennaio 2015 -
17:27 di Accursio
Sabella
I giudici amministrativi hanno
accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto
dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti
pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal
governatore.
PALERMO - Nuova “bacchettata” del
Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo
della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una
quarantina tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il
decreto che disciplina gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In
particolare, nei confronti del passaggio in cui si prevede la revoca
dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica
amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario
persino alle regole del buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati
oltre. Bocciando, di fatto, l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale
sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il
motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva
invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della
Regione. Uno scivolone clamoroso.
Già alla fine del 2013, il Tar aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale del 23 luglio 2013. Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per l’accreditamento, strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.
In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.
I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.
Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.
L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO: "AI
MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
GIUSEPPE
MESSINA 10 OTTOBRE 2014
FORMAZIONE
E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei
dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio
della procura della repubblica di palermo
Ci sono volute cinque ore per
fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse del
Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa
Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione
professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti gli aspetti inerenti
l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini formativi
'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del
lavoro che in Sicilia sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di
oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della
vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi
particolari, supportata dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento
diretto alle ragioni della scelta di Italia lavoro e delle altre società
esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti
amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di
un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale
ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema
informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla
candidatura e dall'incrocio con le aziende decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa
Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema
informatico Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al
Piano della Garanzia Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con
il sistema dei Centri per l'impiego. A tal riguardo, la relazione tra i
tirocini e i Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del
citato interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio
formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che
possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno
richiesta, percependo una somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi.
All'azienda è riconosciuto un rimborso di 250 euro al mese al quale aggiungere
un BONUS
finale nel caso di assunzione a
tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.

Sono 2000 i tirocini messi a
bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo regionale.
Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila
lavoratori della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto
di una mozione di censura da parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto
ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione regionale sta
ancora valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una
nuova finestra per garantire l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che
'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che
sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di
migliaia di giovani che non sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i
soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in
una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della
dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex
dirigente generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto
in un clima di assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che
venissero mosse specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue
la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli
articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine,
inchiesta condotta da magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente
generale ripone massima stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio
alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata dai
miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si
è svolto all'insegna della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho
fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho
depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato
o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e
Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno,
limitandomi a spiegare gli atti che producevo".
"Ci sono volute cinque per
consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex
dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente
inerenti le procedure amministrative che hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la
dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno
seguita con molta attenzione".
L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
BRASIL 24 SETTEMBRE 2013
POLITICA –
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di
giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio?
il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da beppe
lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in sicilia,
nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei
"professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso
della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di
palermo.
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani?
Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi,
prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A
generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a
Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo
Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di
Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in
corso al San Paolo Palace di Palermo.
Il Senatore, con la
sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo:
Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il
mondo come volontà e rappresentazione". Di che si
tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli
esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il
filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E,
in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente, percepisce
solo lui:
"Questo e' un partito che si
isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un Presidente
per la prima volta davvero in grado di rompere col passato. I
cittadini siciliani, i giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente
nazionale del partito vedono il presidente Crocetta come una grande
risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il
documento del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone
l'abbandono della Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di
quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto
ci risulta, si parla di un Governo che si era
presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro
affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli
apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro
che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio
partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove
spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo
ma che tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno
schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di
Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il 21 Settembre scorso,
ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.
Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni
nell'Universo, e che magari, si è fermato anche al San
Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.
12
luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che
domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a
Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona
industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella
giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad
accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha
differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro
di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i
prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi
obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie
al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di
un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola,
di Marco Benanti
PENTITI CONTRO
LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo carico, secondo il
quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della procura di
Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di
Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette
fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di
Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del
ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni
confiscati
È il
delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori
siciliani nella rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta
però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un
vero e proprio paradosso, quello di Antonello Montante, presidente di
Confindustria Sicilia, che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per
reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella
su Montante, indicato pochi giorni
fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati,
che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo
carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le
dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore
Dario Di Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato
un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di
appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di
sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato
definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi
della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si
suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata),
che è stato compare di nozze di Montante.
Una notizia
già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete
venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo
Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli
anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo
17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane
conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata
soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di
Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro non erano
che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla
piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata
imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di
biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers
spa, un’azienda di ammortizzatori per
veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno
inizia ad impegnarsi anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del
codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un “nuovo
corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola,
dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali
emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan:
primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via definitiva a nove anni
per estorsione.
“No
comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire
all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari,
interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria
Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è
considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in
questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria
siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha avuto un ruolo
importante nell’elezione di Rosario Crocetta a
Palazzo d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole
scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni
pentiti parlano delle sue ‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto
ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,
oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ MARINO:
LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una
nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro
di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla
fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli
dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò
discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse
certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice
presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014
Dopo sette mesi dal suo
siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe
Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice
presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore
del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero
“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle
autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle
piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella
di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di
Confindustria Sicilia”.
Detto e sottoscritto
da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega
ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14
aprile scorso.
Oggi Marino rompe un
lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo
scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre
discariche e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti
pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle
Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la
criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato
l’immondizia della Campania”.
È un fiume in piena l’ex magistrato.
“Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha cercato di
fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio mandato, solo
della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di Giuseppe
Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni scorsi
sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche questa
formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al mittente
proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e
della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire
spazzatura” stanno venendo al pettine.
“La verità –
dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del
ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene
comune”.
A difendere l’ex assessore
scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino
Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di
Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore
Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di
trasparenza”.
“Va ricordato al presidente
Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni
rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a
favore della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.
E poi: “Catanzaro è il primo
imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta.
Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza
rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di
vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione
ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in legge
la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in quanto
le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata la
breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è che
Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito nella
gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza rifiuti
che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un attacco
al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con
dichiarazioni pubbliche anche a mio danno”.
Perché Crocetta difende Catanzaro
e attacca Marino?
“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.
Perché, dottor Marino, lei accusa
anche il presidente di Confindustria?
“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo
vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non
posso’.
‘Allora
veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel
Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi
di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando
Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato,
nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul
mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente
fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su
di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni
di questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti
di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione
contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque,
l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una
cosa del genere”.
E Crocetta?
“Cambiò discorso”.
Cosa avvenne a seguito della sua
inchiesta?
“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.
Qual è il ruolo del senatore
Lumia?
“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.
Perché Crocetta la nomina
assessore?
“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.
Un’operazione di facciata?
“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.
12 novembre 2014
RIFIUTI,
MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO
Il
vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino,
in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La
Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra
aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale
dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante,
“hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,
“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre
che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e
completamente destituite di ogni fondamento”.
La nota
diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa
nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e
all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie
di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri
cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.
A parere
di Marino,
sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la
realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che
perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il
governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”),
nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante,
sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come
sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione
siciliana”.
Un’intervista
durissima quella rilasciata ieri da Marino,
dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo
il siluramento subito dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati
di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in
questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per
la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea:
“Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una
seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica
dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio,
Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia:
“È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione
Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo
ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato
Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto
nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda –
aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che
rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta
storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si
dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”.
“Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle
scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo
stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare
l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche
pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue
affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA
SOLO?
La notizia è “il Presidente di
Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la
magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9
Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per
mafia“.
Una notizia bomba. Antonello Montante, infatti, oltre ad
essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di Confindustria per i problemi della
legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla
mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia
È del novembre 2014 l’altra accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria
siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era
puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma
non solo.
Marino ha indicando ciò che a suo parere
costituisce un sistema di potere e di collusioni formato
da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?),
Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come
sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione
siciliana.
Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato
Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito.
Anzi, ha rincarato la dose.
Questa Amministrazione – scrive
Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni
s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di
Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis
S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione
alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH”
della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per
discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta
culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per
il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in
rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe,
VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in
provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del
Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante
all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.
Montante indagato per mafia. Mah!
A proposito dell’incarico conferito da Angeli Alfano, ci
sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:
È giusto insomma che uno dei
membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle
mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue
finalità la gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?
Strano destino, quello di
Confindustria Sicilia.
Oggi abbiamo Montante indagato
per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la
Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona
l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria
Sicilia.
I suoi rapporti con l’ineffabile
avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 .
Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).
Definito “il vero boss”,
“l’avvocato dei misteri”.
Per il giudice Calia presenziò
perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli
interessi della mafia.
Amici inseparabili, lui e La
Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele Macaluso furono
i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3
Silvio Milazzo, dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 formò un secondo governo,
dove però non entrò più il MSI. Questo secondo governo ebbe allora un sostegno
variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici di Sicindustria,
allora guidata da Domenico La Cavera che già aveva rotto con
Confindustria, fino ad esponenti vicini alla mafia.
La Cavera ebbe relazioni anche
con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo
stesso Enrico Mattei.
È stato uno dei promotori insieme
a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato
nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni
compiute dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.
Ma i suoi affari in contiguità
con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della
SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo
Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra
Antonello Montante e Ivan Lo
Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.
Montante
e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia
ovest al primo e Sicilia est al secondo.
Presidenza della Camera di
Commercio di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio
siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal
Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.
Antonello Montante indagato per mafia. Si stenta a crederlo!
Dice il deputato regionale siciliano Leanza4
Lo Bello e Montante? Sono i padroni
della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune
voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole
sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle
Camere di Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli
aeroporti siciliani.
E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per
mafia.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA
DI ISOLA DELLE FEMMINE
A CURA DEL COMITATO CITTADINO
ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE
BATOSTA PER IL GOVERNO CROCETTA
DECRETO-ACCREDITAMENTI ANNULLATO
Venerdì
30 Gennaio 2015 - 17:27 di Accursio Sabella
I giudici amministrativi hanno
accolto il ricorso di decine di enti tra cui l'Anfe e lo Ial. Il decreto
dell'assessore Scilabra che stabiliva i requisiti per ottenere i finanziamenti
pubblici è illegittimo: doveva essere deliberato dalla giunta e firmato dal
governatore.
PALERMO - Nuova “bacchettata” del
Tar al governo Crocetta. Una bocciatura che rischia di far esplodere il mondo
della Formazione. I giudici amministrativi hanno dato ragione a una
quarantina tra enti e associazioni che avevano presentato un ricorso contro il
decreto che disciplina gli accreditamenti nel mondo dei corsi professionali. In
particolare, nei confronti del passaggio in cui si prevede la revoca
dell'accreditamento in caso di presenza di contenziosi tra l'ente e la pubblica
amministrazione. Un provvedimento che era apparso fin da subito contrario
persino alle regole del buon senso. Ma i giudici amministrativi sono andati
oltre. Bocciando, di fatto, l'intero provvedimento. Quello sulla base del quale
sono stati distribuiti e sono stati tolti gli accreditamenti agli enti. E il
motivo è quasi grottesco: quel provvedimento, firmato da Nelli Scilabra, doveva
invece – stando allo Statuto – essere sottoscritto dal presidente della
Regione. Uno scivolone clamoroso.
Già alla fine del 2013, il Tar
aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da queste
associazioni. Con due distinti ricorsi: uno dell'Anfe Sicilia e di altre
associazioni e uno di un nutrito gruppo di enti. Enti che, come detto, si erano
opposti contro le norme contenute nel decreto assessoriale del 23 luglio 2013.
Si tratta, del provvedimento che elenca i nuovi requisiti per l’accreditamento,
strumento utile per poter partecipare alla distribuzione dei contributi
pubblici per lo svolgimento dei corsi di Formazione.
In quell’atto, firmato come detto dall'allora assessore Nelli Scilabra, fra le altre cose, si inibiva l'accreditamento a quegli enti che avessero in corso "liti" e contenziosi con l'amministrazione regionale. Ma un primo e più grave vizio di quel decreto sta proprio nel “firmatario”. Quelle disposizioni, infatti, precisano i giudici “hanno la caratteristica della novità, introducendo condizioni, caratterizzate altresì dalla generalità ed astrattezza, ulteriori rispetto a quelle fino a quel momento esistenti l’accreditamento di enti di formazione e per il mantenimento dello medesimo status: in altri termini quelle di cui si discute si atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario rispetto la disciplina primaria”. Veri e propri regolamenti, quindi, che, stando allo Statuto siciliano “devono essere deliberati dalla Giunta di Governo ed adottati nella forma del Decreto Presidenziale, mentre ai singoli assessori spetta esclusivamente il potere di proporre l’adozione di regolamenti nelle materie di rispettiva competenza. Nel caso di specie – si legge - il decreto oggetto di impugnazione non risulta adottato in conformità al quadro normativo appena richiamato. Conseguentemente lo stesso decreto risulta illegittimo”.
I ricorsi accolti sono due: uno è stato proposto da Asef e Anfop, associazioni che raccolgono diversi enti, assistite dal legale Carlo Comandé. "L'aspetto importante - sottolineano dallo studio Comandé - è che è stato annullato l'intero decreto per effetto di una contestazione preliminare fatta da noi: non doveva essere un decreto assessoriale, ma un decreto del presidente della Regione. Il provvedimento doveva dunque passare da un ok del Cga". L'altro è stato proposto dall'Anfe, dallo Ial e da un'altra ventina di enti (tra questi l'Interefop, il Cufti, l'Anapia, l'Ecap di Agrigento) difesi dagli avvocati Sebastiano Papandrea e Fulvio Ingaglio.
Oltre a una causa di illegittimità legata al mancato rispetto delle norme sul soggetto che ha la potestà di emanare regolamenti, poi, ecco che i giudici entrano nel merito di quel passaggio relativo all'eventuale lite pendente (od anche sopravvenuta) che, spiegano i giudici amministrativi, “non è di per sé indice della inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa (con riconoscimento delle relative ragioni). Inoltre, - si legge nella sentenza - è sintomatico della non necessaria finalizzazione alla selezione qualitativa dei partecipanti, il fatto che la clausola in esame individui come fatti ostativi non solo le liti attuali, ma altresì quelle passate”. Una norma non solo incomprensibile, spiegano i giudici, ma anche inutile. Non porterebbe, infatti, alcun vantaggio all'attività amministrativa: “Una simile previsione – si legge infatti - non ha alcuna proiezione sul terreno dell’efficacia dell’azione amministrativa, ma unicamente una evidente ed univoca finalità di penalizzazione, dal momento che l’esercizio del diritto di difesa (principale interesse antagonista a quello dell’amministrazione), di cui all’articolo 24 della Costituzione, sembra costituire un fatto ostativo rispetto alla stipula di contratti con l’amministrazione intimata, anche in relazione a vicende ormai definite ed a rapporti esauriti”. Agli enti, stando a quel passaggio indicato dal governatore, in quei giorni, quasi come un segno della “moralizzazione” in atto nel mondo della Formazione, non sarebbe stato garantito il diritto di difendersi dalla Regione, visto che la conseguenza sarebbe stata quella dell'immediata estromissione dai finanziamenti pubblici. Un ingiustizia. E due errori in uno. La Regione scivola ancora una volta e clamorosamente. Sul terreno insidioso della Formazione siciliana.
L'INCHIESTA SUL FLOP-DAY, ANNA ROSA CORSELLO:
"AI MAGISTRATI HO CONSEGNATO LE CARTE E SPIEGATO TUTTO"
GIUSEPPE
MESSINA 10 OTTOBRE 2014
FORMAZIONE
E LAVORO – La documentazione fornita dall'ex dirigente generale dei
dipartimenti formazione e lavoro della regione siciliana e' adesso al vaglio
della procura della repubblica di palermo
Ci sono volute cinque ore per
fare luce sulla gestione dei tirocini formativi finanziati con le risorse del
Piano Giovani e sul flop day dello scorso 5 agosto.
La dottoressa Anna Rosa
Corsello, ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e Formazione
professionale ha esaminato, davanti ai magistrati della Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Palermo, tutti gli aspetti inerenti
l'attuazione del Piano Giovani e, in particolare, i tirocini formativi
'appaltati' senza gara ad Italia Lavoro, la società del Ministero del
lavoro che in Sicilia sembra aver trovato l' 'America'.
Nel lunghissimo interrogatorio di
oggi, i magistrati hanno focalizzato l'attenzione su alcuni aspetti della
vicenda che la dottoressa Corsello ha puntualmente spiegato nei minimi
particolari, supportata dall'ampia documentazione depositata. Dall'affidamento
diretto alle ragioni della scelta di Italia lavoro e delle altre società
esterne alla Regione: Formez, Ett e Sviluppo Italia Sicilia. Atti
amministrativi effettuati dall'Amministrazione regionale sulla base di
un'apposita delibera adottata dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta.
Inoltre, l'ex dirigente generale
ha chiarito ai magistrati i problemi generati dall'utilizzo del sistema
informatico che, inceppatosi lo scorso 5 agosto, ha estromesso dalla
candidatura e dall'incrocio con le aziende decine di migliaia di giovani.
In particolare, la dottoressa
Corsello si è soffermata sugli affidamenti diretti inerenti al sistema
informatico Silav creato per gestire le adesioni dei giovani entro i 25 anni al
Piano della Garanzia Giovani Sicilia e che hanno riguardato il collegamento con
il sistema dei Centri per l'impiego. A tal riguardo, la relazione tra i tirocini
e i Centri per l'impiego è strato oggetto di confronto nel corso del citato
interrogatorio.
Lo strumento del tirocinio
formativo, lo ricordiamo, è destinato ai giovani tra i 18 ed e 35 anni che
possono usufruire di un periodo di lavoro presso le aziende che ne fanno
richiesta, percependo una somma pari a 500 euro al mese per complessivi 6 mesi.
All'azienda è riconosciuto un rimborso di 250 euro al mese al quale aggiungere
un BONUS
finale nel caso di assunzione a
tempo determinato che aumenta se il contratto è subordinato.

Sono 2000 i tirocini messi a
bando in Sicilia non ancora assegnati per l'insipienza del Governo regionale.
Anche per questo - e non solo per aver lasciato senza stipendio oltre 8 mila
lavoratori della Formazione professionale - l'assessore Scilabra sarà oggetto
di una mozione di censura da parte dell'Ars.
Il flop-day dello scorso 5 agosto
ha paralizzato l'attività amministrativa. L'Amministrazione regionale sta
ancora valutando se validare il click-day dello scorso 5 agosto e aprire una
nuova finestra per garantire l'accesso ai giovani.
Dalle ultime notizie, pare che
'appatteranno le carte' assegnando i mille e 600 tirocini ai 'fortunati' che
sono riusciti a collegarsi al discusso sito, in barba ad altre decine di
migliaia di giovani che non sono riusciti a collegarsi. Così avrebbero deciso i
soliti Azzeccagarbugli.
Tornando all'interrogatorio, in
una nota pervenuta in redazione, Salvatore Modica, uno dei legali della
dottoressa Anna Rosa Corsello riferisce che l'interrogatorio, richiesto dall'ex
dirigente generale dei dipartimenti Lavoro Formazione professionale si è svolto
in un clima di assoluta serenità e di massima collaborazione, senza che
venissero mosse specifiche accuse.
La dottoressa Corsello, prosegue
la nota, ha fornito ampie e dettagliate spiegazioni in ordine agli
articolati passaggi tecnici che connotano le vicende oggetto di indagine,
inchiesta condotta da magistrati attenti e rigorosi sui quali l'ex dirigente
generale ripone massima stima e fiducia farà il proprio corso.
"Ho avuto ieri pomeriggio
alle 15,30 l'incontro da me richiesto e mi sono presentata accompagnata dai
miei legali - racconta al giornale la dottoressa Corsello -. L'incontro si
è svolto all'insegna della massima collaborazione e cordialità - aggiunge - ho
fornito i chiarimenti per i quali avevo chiesto di essere sentita ed ho
depositato gli atti inerenti la procedura amministrativa".
"Nulla mi è stato contestato
o addebitato - ci dice l'ex dirigente generale dei dipartimenti Lavoro e
Formazione professionale - e non ho mosso accuse nei confronti di alcuno,
limitandomi a spiegare gli atti che producevo".
"Ci sono volute cinque per
consentire ai magistrati di verbalizzare i chiarimenti - sottolinea l'ex
dirigente generale dei dipartimenti Formazione e Lavoro - esclusivamente
inerenti le procedure amministrative che hanno riguardato il mio operato".
"Sono serena - conclude la
dottoressa Corsello - e mi rimetto alle valutazioni dei magistrati che mi hanno
seguita con molta attenzione".
L'AMARO/ LUMIA COME SCHOPENHAUER: IL MONDO È COME LO VEDI
BRASIL 24 SETTEMBRE 2013
POLITICA –
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani? non è che con la fretta di
giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi, prendiamo qualche abbaglio?
il dubbio irrompe all'improvviso. A generarlo sono le parole pronunciate da
beppe lumia, senatore del pd a roma, promotore de il megafono in
sicilia, nonché regista del governo crocetta insieme con la lobby dei
"professionisti dell'antimafia" di confindustria sicilia, nel corso
della direzione regionale del pd, ancora in corso al san paolo palace di
palermo.
Non è che sottovalutiamo i politici siciliani?
Non è che con la fretta di giudicarli quali ascari, tiranni ed affaristi,
prendiamo qualche abbaglio? Il dubbio irrompe all'improvviso. A
generarlo sono le parole pronunciate da Beppe Lumia, Senatore del Pd a
Roma, promotore de il Megafono in Sicilia, nonché regista del Governo
Crocetta insieme con la lobby dei "professionisti dell'antimafia" di
Confindustria Sicilia, nel corso della direzione regionale del Pd, ancora in
corso al San Paolo Palace di Palermo.
Il Senatore, con la
sua capacità oratoria, ha ricordato a tutti un grandissimo filosofo:
Arthur Schopenhauer e la sua opera somma: "Il
mondo come volontà e rappresentazione". Di che si
tratta? Detto in maniera molto rozza (non abbiamo la saggezza degli
esponenti del Megafono), in questo capolavoro dell'intelletto umano, il
filosofo tedesco sostiene che ognuno di noi percepisce la realtà che vuole. E,
in effetti, Lumia, nel suo intervento parla di cose che, evidentemente,
percepisce solo lui:
"Questo e' un partito che si
isola dalla stampa nazionale e mondiale, che vede con simpatia un Presidente
per la prima volta davvero in grado di rompere col passato. I
cittadini siciliani, i giornali, l'opinione pubblica, la classe dirigente
nazionale del partito vedono il presidente Crocetta come una grande
risorsa"ha detto dinnanzi ad una platea inferocita che ha votato il
documento del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che propone
l'abbandono della Giunta Crocetta.
Ma che giornali legge Lumia? Di
quale opinione pubblica parla? E, soprattutto, dove vive? In Sicilia, a quanto
ci risulta, si parla di un Governo che si era
presentato come rivoluzionario, e che invece si è piegato ai diktati di quattro
affaristi, peraltro non eletti, e si è inchinato dinnanzi a quelli degli
apparati ministeriali romani legati alle oligarchie finanziarie dell'Ue. Altro
che popolo Siciliano...
Forse, il Senatore dal doppio
partito, non ha letto la seconda parte dell'opera del filosofo tedesco. Dove
spiega che vero è che la realtà fenomenica è come c'è la rappresentiamo
ma che tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno
schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di
Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.
Il 21 Settembre scorso,
ricorreva l'anniversario della morte del filosofo tedesco, datata 1860.
Non è da escludere che il suo spirito stia vagando proprio in questi giorni
nell'Universo, e che magari, si è fermato anche al San
Paolo Palace hotel. Ma solo per pochi secondi.
12
luglio 2013 - 20:29
Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che
domina in Sicilia. Nel silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a
Confindustria, rischia di essere svenduta a imprenditori amici, la zona
industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella
giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad
accettare l’incarico assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha
differenze di vedute con il sindaco su Corso dei Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro
di Catania, che potrebbe cambiare il volto della città per i
prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei numerosi
obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie
al decisivo ruolo del governatore di Sicilia, a tessere le fila di
un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per le sorti dell’Isola,
di Marco Benanti
PENTITI CONTRO
LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo carico, secondo il
quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della procura di
Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di
Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette
fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di
Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del
ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni
confiscati
È il
delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori
siciliani nella rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta
però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un
vero e proprio paradosso, quello di Antonello Montante, presidente di
Confindustria Sicilia, che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per
reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella
su Montante, indicato pochi giorni
fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati,
che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo
carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le
dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore
Dario Di Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato
un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di
appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di
sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato
definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi
della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si
suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata),
che è stato compare di nozze di Montante.
Una
notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete
venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo
Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli
anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo
17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane
conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata
soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di
Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro non erano
che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla
piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata
imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di
biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers
spa, un’azienda di ammortizzatori per
veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno
inizia ad impegnarsi anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del
codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un “nuovo
corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola,
dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali
emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan:
primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via definitiva a nove anni
per estorsione.
“No comment,
altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire
all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari,
interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria
Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto indagine è
considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in
questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria
siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha avuto un ruolo
importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo
d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole
scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni
pentiti parlano delle sue ‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto
ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,
oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ MARINO:
LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA”
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una
nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro
di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla
fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli
dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò
discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse
certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice
presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014
Dopo sette mesi dal suo
siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe
Catanzaro e il presidente Antonello Montante –, contro il vice
presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo Bello, contro il senatore
del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero
“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle
autorizzazioni alle “manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle
piattaforme pubbliche per favorire le discariche private, specie quella
di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di Confindustria
Sicilia”.
Detto e sottoscritto
da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega
ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14
aprile scorso.
Oggi Marino rompe un
lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo
scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre
discariche e nel nostro sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti
pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né dall’Arpa, né dalle
Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la
criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato
l’immondizia della Campania”.
È un fiume in piena l’ex
magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente Crocetta ha
cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio
mandato, solo della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di
Giuseppe Catanzaro, trascurando quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni
scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta Sant’Anastasia (anche
questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al
mittente proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e
della Commissione nazionale antimafia – i nodi dell’“affaire
spazzatura” stanno venendo al pettine.
“La verità –
dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del
ciclo dei rifiuti, cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene
comune”.
A difendere l’ex assessore
scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco, Nino
Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di
Motta: “Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore
Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di
trasparenza”.
“Va ricordato al presidente
Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni
rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a
favore della discarica del vice presidente di Confindustria Sicilia”.
E poi: “Catanzaro è il primo
imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo Crocetta.
Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza
rifiuti. Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di
vice presidente di Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione
ambiente del Senato, Marinello, sostenendo che non bisognava convertire in
legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle discariche, in
quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata
la breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è
che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito
nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza
rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha sferrato un
attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con
dichiarazioni pubbliche anche a mio danno”.
Perché Crocetta difende Catanzaro
e attacca Marino?
“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.
Perché, dottor Marino, lei accusa
anche il presidente di Confindustria?
“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo
vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non
posso’.
‘Allora
veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel
Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi
di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro Ferdinando
Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato,
nonché appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul
mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente
fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne di più su
di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni
di questo tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti
di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione
contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto.
Alla fine si calmano le acque,
l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una
cosa del genere”.
E Crocetta?
“Cambiò discorso”.
Cosa avvenne a seguito della sua
inchiesta?
“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.
Qual è il ruolo del senatore
Lumia?
“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”.
Perché Crocetta la nomina
assessore?
“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”.
Un’operazione di facciata?
“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.
12 novembre 2014
RIFIUTI,
MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO
Il
vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione
industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino,
in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La
Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra
aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale
dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante,
“hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia, “rinvenendosi
nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che
riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente
destituite di ogni fondamento”.
La nota
diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa
nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e
all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe
Catanzaro di essere stato destinatario, secondo
l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica
di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo stesso Catanzaro
gestisce”.
A parere
di Marino,
sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la
realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che
perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il
governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”),
nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante,
sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come
sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione
siciliana”.
Un’intervista
durissima quella rilasciata ieri da Marino,
dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo
il siluramento subito dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati
di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in
questi giorni sono scesi in campo il sindaco di
Misterbianco, Nino Di Guardo,
e di Furnari, Mario Foti,
che da anni lottano per la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e
di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che
stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica
dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio,
Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia:
“È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione
Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo
ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato
Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto
nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge
– mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la
vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta storica e senza
precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si dialoga e ci si
confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”. “Col presidente
Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle scelte
amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo stare
zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa
sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e
contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue
affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
MONTANTE INDAGATO PER MAFIA. E IVAN LO BELLO RESTA
SOLO?
La notizia è “il Presidente di
Confindustria Sicilia Antonello Montante indagato per mafia”. Sarà la
magistratura a stabilire la verità, ma è tutto come un “deja vu”.
Su “L’Ora Quotidiano” del 9
Febbraio 2015: “Pentiti contro leader di Confindustria: Montante indagato per
mafia“.
Una notizia bomba. Antonello
Montante, infatti, oltre ad essere il Presidente di Confindustria Sicilia, è:
Delegato nazionale di
Confindustria per i problemi della legalità;
Componente dell’Agenzia Nazionale
per i beni confiscati alla mafia (su designazione del Ministero dell’Interno);
Presidente della Camera di
Commercio di Caltanissetta;
Presidente di Unioncamere Sicilia
È del novembre 2014 l’altra
accusa. Quella che il magistrato Nicolò Marino mosse ai vertici di Confindustria
siciliana. La questione era legata alla gestione dei rifiuti e il dito era
puntato sul vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ma
non solo.
Marino ha indicando ciò che
a suo parere costituisce un sistema di potere e di collusioni formato
da Montante, Lo Bello, Lumia (senatore PD. Poteva mancare il PD?),
Catanzaro e lo stesso Presidente della Regione Siciliana Crocetta.
Crocetta ha goduto degli appoggi
di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come
presidente della Regione siciliana.
Montante e Lo Bello hanno prontamente querelato
Nicolò Marino che, però, pare non essersi affatto intimidito.
Anzi, ha rincarato la dose.
Questa Amministrazione – scrive
Marino – è ben a conoscenza che nel lontano 1995 la Catanzaro Costruzioni
s.r.l. ebbe ad aggiudicarsi il servizio per la gestione della discarica di
Siculiana in ATI con la FORNI ed Impianti industriali Ing. De Bartolomeis
S.p.a. di Milano (l’unica in possesso dei requisiti per la partecipazione
alla gara), questa ultima coinvolta successivamente nell’inchiesta “TRASH”
della DDA di Palermo, per vicende connesse alla turbativa d’asta in gare per
discariche, depuratori ed altri impianti di smaltimento, inchiesta
culminata finanche nell’arresto del suo direttore generale, Massimo Tronci, per
il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, risultato in
rapporti di affari con RIINA Salvatore, BUSCEMI Antonio, LIPARI Giuseppe,
VIRGA Vincenzo, NANIA Filippo, BRUSCA Giovanni e SIINO Angelo1
Per inciso, Siculiana è in
provincia di Agrigento. Provincia di Giuseppe Catanzaro, ma anche del
Ministro dell’Interno Angelino Alfano, lo stesso che ha nominato Montante
all’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia.
Montante indagato per mafia. Mah!
A proposito dell’incarico
conferito da Angeli Alfano, ci sarebbe pure quel piccolo problema sul conflitto di interessi:
È giusto insomma che uno dei
membri del consiglio direttivo dell’Agenzia che assegna i beni confiscati alle
mafie sia anche uno dei più influenti soci di un ente che ha tra le sue
finalità la gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra?
Strano destino, quello di
Confindustria Sicilia.
Oggi abbiamo Montante indagato
per mafia, ma dei vertici di Confindustria Sicilia ebbe già ad interessarsi la
Commissione nazionale Antimafia degli anni ’70 che, in diverse pagine, menziona
l’ing. Domenico (Mimì) La Cavera, l’allora Presidente di Confindustria
Sicilia.
I suoi rapporti con l’ineffabile
avvocato Vito Guarrasi di Palermo2 .
Strano tipo, Vito Guarrasi. Imparentato con Enrico Cuccia(Mediobanca).
Definito “il vero boss”,
“l’avvocato dei misteri”.
Per il giudice Calia presenziò
perfino alla sottoscrizione del trattato di Cassibile, rappresentando gli
interessi della mafia.
Amici inseparabili, lui e La
Cavera. Insieme e con il deputato comunista Emanuele Macaluso furono
i fautori e i sostenitori della “stagione del milazzismo” in Sicilia3
Silvio Milazzo, dopo le elezioni,
il 12 agosto 1959 formò un secondo governo, dove però non entrò più il MSI.
Questo secondo governo ebbe allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai
monarchici, ai vertici di Sicindustria, allora guidata da Domenico La
Cavera che già aveva rotto con Confindustria, fino ad esponenti
vicini alla mafia.
La Cavera ebbe relazioni anche
con l’altro (oltre lo stesso Guarrasi) grande attore del “Caso
Mattei”, Graziano Verzotto, e con lo stesso Enrico Mattei.
È stato uno dei promotori insieme
a Vito Guarrasi e Graziano Verzotto della Sofis (ente pubblico siciliano nato
nel 1957) di cui fu nominato direttore. Il suo nome compare nelle relazioni
compiute dalla Commissione parlamentare antimafia negli anni ’70.
Ma i suoi affari in contiguità
con la mafia andavano oltre:
Fu amministratore delegato della
SIRAP, (società controllata dall’ESPI), coinvolta nell’indagine su Angelo
Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra
Antonello Montante e Ivan Lo
Bello per Domenico La Cavera erano “i ragazzi”.
Montante
e Lo Bello (e Catanzaro) son sempre andati d’amore e d’accordo. Sicilia
ovest al primo e Sicilia est al secondo.
Presidenza della Camera di
Commercio di Caltanissetta al primo, quella di Siracusa al secondo.
Altre grandi Camere di Commercio
siciliane (Catania e Messina) – ma anche Enna, ad esempio – sono tenute dal
Governo Crocetta in condizione di commissariamento di dubbia legittimità.
Antonello Montante indagato per
mafia. Si stenta a crederlo!
Dice il deputato regionale
siciliano Leanza4
Lo Bello
e Montante? Sono i padroni della Sicilia
Solo ultimamente, secondo alcune
voci, si sarebbero creati dissapori tra loro, ma lingue ancor più malevole
sostengono che sia tutto “teatro”. In ballo ci sono gli accorpamenti delle
Camere di Commercio siciliane e con essi la gestione delle (s)vendite degli
aeroporti siciliani.
E adesso ci si ritrova Antonello Montante indagato per
mafia.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE
FEMMINE
LO SCANDALO DEI POTERI INVISIBILI ZOOM
SULL'AVVOCATURA DELLO STATO
Giovedì 05 Febbraio 2015 - 17:01
di Salvo Toscano
Con un imbarazzante parere, l'Avvocatura suggerisce al
governo di non costituirsi parte civile al processo contro un funzionario per
corruzione, perché non desta "allarme sociale". Ma già altri
pronunciamenti dell'ufficio avevano messo nei guai la giunta. Che, fragile e
maldestra, delega all'oracolo anche le decisioni più politiche
PALERMO – La decisione non era
passata inosservata. Ed era stata raccontata da Riccardo Lo Verso su
Livesicilia il 19 gennaio scorso. La decisione era quella del governo
regionale di non costituirsi parte civile, tramite l'Avvocatura dello Stato, al
processo che vede imputati Gianfranco Cannova, funzionario dell'assessorato
regionale Territorio Ambiente, e quattro imprenditori, tutti accusati di
corruzione. Oggi un tassello in più della clamorosa vicenda lo
aggiunge Repubblica, che dà notizia delle motivazioni addotte
dall'Avvocatura dello Stato a supporto della scelta di non costituirsi parte
civile. Secondo l'Avvocatura, riporta il giornale, la corruzione "non
costituisce allarme sociale", e il danno all'erario è esiguo. E dire che
proprio su questo caso Rosario Crocetta aveva tuonato pubblicamente. Nel corso
di una conferenza stampa pochi giorni dopo il blitz il
governatore commentò: "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo
l'inizio. Stiamo vagliando l'ipotesi della confisca o dell'esproprio
per pubblica utilità delle discariche private". L'inchiesta
riguardava un
presunto giro di mazzette (ammesse dallo stesso funzionario) nell'ambito dello
smaltimento dei rifiuti.
Insomma, malgrado i ripetuti
allarmi lanciati a più riprese dai massimi vertici istituzionali sul tema, la
corruzione secondo l'Avvocatura dello Stato, almeno nella fattispecie, non
desta allarme sociale. Una posizione che sta suscitando scandalo e scatenando
polemiche, e che è stata stigmatizzata dallo stesso Crocetta, che secondo
Repubblica è “caduto dalle nuvole” apprendendo della vicenda, in merito alla
quale ha annunciato INDAGINI
interne. Più che la scelta in sé,
infatti, a colpire sono da un lato le motivazioni addotte e dall'altro la
reazione spaesata del governo. Sì, perché laddove la politica è debole e
distratta, altri poteri incrementano il proprio peso specifico. L'Avvocatura
dello Stato, con i suoi pareri, non fa eccezione. Anzi, i pareri dell'ufficio
sono diventati pane quotidiano e bussola per una politica fragile e insicura,
in tempi carichi di insidie. Anche nell'ambito di decisioni in cui l'ultima
parola dovrebbe spettare alla politica. Ne è nato quasi un tutt'uno, una sorta di governicchio parallelo le cui mosse sono
state in più d'una occasione smontate da altri poteri discreti, come quello
della Corte dei conti.

In effetti, nel recente passato
l'Avvocatura ha manifestato parametri di giudizio a volte controversi. La
“morbidezza” sulla vicenda Cannova, ad esempio, stride con l'intransigenza
mostrata su un altro caso – ovviamente ben diverso dal punto di vista giuridico
– che invece è stato al centro dell'attenzione dei media, quello sul vitalizio
di Totò Cuffaro. Nel maggio scorso l'Ars chiese un parere sulla vicenda
all'Avvocatura. La norma infatti, scriveva Palazzo dei Normanni, prevedeva la
sospensione del vitalizio dei parlamentari solo per reati contro la pubblica
amministrazione. L'Avvocatura distrettuale di Palermo scrisse che la
sospensione del vitalizio era invece giustificata dalle norme del codice penale
(in particolare gli articoli 28 e 29), specificando che il vitalizio non è
assimilabile a una pensione. Un responso che arrivò anche sull'onda delle proteste
di una parte di opinione pubblica e nel clima scottante causato dalla vasta eco
mediatica scatenata dal caso. Per aver man forte sulla propria interpretazione,
l'Avvocatura di Palermo chiese conforto all'Avvocatura generale dello Stato,
che confermò quella interpretazione. Curioso però che malgrado il riferimento a
norme nazionali, il vitalizio non sia ancora stato sospeso - o almeno non se ne
ha notizia - ai parlamentari nazionali condannati e che al momento il codice
penale sembrerebbe applicarsi al solo Cuffaro.
D'altronde, il parere sul caso Cannova non è il primo a “inguaiare” il governo regionale. Già in un paio di vicende eclatanti i buoni consigli dell'Avvocatura hanno messo in difficoltà la giunta regionale. Emblematico il caso delle assunzioni a Sicilia e-Servizi, che avevano avuto il parere favorevole dell'Avvocatura e che sono state invece contestate dalla Corte dei conti (che ha accusato di danno erariale lo stesso avvocato dello Stato Dell'Aira). L'altra insidia arrivò dalla Sanità e dalle nomine dei direttori generali delle aziende catanesi Paolo Cantaro e Angelo Pellicanò. Nomine giunte il giorno prima dell'entrata in vigore del decreto Renzi che stoppava gli incarichi manageriali per le persone in quiescenza. Quanto basta per spingere il governo regionale a chiedere appunto un parere all'Avvocatura. Secondo l'avvocato dello Stato, quelle nomine andavano stoppate perché il rapporto di lavoro si sarebbe formalizzato all'atto della sottoscrizione del contratto, che sarebbe giunto, quindi, dopo l'entrata in vigore del decreto "stoppa-pensionati". Così, è partita la revoca di quelle nomine, che ha anche innescato forti polemiche e l'apertura di un fascicolo da parte della Procura di Catania. Qualche settimana dopo è lo stesso ministro Madia a fornire, attraverso una circolare esplicativa, la corretta interpretazione della norma. Una interpretazione che smentisce il parere dell'avvocatura: le nomine sono arrivate prima dell'entrata in vigore del decreto. E quindi non sono sottoposte ai limiti previsti dalla norma.
Uno schema analogo: la politica cerca riparo nel parere dell'oracolo, i magistrati contabili o il governo nazionale smontano tutto. E adesso arriva lo scandalo Cannova. Che irrita, tardivamente, lo stesso governo regionale offrendone un'immagine maldestra. Governo che proprio in questi giorni è chiamato a decidere su un'altra eventuale costituzione di parte civile. Quella nel procedimento davanti al Tribunale di Palermo che coinvolge undici persone, tra cui l'ex assessore regionale Pippo Gianni - l'udienza preliminare è stata fissata per il 25 febbraio - per una vicenda di presunta corruzione nell'ambito delle energie alternative.
CORRUZIONE, LA REGIONE NON SI COSTITUISCE PARTE
CIVILE M5S: “VERGOGNOSO” E PARTONO INTERROGAZIONI ALL’ARS E ALLA CAMERA
PUBBLICATO IL 5 FEBBRAIO 2015



Inviata a Crocetta anche una lettera a firma di tutti i
deputati siciliani del Movimento all’Ars, alla Camera, al Senato e a Bruxelles
La missiva sottoscritta pure dai sindaci Cinquestelle
Due interrogazioni all’Ars e alla
Camera e una lettera al presidente della Regione. Il movimento 5 Stelle reagisce
con forza in Sicilia, a Roma e a Bruxelles alla “allucinante decisione” della
Regione di non costituirsi parte civile nel
procedimento contro un funzionario che ha ammesso di aver ricevuto denaro in
cambio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. I deputati condannano
anche l’ancor più assurdo parere dell’Avvocatura dello Stato, che non ha
ravvisato nel comportamento del funzionario “nessun allarme sociale”
“Crocetta – afferma il deputato all’Ars Giancarlo Cancelleri – è lesto a issare il vessillo dell’antimafia in qualsiasi occasione, ma quando c’è da far parlare i fatti rimane spesso indietro. E corruzione e mafia vanno spesso a braccetto. Ci spieghi i motivi di questa assurda decisione che nessun sconclusionato parere dell’Avvocatura dello Stato potrà mai giustificare”.
“All’amarezza sulla mancata presenza della Regione a questo processo – afferma la deputata a sala d’Ercole Angela Foti - si aggiunge la beffa delle motivazioni espresse dall’avvocatura. Cadono le braccia. Con questo governo abbiamo gettato la spugna della speranza. Troppe le azioni scellerate, come la cacciata di Marino all’indomani del dossier sulle discariche private in Sicilia, depositato e secretato presso la commissione antimafia Ars e alla Procura. Evidentemente l’ ‘affaire’ rifiuti in Sicilia non deve essere smosso, se non con le chiacchiere. C’è comunque un altro processo, ‘Terra mia’, in cui la Regione può costituirsi parte civile. Crocetta non si lasci sfuggire quantomeno questa occasione”
“Dalla mia posizione sul banco della presidenza – afferma la deputata alla Camera Claudia Mannino l’ho visto con i miei occhi, Crocetta, il grande elettore siciliano, spellarsi le mani per applaudire il presidente della Repubblica durante discorso d’insediamento. Mattarella ha parlato di livelli inaccettabili della corruzione che favorisce le consorterie e penalizza gli onesti. Un vero attore. Prima si commuove poi rientra a Palermo e fa spallucce”
La Mannino e gli altri deputati alla Camera M5S proporranno ai deputati siciliani degli altri partiti di firmare l’interrogazione rivolta sull’argomento al Presidente del Consiglio. Intanto tutti i parlamentari M5S di Camera, Senato ed Ars hanno indirizzato una lettera a Crocetta, sottoscritta anche dall’eurodeputato Corraro e dai sindaci di Bagheria e Ragusa, Cinque e Piccitto.
Nella lettera si legge tra l’altro “la corruzione è corruzione e la costituzione di parte civile, aldilà del parere dell’Avvocatura dello Stato a dir poco irrituale, sarebbe stata un’autentica occasione per dire no… Il suo comportamento è, a nostro parere ingiustificabile. Proprio Lei che da parlamentare europeo ha ricoperto l’incarico di Vice Presidente della Commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro. Perché?
Sconcerta tanta disattenzione soprattutto se si pensa che, proprio Lei, era deputato europeo quando la Commissione con la nota 19-1-2011 ha presentato al Parlamento europeo, la STRATEGIA TEMATICA SULLA PREVENZIONE E IL RICICLAGGIO DEI RIFIUTI…”
Signor Presidente,
alcune settimane fa, qui a Palermo, il
presidente dell'Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone ha dichiarato che per
tenere legati le
istituzioni e l'apparato burocratico, le
organizzazioni mafiose ricorrono alla corruzione più che agli atti intimidatori,
sottolineando che l'autorità da lui presieduta, in Sicilia sta indagando sui
rifiuti.
Il messaggio del magistrato era chiaro,
bisogna punire i colpevoli e premiare chi
rispetta le regole.
Presidente Crocetta, avevamo confidato
nelle sue parole e ci saremmo aspettati che le stesse potessero produrre fatti
concreti, invece, apprendiamo, con stupore, dalla stampa che la Regione Sicilia
“malgrado tutto” non si espone, non prende il toro della corruzione per le
corna, neppure di fronte all’evidenza di un funzionario infedele e reo
confesso.
Signor Presidente, la corruzione è corruzione e la costituzione di parte civile,
aldilà del parere dell’Avvocatura dello Stato a dir poco irrituale, sarebbe stata un’autentica occasione per dire
no, io non ci sto, i siciliani non ci stanno. Il suo comportamento è, a nostro
parere ingiustificabile. Proprio Lei che da parlamentare europeo ha ricoperto
l’incarico di Vice Presidente della Commissione speciale sulla criminalità organizzata, la
corruzione e il riciclaggio di denaro. Perché?
Sconcerta tanta disattenzione
soprattutto se si pensa che, proprio Lei, era deputato europeo quando la Commissione con la nota 19-1-2011 ha
presentato al Parlamento europeo, la STRATEGIA TEMATICA SULLA PREVENZIONE E
IL RICICLAGGIO DEI RIFIUTI.
A tale proposito, ci preme informarLa
che, insieme ai colleghi senatori del M5S, abbiamo presentato una denuncia alla
Corte dei Conti per danno erariale conseguente alla seconda condanna della
Corte di Giustizia Europea sulle discariche abusive. Giacché diversi di questi
invasi insistono sul nostro territorio, abbiamo segnalato anche il suo nome
alla Magistratura contabile. Sarebbe profondamente iniquo, infatti, che le
multe inflitte dalla Corte al nostro Paese le debbano pagare, gli incolpevoli
cittadini siciliani.
Ci dica almeno a che punto è il procedimento disciplinare nei
confronti del funzionario reo confesso.
Cordialmente,
Dep. Claudia Mannino Dep. Villarosa
Alessio Dep. Cancelleri Azzurra Dep. Francesco D’Uva Dep. Chiara Di Benedetto Dep. Di
Vita Giulia Dep. Grillo Giulia Dep. Lorefice
Marialucia Dep. Lupo Loredana Dep. M arzana
Maria Dep.
Nuti Riccardo Dep. Rizzo Gianluca Sen. Mario Michele Giarrusso Sen.
Nunzia Catalfo Sen. Ornella Bertorotta Sen. Vincenzo Santangelo Euro Dep.
Ignazio Corrao Sindaco Federico Piccitto Sindaco Patrizio Cinque Dep. Cancelleri
Giovanni Carlo Dep. Cappello Francesco Dep. Ciaccio Giorgio Dep. Ciancio
Gianina Dep. Ferreri Vanessa Dep. Foti
Angela Dep. La Rocca Claudia Dep. Mangiacavallo Matteo Dep, Palmeri Valentina Dep.
Siragusa Salvatore Dep. Tancredi Sergio Dep.
Trizzino Giampiero Dep. Zafarana Valentina Dep. Zito Stefano
TANGENTI E RIFIUTI, IL PROCESSO LA
REGIONE GRANDE ASSENTE
LUNEDÌ 19
GENNAIO 2015 - 18:03 DI RICCARDO LO VERSO
La Regione Siciliana e il
governatore Crocetta non sono costituti parte civile al processo che vede imputati Gianfranco Cannova (nella foto), funzionario
dell'assessorato al Territorio e ambiente, e 4 imprenditori. Sono tutti
accusati di corruzione.
PALERMO - C'è un tempo per le
conferenze stampa e gli annunci. E c'è un tempo in cui alle parole possono
seguire i fatti. Oggi la Regione e il suo governo hanno perso l'occasione per
un gesto concreto. Non si sono costituti parte civile, tramite l'Avvocatura
dello Stato, al processo che vede imputati Gianfranco Cannova, funzionario
dell'assessorato regionale Territorio Ambiente, e quattro imprenditori. Sono
tutti accusati di corruzione.
Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. Oltre al presunto dipendente infedele sotto accusa ci sono Giuseppe Antonioli, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, nel Messinese, Domenico Proto, titolare della discarica, i fratelli Calogero e Nicolò Sodano, proprietari della Soambiente di Agrigento.
Oggi il processo ha preso il via. Si è costituito parte civile il Comune di Motta Sant'Anastasia. Respinta, invece, la richiesta del Comune di Misterbianco e di due associazione onlus: “Centro per i diritti del cittadino” e “Codici Sicilia”. La grande assente era la Regione che, in soldoni, non potrà chiedere i danni qualora gli imputati venissero condannati al termine del dibattimento.
Il funzionario palermitano, nel corso di un interrogatorio, ammise di avere intascato tangenti per facilitare le pratiche degli imprenditori. Bastava pagare per evitare i controlli nelle discariche e le possibili chiusure. Il prezzo della corruzione sarebbero stati migliaia di euro in contanti - diecimila euro o forse più - televisori ultramoderni e soggiorni in alberghi di lusso. Fatti gravi tanto che oggi il Tribunale ha respinto la richiesta di Cannova che avrebbe voluto patteggiare quattro anni di carcere.
Fatti gravi come sottolineò lo stesso governatore Rosario Crocetta, nel corso di una conferenza stampa pochi giorni dopo il blitz: "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. Stiamo vagliando l'ipotesi della confisca o dell'esproprio per pubblica utilità delle discariche private". Ed ancora: "Da quando c'è questa amministrazione, però, non ci sono più coperchi. Forse, quando siamo intervenuti con le rotazioni, dovevamo essere più incisivi ancora. La frequenza di queste inchieste mi fanno pensare: altro che tangentopoli... . Dopo la Formazione, il Ciapi, i Beni culturali, la sanità...".
Sono tutti temi caldissimi, diventati materia dei dossier consegnati in questi mesi da Crocetta in Procura per denunciare il malaffare che si annida nella pubblica amministrazione regionale. Un via vai negli uffici giudiziari, quello del governatore. Per raggiungere le stanze dei procuratori Crocetta è transitato a pochi metri dala stessa aula dove oggi la Regione e il suo governo erano i grandi assenti.
Assenza reiterata, per la verità.
La Regione avrebbe potuto costituirsi parte civile già quattro mesi in sede di
udienza preliminare quando Cannova e gli altri furono rinviati a giudizio
sulla base della richiesta della Procura. Una richiesta che indicava la Regione
siciliana come parte offesa del processo. La stessa Regione, grande assente del
processo.
TANGENTI, CROCETTA ALL'ATTACCO: "CANNOVA?
SOLO L'INIZIO"
Giovedì 24 Luglio 2014
Il governatore: "Questa è una nuova
tangentopoli. Stiamo pensando alla confisca delle discariche private. Pippo Gianni?
Non ho letto le carte...".
PALERMO - "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. La
vicenda che riguarda Pippo Gianni? Non ho ancora visto le carte...". Il
presidente della Regione da un lato attacco, dall'altro "smorza". I
filoni coinvolti dalle ultime inchieste della magistratura, infatti, sono due. Da un lato il rovente settore delle discariche. Dall'altro le
mazzette per il fotovoltaico. La Regione, comunque, è investita dagli
scandali. E il governatore, che giunge in conferenza stampa insieme
all'assessore Calleri, annuncia interventi drastici. Estremi.
"Chideremo un parere all'Avvocatura dello Stato e all'ufficio legale. Stiamo vagliando l'ipotesi della confisca o dell'esproprio per pubblica utilità delle discariche private". Le discariche gestite da alcune aziende finite al centro appunto delle INDAGINI

Ma al di là dei singoli fatti, il tema, più generale è quello di una corruzione dentro la Regione che appare più ampia del previsto: "Da quando c'è questa amministrazione, però, - ha precisato Crocetta - non ci sono più coperchi. Forse, quando siamo intervenuti con le rotazioni, dovevamo essere più incisivi ancora. La frequenza di queste inchieste mi fanno pensare: altro che tangentopoli... Dopo la Formazione, il Ciapi, i Beni culturali, la sanità...". E in vista, così, ecco i provvedimenti anche nei confronti dei funzionari coinvolti: "Certamente li sospenderemo. Poi - ha annunciato Crocetta - verificheremo la possibilità, nel caso in cui le accuse si faccessero più concrete, di procedere col licenziamento. Non abbiamo bisogno di questi collaboratori dentro la Regione".
E i prossimi passi potrebbero essere rappresentati da ispezioni a tappeto in tutti gli assessorati, ma soprattutto in quello dell'Energia: "Intanto - ha detto il governatore - verificheremo le pratiche curate da Cannova negli ultimi cinque anni. Servono controlli più intensi sia nelle fasi autorizzative che in quelle di gestione". Ma attorno a Cannova ecco il giallo: il funzionario, inizialmente oggetto di una rotazione, sarebbe rientrato dopo poco più di un anno nello stesso ruolo: "Ho saputo solo adesso - spiega Crocetta - che quel dipendente è rientrato nella vecchia mansione a causa delle pressioni operate da un sindacato autonomo".
Ma oltre ai rifiuti, come detto, ecco esplodere il "caso" delle mazzette per l'insediamento di un mega impianto fotovoltaico a Monreale. Una vicenda che, stando alla ricostruzione dei pm, coinvolgerebbe, oltre a funzionari della Regione, anche l'ex assessore all'Industria Pippo Gianni. "Il funzionario, - ha precisato l'assessore Calleri - cioè la dottoressa Marcenò, verrà subito sospesa". "Pippo Gianni? Ancora - ha detto invece Crocetta - so troppo poco di questa inchiesta. Vedremo. In una convention dei Drs chiesi a Savona di uscire dalla sala? I fatti sono molto diversi...".
"Il settore dell'Energia e dei Rifiuti, - ha detto Calleri - è da monitorare secondo noi con grandissima attenzione. È ora di dire basta a una situazione del genere. Lo dico da assessore e da persona che combatte da una vita contro il malaffare e la mafia. Anche per questo, tutti gli atti di cui siamo venuti a conoscenza sono stati già inviati alla Procura".
La conferenza stampa è finita.
17.32 Crocetta: "Sarà necessario pure un lavoro retroattivo, e capire con quali dirigenti e quali funzionari abbiamo a che fare".
17.26 Crocetta: "Gianni? Non abbiamo ancora elementi. Savona? Erano questioni diverse...aspettiamo di sapere, di conoscere gli atti. Magari ci sono intercettazioni non rese note. Faremo correttamente le nostre valutazioni. L'Eolico? La giunta sta approvando un progetto di legge che renderà molto difficile i nuovi INVESTIMENTI

17.19 Crocetta: "Il coinvolgimento di Pippo Gianni? Io voglio guardare le carte. Cannova era tornato al suo posto? Sono curioso di verificarlo. Avevo dato disposizione che quelli trasferiti non dovevano tornare al dipartimento di provenienza".
17.15 Crocetta: "Servono controlli più intensi sia nelle fasi autorizzative che in quelle di gestione. Chi ci assicura che nelle discariche non arrivino rifiuti tossici?".
17.09 Crocetta: "È mai possibile che, tra eolico e energia si debba sempre passare dalla mafia o dalla corruzione?".
17.05 Crocetta: "Dobbiamo pensare a un nuovo modo di vedere il mondo dei rifiuti. Non possono essere più gestite da società con questi requisiti. Chi ci tutela, ad esempio, sullo smaltimento dei rifiuti pericolosi?"
17.02 Crocetta: "Di fronte a certe cose, stiamo pensando se è possibile operare anche attraverso l'acquisizione o la confisca delle discariche. Coinvolgeremo l'Ufficio legislativo e l'Avvocatura per verificare se dal punto di vista legislativo si può intervenire. A volte non riesco a far comprendere anche alla politica che lo Statuto ci deve aiutare a fare meglio".
17.00 Crocetta: "Dove sarà possibile, da parte nostra, agiremo attraverso i licenziamenti, dopo la sospensione immediata dall'incarico. Non abbiamo bisogno di questi collaboratori dentro la Regione".
16.58 Crocetta: "Abbiamo riferito alla Procura. E stiamo anche raccogliendo le autorizzazioni rilasciate da Cannova negli ultimi cinque anni. E saranno analizzati gli atti compiuti da funzionari e dirigenti all'Energia che hanno riguardato alcune autorizzazioni".
16.55 Crocetta: "Il funzionario Cannova? Non può essere un fatto isolato. Peccato quella "n" in più, avremmo avuto il privilegio di avere un Canova alla Regione".
16.54 Crocetta: "La
frequenza di queste inchieste ci fanno dire: altro che tangentopoli... Dopo l
Formazione, il Ciapi, i Beni cultural, la sanità...".
16.52 È arrivato il presidente Crocetta: "Da quando c'è questa amministrazione, non ci sono più coperchi. Forse, quando siamo intervenuti con le rotazioni, dovevamo essere più incisivi ancora".
16.49 Calleri: "Sul settore dell'Eolico e dell'energia l'attenzione, in tutta Italia, è altissima. Si tratta di una sorta di Tangentopoli".
16.45 Calleri: "Sulle ultime vicende riguardanti il fotovoltaico, stiamo valutando come intervenire nei confronti dell'unico funzionario coinvolto, la dottoressa Marcenò".
16.41 Calleri: "Ho inviato tutto ciò di cui sono venuto a conoscenza alla Procura della Repubblica. Anche su alcune criticità su una discarica a Sant'Agata di Militello".
16.38 Calleri: "Abbiamo disposti la calendarizzazione cronologica delle pratiche sull'Energia. Riguardo alle discariche, abbiamo ordinato la chiusura dell'Oikos. Abbiamo anche revocato l'autorizzazione alla Soambiente, in seguito a una informazione prefettizia negativa. Siamo intervenuti allo stesso modo con Tirreno Ambiente".
16.37 Calleri: "Non sottovalutiamo il settore dell'Energia e dei Rifiuti, da monitorare secondo noi con grandissima attenzione. È ora di dire basta a una situazione del genere. Lo dico da assessore e da persona che combatte da una vita contro il malaffare e la mafia".
16.35 È arrivato a Palazzo d'Orleans l'assessore all'Energia Salvatore Calleri: "Il presidente Crocetta sta arrivando".
16.29. La conferenza stampa sta per iniziare.
Alle 16 il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e l'assessore all'Energia, Salvatore Calleri terranno una conferenza stampa "sul tema delle tangenti all'Ambiente e all'Energia", presso la sala Alessi di Palazzo d'Orleans, a Palermo.
LiveSicilia seguirà l'evento in diretta.
RIFIUTI E MAZZETTE IN ASSESSORATO
ARRESTATI UN FUNZIONARIO REGIONALE E 4 IMPRENDITORI
VENERDÌ 18
LUGLIO 2014 - 20:05 DI RICCARDO LO VERSO
di RICCARDO LO VERSO Gli
imprenditori sono un catanese, due agrigentini e un novarese con interessi a
Messina. Un impiegato dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente
avrebbe intascato tangenti per rilasciare certificazioni favorevoli e
ammorbidire i controlli sulle discariche e sullo smaltimento dei rifiuti.(Leggi
i nomi degli arrestati e delle discariche coinvolte). Video:
gli arresti e i sequestri di gioielli e tv
PALERMO- Con le mazzette filava
tutto liscio come l'olio. Un funzionario dell'assessorato regionale al
Territorio e ambiente di Palermo e quattro imprenditori del settore dei
rifiuti sono stati arrestati dalla sezione reati contro la pubblica
amministrazione della Squadra mobile di Palermo. Gli imprenditori sono un
catanese, due agrigentini e un novarese con interessi a Messina.
Gli agenti hanno monitorato i
loro intrecci illeciti fin dal 2011, scavando nel complicato iter
amministrativo che accompagna la gestione delle discariche e lo smaltimento
dei rifiuti. La corruzione si sarebbe annidata fra i tanti passaggi
burocratici. Soprattutto quelli sulle valutazioni di impatto ambientale. Che
diventavano favorevoli dietro il pagamento di tangenti. Non solo soldi ma anche
regali vari. In barba soprattutto alle normative contro l'inquinamento.
Il funzionario nei mesi scorsi è stato trasferito d'ufficio per evitare che continuasse a gestire quello che gli investigatori definiscono "un grosso giro di affari". Le misure cautelari sono state chieste e ottenute dal pool della Procura che si occupa di pubblica amministrazione, coordinato dall'aggiunto Leonardo Agueci.
Il funzionario nei mesi scorsi è stato trasferito d'ufficio per evitare che continuasse a gestire quello che gli investigatori definiscono "un grosso giro di affari". Le misure cautelari sono state chieste e ottenute dal pool della Procura che si occupa di pubblica amministrazione, coordinato dall'aggiunto Leonardo Agueci.
I poliziotti parlano di "stratificazione normativa e complesso apparato burocratico che hanno permesso al funzionario infedele do giostrare nella gestione delle procedure connesse al rilascio dei provvedimenti, agevolando gli imprenditori e preservandoli dall’ordinaria attività di controllo e monitoraggio della pubblica amministrazione sulla modalità di gestione delle discariche e dello smaltimento dei rifiuti, consentendo loro in questo modo di bypassare indenni tutti i controlli".
*Aggiornamento ore 11.22
Il funzionario dell'assessorato arrestato è Gianfranco Cannova. Questi, invece, i nomi degli imprenditori finiti in manette: gli agrigentini Calogero e Nicolò Sodano, il catanese Domenico Proto e il novarese Giuseppe Antonioli. Le discariche coinvolte nell'inchiesta sono tre: Mazzarrà Sant'Andrea, "Soambiente" di Agrigento e "Oikos" di Motta Sant'Anastasia.
PALERMO
- E' Gianfranco Cannova, 56enne, il funzionario dell'assessorato regionale
al Territorio e ambiente arrestato nell'ambito dell'inchiesta che a Palermo ha
svelato un giro di mazzette legate allo smaltimento dei rifiuti e ai controlli
nelle discariche siciliane. Questi, invece, i nomi degli imprenditori finiti in
manette: i fratelli agrigentini Calogero e Nicolò Sodano, di 54 e 53 anni,
titolari della discarica "Soambiente" di Agrigento, il catanese
Domenico Proto, 48 anni, titolare della discarica "Oikos" di Motta
Sant'Anastasia (Ct) e il novarese Giuseppe Antonioli, 53 anni, amministratore
delegato della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea (Me).
a
cura del Comitato Cittadino Isola Pulita Isola delle Femmine
TANGENTI E RIFIUTI, IL
PROCESSO LA REGIONE GRANDE ASSENTE
Gennaio 2015 - 18:03 di Riccardo Lo Verso
La Regione
Siciliana e il governatore Crocetta non sono
costituti parte civile al processo che vede imputati Gianfranco Cannova (nella foto), funzionario
dell'assessorato al Territorio e ambiente, e 4 imprenditori. Sono tutti
accusati di corruzione.
PALERMO - C'è un tempo per le
conferenze STAMPA
e gli annunci. E c'è un tempo
in cui alle parole possono seguire i fatti. Oggi la Regione e il suo governo
hanno perso l'occasione per un gesto concreto. Non si sono costituti parte
civile, tramite l'Avvocatura dello Stato, al processo che vede imputati
Gianfranco Cannova, funzionario dell'assessorato regionale Territorio Ambiente,
e quattro imprenditori. Sono tutti accusati di corruzione.

Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. Oltre al presunto dipendente infedele sotto accusa ci sono Giuseppe Antonioli, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, nel Messinese, Domenico Proto, titolare della discarica, i fratelli Calogero e Nicolò Sodano, proprietari della Soambiente di Agrigento.
Oggi il processo ha preso il via. Si è costituito parte civile il Comune di Motta Sant'Anastasia. Respinta, invece, la RICHIESTA


Il funzionario palermitano, nel CORSO


Fatti gravi COME


Sono TUTTI


Assenza reiterata, per la verità. La REGIONE

magnafranco 19-01-2015 - 18:15:53
la REGIONE
avrebbe dovuto dare mandato per
costituirsi parte civile e chiedere i danni che sono derivati dal comportamento
infedele ed a delinquere del cannavo, ma evidentemente la magistratura deve
ancora scavare a fondo, perchè non si costituisce parte civile e il solo
funzionario avrebbe potuto ordire a tutto quanto accaduto. chi stà coprendo cannavo',
sicuramente gli avranno promesso indulgenza e quindi occorre fargli dire quello
che sa' e come si svolgevano i fatti realmente.

rabbit 19-01-2015 - 19:38:47
Concordo, certamente da solo il funzionario non poteva
gestire i rilasci di queste delicate e complesse autorizzazioni e il non
costituirsi parte civile da parte della REGIONE
è uno scandalo nello scandalo. ECCO
perché il cannova non ha mai fatto
nomi ma si è limitato solamente a riconoscere le proprie responsabilità, forse
ha avuto fatta qualche promessa. Che buffoni!!!


Cico (l'originale) 19-01-2015 - 18:33:29
La Regione avrebbe dovuto costituirsi parte civile per un
danno di qualche decina di migliaia di euro nei confronti di un suo dipendente
infedele? Ma se non lo ha mai fatto contro suoi ex deputati, ex assessori ed ex
presidenti per danni praticamente incalcolabili?
lux 19-01-2015 - 18:58:34
COME
siete malpensanti su scurdaru
!!!!!!

dani 19-01-2015 - 19:31:44
Solo una PAROLA
ripetuta tre volte: vergogna
vergogna vergogna

marco68 19-01-2015 - 20:48:00
Trovata la spiegazione: in tema di balli sud-americani
Cannova non balla la samba di Pappagone, ma solo il tango col casquè, quindi
forse è per questo che Pappagone non si è costituito. A parte gli scherzi, ma
l'assessore-avvocato Caleca, che ha licenziato un funzionario che intascava
tangenti, che ci dice di QUESTA
disparità di trattamento, ovvero di
questa vergogna pappagoniana e della giunta di cui è componente?

dipende 19-01-2015 - 20:49:29
Cari siciliani, dovete capire che costituirsi parte civile
non fa odiens, quindi perche perderci TEMPO
. Ormai siamo all'isola dei famosi,
quindi se non tira al presidente ed ai suoi cuccioli (dirigenti generali ed
assessori) non conta. Che schifo... ma ormai visto che fanno schifo sempre
neanche li tocca un aggettivo del genere.

Pippo BIANCO
19-01-2015 - 20:53:55

Hanno paura che racconti TUTTO
il magna magna dei burattinai del
governo crocetta...e se lo provocano può far saltare il governo.

Argo 19-01-2015 - 21:59:21
Concordo appieno.
antimafia a gogo' 19-01-2015 - 23:22:38
Caro Lo Verso, indaga indaga che andrai lontano....... tanto
da qualcun ALTRO
che avrebbe l'obbligo di
indagare......
non ci possiamo aspettare nulla........

non ci possiamo aspettare nulla........
GIUSEPPE
Maritati 20-01-2015 - 11:58:37

Si va facendo sempre più tormentato e incomprensibile il
cammino del governo regionale che non riesce a compiere un solo passo partendo
dalle sue eccellenti risorse naturali e umane. Il presidente Crocetta prima
concede una proroga ai termini di SCADENZA
degli ATO confermandoli fino a giugno.
Poi non si costituisce parte vivile nel processo dove è imputato di corruzione
il funzionario pubblico che distribuiva permessi a suo piacimento personale. Mi
sembrano due decisioni, prese in questo difficile momento, che lungi dal
contrastare poteri e interessi criminali, li alimenta e li ravviva.

scettico 20-01-2015 - 12:03:50
Il nostro caro Presidente non manca di stupirci, lui che si
vanta di essere un paladino della legalità e poi al MOMENTO
di dimostrarlo si nasconde.
Vergogna anzichè ANDARE
in procura vattene a casa per il
bene di chi lo ha votato.

Vergogna anzichè ANDARE

hiro 20-01-2015 - 16:07:00
Inquietante il comportamento del governo.
o
Mazzette e rifiuti alla Regione Territorio, funzionario
a giudizio
08 Ottobre 2014
Gianfranco Cannova avrebbe
intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per
lo smaltimento dei rifiuti. Il processo al via il 15 gennaio. Con lui a
giudizio anche 4 imprenditori.
PALERMO - Il gup di
Palermo ha rinviato a giudizio un funzionario dell'assessorato regionale
Territorio Ambiente, Gianfranco Cannova, e quattro imprenditori. Sono tutti accusati di
corruzione. Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel
rilascio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. Oltre a Cannova,
andranno a giudizio, il 15 gennaio davanti alla terza sezione del Tribunale,
Giuseppe Antonioli, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà
Sant'Andrea (Me), Domenico Proto, titolare della discarica, i fratelli Calogero
e Nicolò Sodano, proprietari della discarica Soambiente di Agrigento.
Secondo l'accusa,
sostenuta dal sostituto procuratore Alessandro Picchi, il funzionario avrebbe
agevolato gli imprenditori preservandoli dall'ordinaria attività di controllo e
monitoraggio imposte a chi gestisce le discariche e previste per lo smaltimento
dei rifiuti e avrebbe consentito loro di bypassare indenni tutti i controlli.
Tutti i personaggi coinvolti vennero arrestati a luglio. (ANSA).
"Mazzette dagli
imprenditori" Chiesto il giudizio per Cannova
18
Settembre 2014
L'indagine sulle
autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. Chiesto il processo, oltre che
per il funzionario della Regione, anche per Giuseppe Antonioli, Domenico Proto
e i fratelli Calogero e Nicolò Sodano.
PALERMO - La Procura di
Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di un funzionario dell'assessorato
regionale Territorio Ambiente, Gianfranco Cannova, e di quattro imprenditori. Sono tutti accusati di
corruzione. Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel
rilascio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. L'indagine, iniziata
nel 2011 e durata due anni, e' stata condotta dalla polizia di Palermo e
Agrigento avendo coinvolta anche due imprenditori agrigentini. Oltre a Cannova,
il processo è stato chiesto per Giuseppe Antonioli, amministratore delegato
della discarica di Mazzarra' Sant'Andrea (Me), Domenico Proto, titolare della
discarica, i fratelli Calogero e Nicolo' Sodano, proprietari della discarica
Soambiente di Agrigento.
Anche muovendosi nel
complicato groviglio delle procedure amministrative, il funzionario avrebbe
agevolato gli imprenditori preservandoli dall'ordinaria attività di controllo e
monitoraggio imposte a chi gestisce le discariche e previste per lo smaltimento
dei rifiuti e avrebbe consentito loro di bypassare indenni tutti i controlli.
Tutti i personaggi coinvolti vennero arrestati a luglio. Secondo le indagini i
titolari di grossi impianti di smaltimento avrebbero pagato svariate migliaia
di euro per ottenere i favori di Cannova. Ma non solo. Al funzionario infedele
sarebbero state messe a disposizioni escort, viaggi e impianti televisivi da
oltre 17 mila euro.
MAZZETTE E DISCARICHE, APERTA UN'INDAGINE INTERNA
ALL'ASSESSORATO AMBIENTE: "SI CERCANO COMPLICITÀ"
Nelle carte dell'inchiesta i
dubbi degli inquirenti sul sistema dei controlli. Una commissione al
dipartimento "Accertamenti affidati a esterni". Nel mirino i contatti
del funzionario regionale arrestato con altri burocrati e politici. I rapporti
con i big del settore rifiuti
di ANTONIO
FRASCHILLA
Davvero un semplice funzionario poteva
influenzare e a volte prendere decisioni su discariche, rifiuti e
autorizzazioni milionarie? Davvero Gianfranco Cannova, arrestato perché secondo
gli inquirenti avrebbe intascato mazzette dai titolari delle principali
discariche private siciliane, ha fatto tutto da solo? A queste domande proverà
a dare una risposta una
commissione che sarà nominata dal dirigente del dipartimento Territorio e
ambiente Gaetano Gullo, che sulla vicenda delle discariche dell'Oikos e della
Tirreno ambiente vuole vederci chiaro. Specie dopo che lui stesso lunedì scorso ha firmato un verbale
che alle contestazioni mosse dall'ex assessore Nicolò Marino e dal dirigente
Rifiuti Marco Lupo sull'Oikos risponde che tutto è a posto e la discarica può
continuare a lavorare: "Convocherò subito i dirigenti del mio dipartimento
per capire perché hanno dato parere favorevole e mi hanno fatto firmare questo
atto su una discarica nell'occhio del ciclone", dice. Il funzionario del servizio autorizzazioni
Via-vas deve rispondere al dirigente dell'Unità operativa, al dirigente del
servizio, al dirigente generale del dipartimento e, a volte, anche
all'assessore al ramo. Come faceva Cannova a garantire il risultato agli
imprenditori in piena solitudine? Insomma, sull'assessorato Territorio e ambiente, ma anche sui
dirigenti che hanno lavorato all'assessorato Energia, ancora ci sono zone
d'ombra sulle quali fare luce. Da qui la decisione del neo dirigente generale
Gullo di nominare una commissione d'inchiesta esterna: "Voglio nominare professionisti che
non hanno alcun rapporto con dipendenti dell'amministrazione ", dice Gullo.
Una cosa è certa: dalle carte
dell'indagine che ha portato all'arresto del funzionario e di quattro
imprenditori (tra i quali i re delle discariche siciliane, il catanese Domenico
Proto e Giuseppe Antonioli) emergono dubbi degli inquirenti sul coinvolgimento di altri dirigenti, quanto
meno superficiali in alcuni atteggiamenti e decisioni. A esempio nelle carte dell'indagine si
cita un pranzo avvenuto tra Proto, Cannova e un altro alto dirigente del
settore Rifiuti in un noto ristorante di Palermo. Gli inquirenti sottolineano
"l'atipicità" di questo incontro in ambienti non istituzionali tra i
funzionari pubblici e "un soggetto privato" interessato in un procedimento
amministrativo gestito da quegli stessi funzionari. Ma c'è di più. Dalle intercettazioni emerge anche che
il Cannova avrebbe proposto a Proto di pagare anche questo alto dirigente del
Rifiuti che, a suo dire, era vicino al Partito democratico.
In un'altra intercettazione, invece, Cannova tranquillizzava gli imprenditori
sull'esito di una conferenza di servizio grazie ai "suoi canali e
amicizie" all'interno della macchina burocratica. Non solo, dalle carte emerge poi come
Cannova entrava in contrasto con alcuni dirigenti dei dipartimenti Territorio e
Rifiuti, questi magari erano mossi da altri motivi politici perché parenti di
deputati catanesi che sponsorizzavano altre iniziative a scapito della Oikos.
E, ancora, Cannova dimostra di avere rapporti diretti
anche con ispettori dell'Arpa,
che invitava a pranzo per discutere di iniziative su alcune discariche. Ad
altri dirigenti del dipartimento, invece, Cannova chiedeva
"informazioni" riservate: come ad esempio sulla situazione
burocratica riguardante la società Osmon, riconducibile all'imprenditore
Antonioli, ottenendo "dettagliate informazioni nonché l'apparente
disponibilità dello stesso dirigente contattato ad aiutare l'Antonioli e la sua
società". Il dirigente in questione provava poi a convincere della bontà
dell'iniziativa presentata dalla Osmon l'allora responsabile del dipartimento
Energia Gianluca Galati.
Insomma, le complicità, più o meno
volontarie, ci sono state, eccome. E proprio su queste si baserà adesso l'indagine interna al
dipartimento Ambiente: "Ci saranno trasferimenti, qui dobbiamo cambiare
proprio aria", assicura l'attuale dirigente generale Gullo, che denuncia
come il caso Cannova riguardi anche il sindacato. "Avevamo trasferito il
dipendente ben prima degli arresti di ieri, proprio perché ci era sembrato che
qualcosa non quadrava - dice Gullo - a esempio vedevamo
troppi politici venire in dipartimento a parlare direttamente con lui. Ma la
Uil ci ha fatto opposizione perché in quanto rappresentante sindacale Cannova non poteva essere trasferito. Così è tornato nello stesso ufficio
della Via-Vas e delle autorizzazioni. Anche questo un paradosso sul quale
andrebbe fatta chiarezza". Intanto i grillini chiedono di revocare
l'autorizzazione alla discarica di Motta Sant'Anastasia dell'Oikos, nonostante
proprio lunedì scorso Gullo abbia firmato il verbale che invece sostiene che
nel sito tutto è in regola. Una bella matassa che sarà difficile da districare.
CHI SONO
I DIRIGENTI E FUNZIONARI DELL'ASSESSORATO TERRITORIO E AMBIENTE DELLA REGIONE
SICILIA ANCHE DIVERSI DA QUELLO ARRESTATO?
Fermo restando il quadro accusatorio
nei confronti del
funzionario dell'assessorato territorio e ambiente, arch.Cannova, & relativi soci attualmente individuati. quello che viene riportato dalla stampa e, stranamente, anche
dal virgolettato degli inquirenti non può non apparire poco verisimile ed
incongruo.
A quanto è dato conoscere :
Cannova è un funzionario e come tale,
ovviamente, non era nei
suoi poteri rilasciare,
come invece erroneamente riportato, alcuna autorizzazione.
Cannova è stato, al più, il
responsabile dei
procedimenti amministrativi a lui affidati dal dirigente dell'unità operativa o
dal dirigente del Servizio VIA-VAS, e tra
l'altro è
stato per anni fino a poco tempo fa il
segretario di conferenze dei servizi, spesso per il rilascio delle AIA, ma la
sua funzione non poteva andare oltre.
Cannova, in quanto funzionario, non poteva che svolgere le sue
funzioni o incardinato
in una Unità Operativa retta da un dirigente o alle dirette dipendenze
funzionali del dirigente responsabile del Servizio VIA-VAS deputato al rilascio
anche delle AIA; ci risulta
che era il
segretario delle conferenze dei servizi indette dal Servizio VIA-VAS e colui
che andava a seconda dei casi a rendere i pareri nelle conferenze dei servizi per il rilascio
di autorizzazioni di competenza di altri dipartimenti, pareri tuttavia predisposti non da lui ma dai
responsabili gerarchici a lui superiori.
Quindi, Cannova poteva sì fornire
"consigli" o qualcos'altro agli imprenditori "amici", ma
poteva "condizionare" il rilascio delle autorizazioni solo ed
esclusivamente se chi stava gerarchicamente sopra di lui
- in
prima battuta il dirigente dell'Unità Operativa doveva condividere il
procedimento e trasmetterlo al responsabile del servizio,
- in
seconda il responsabile del servizio se condivideva la proposta dell'U.O.
rilasciava l'autorizzazione nel caso di sua competenza,
- in
terza il dirigente generale del dipartimento se condivideva la proposta del
servizio rilasciava l'autorizzazione nel caso di sua competenza
- ed
in quarta se l'assessore condivideva la proposta del dipartimento, vagliata dal
suo gabinetto, rilasciava l'autorizzazione nel caso di sua
competenza,
non si accorgeva di nessuna eventuale irregolarità o faceva parte della rete del
"condizionamento".
Quindi, ai vari livelli,
o Cannova, dal basso superava tutte le
varie maglie e faceva fessi dirigenti di unità operativa e responsabile del servizio, dirigente
generale, segreteria tecnica dell'assessore e l'assessore,
o nessuno controllava gli atti e le
autorizzazioni erano firmate senza neppure leggere i decreti che si firmavano
o...Cannova era soltanto il primo
anello della catena.
Ecco perchè la versione così come riportata dalla stampa fa acqua da tutte le
parti, le autorizzazioni rilasciate da Cannova sono inesistenti e se Cannova
condizionava, chi erano i condizionati lungo i vari passaggi amministrativi che
portavano al rilascio delle autorizzazioni o alla fornitura dei pareri del
servizio VIA-VAS nelle conferenze dei servizi presso altri dipartimenti?
Può darsi, anzi speriamo, che lo dirà
Cannova meditando nelle patrie galere.
Un'ultima perla.
Ricordiamo tutti quando "scoppia"
al dipartimento ambiente la bomba Crocetta-Lo Bello delle 3500 pratiche inevase
al servizio VIA-VAS.
Stante il numero esorbitante è logico
pensare che si siano accumulate quantomeno nel corso degli ultimi anni.
Chi sono stati i dirigenti responsabili di
questo Servizio negli ultimi anni, i dirigenti generali del dipartimento
ambiente, i dirigenti responsabili del controllo di gestione ed i dirigenti
responsabili della valutazione delle attività dirigenziali?
I nomi sono tutti arcinoti e si
trovano nel sito dell'ARTA, ma ci limitiamo solo
a rilevare, perchè sono dati pubblicati sempre nel sito dell'ARTA, che i
responsabili del Servizio di quel periodo,
hanno avuto attestato di avere raggiunto negli stessi anni dell'accumulo tutti
gli obiettivi previsti (???) ed hanno di conseguenza intascato le relative indennità (circa 9300 euro/anno per gli obiettivi e oltre 23340 euro/anno in quanto a indennità d'incarico).
Quindi, per
attestazione della stessa amministrazione, il Servizio VIA-VAS ha funzionato al
meglio, nonostante che, a detta della stessa amministrazione, avesse accumulato
3500 pratiche inevase.
Qualcuno dei dirigenti del Servizio VIA-VAS ha ricevuto
dall'amministrazione denunciante, in primis Crocetta, Lo Bello e Arnone (dirigente generale) qualche contestazione, qualche
provvedimento di responsabilità dirigenziale? Manco a parlarne.
Anzi, come "botto" della
bomba, i dirigenti
responsabili del Servizio VIA-VAS non solo non sono stati chiamati a rispondere delle responsabilità
dell'enorme accumulo, ma
anzi, uno dei
dirigenti è stato trasferito ad altro dipartimento sempre come capo servizio,
l'altro è stato addirittura promosso da Crocetta a
dirigente generale, prima nello stesso
dipartimento ambiente e dopo in un altro (il dipartimento regionale tecnico).
E' notizia di qualche giorno che
quest'ultimo si è appena messo in pensione con almeno 7000 euro al mese ed una buonauscita che assommerebbe di diverse centinaia di migliaia di euro.
Come si dice in siciliano, chi ddici?
Vabbè, tanto c'è...Cannova !!!
Comitato
Cittadino isola Pulita
di Isola delle Femmine sede dello
Stabilimento Italcementi a cui è stato concessa Autorizzazione Integrata Ambientale
decreto 693 18 luglio 2008 a firma dell'ing. Vincenzo Sansone,
responsabile del Servizio VIA-VAS, con segretario della relativa conferenza dei
servizi arch. Gianfranco Cannova.
LA BELLA VITA DEL FUNZIONARIO REGIONALE CANNOVA FATTA DI
"MONEZZA"
MARKEZ
Gianfranco Cannova, funzionario
regionale all’assessoratoTerritorio Ambiente, faceva da consulente agli
imprenditori dello smaltimento dei rifiuti. Dava le dritte su quanto avvenivano
le ispezioni a “sorpresa”, consigliava gli adeguamenti della tariffa di
smaltimento dei rifiuti dando anche le motivazioni delle richieste....e
vacanze, viaggi, bella vita.
“…Mimmo…Mimmo…una
cosa una cosa sola. – diceva Cannova a Domenico Proto titolare della
discarica di Motta Sant’Anastasia – La tariffa di 5 anni fa. ma tu lo sai il
gasolio a quanto era 5 anni fà?”. Per questi servigi veniva ripagato e bene.
Sono stati almeno 20 i soggiorni per il funzionario e tutta la sua famiglia al
prestigioso Baja Verde di Acicastello. Viaggi anche a Rimini tutto pagato
dall’azienda di Proto.
Sempre
Cannova nel corso di un’intercettazione spiegava al figlio il suo
rapporto di “collaborazione” con Domenico Proto, titolare del mega impianto nel
catanese. “Quello che io guadagno in un anno, lui lo guadagna in un mese”.
E il figlio gli chiede perché non
gli dà un po’ soldi. “Se io lavoro mi da… mi da soldi pe… non regala
nessuno niente. Se tu li meriti perché sei bravo e lavori, te li danno”. Il figlio
a questo punto chiede se il padre collabora con Domenico Proto. “Certo! Non lo
vedi che abbiamo lav… abbiamo parlato di lavoro?” E quanto ti dà chiede il
figlio. “Dipende quello che faccio, se guadagno 10.000 mi da 10.000, se
guadagno 5.000 mi da 5.000″.
Un dialogo
(alla cui lettura si rinvia) i cui termini e i cui contenuti davvero non
meritano altri commenti dal momento che il Cannova si esprimeva come
se fosse stato lui l’imprenditore interessato alla pratica amministrava e non
il funzionario pubblico dell’ufficio regionale.
C’erano
alcuni problemi nella gestione della discarica di Motta Sant’Anastasia e
Gianfranco Cannova organizzò un pranzo al ristorante “Papoff” di via
Isidoro La Lumia. Al tavolo si sedettero il 6 marzo 2012 Domenico Proto, Gianfranco
Cannova, Domenico Michelon e Roberto Li Causi, questi ultimi funzionari del
Dipartimento Acque Rifiuti.
Un consesso “atipico”
sottolineano gli investigatori in ambienti non istituzionali tra i funzionari
pubblici e un soggetto privato interessato in
un procedimento amministrativo gestito da quegli stessi funzionari.
Michelon svolgeva il ruolo di sub-commissario delegato all’emergenza rifiuti ed
il Dipartimento Acque e Rifiuti era soggetto istituzionale coinvolto nelle
Conferenze dei Servizi.
“Prima dell’incontro
Cannova, – spiera prima dell’arrivo del Proto, aveva incontrato brevemente
nella sua autovettura Michelon e Li Causi “preparandoli”, per così dire, sulle
tematiche di interesse di “Mimmo” (cioè di Domenico Proto) in specie
mostrandosi contrariato per la procedura di annullamento in
autotutela del precedente decreto di autorizzazione a favore della società
Oikos, che l’ingegnere Natale Zuccarello, avrebbe messo alla firma del
Dirigente Arnone Giovanni, all’insaputa del Cannova stesso”
Rifiuti
e corruzione, arrestato Mimmo Proto In manette 4 imprenditori e un funzionario
Di Carmen Valisano | 18
luglio 2014
L’operazione, denominata Terra mia, ha portato all’individuazione
di un complesso sistema di procedure ambientali non seguite e controlli evitati
grazie al presunto pagamento di tangenti. Coinvolti quattro titolari di
discariche, tra i quali il proprietario dell’impianto di contrada Tiritì, a
Motta Sant’Anastasia. Il dipendente regionale «rilasciava le autorizzazioni Aia
e gestiva l’ufficio come suo feudo. Con gli imprenditori amici era prodigo di
consigli anche per fregare l’amministrazione
pubblica».
Un funzionario della Regione e quattro imprenditori legati
alla gestione dei rifiuti sono stati arrestati stamattina dagli uomini della
squadra mobile di Palermo. Tra loro spicca il
nome di Domenico Proto, titolare della Oikos
spa, la ditta proprietaria del mega-impianto di contrada
Tiritì-Valanghe d’inverno. Secondo le accuse, Gianfranco
Cannova (dipendente dell’assessorato regionale Territorio
e ambiente) avrebbe avuto un ruolo nella gestione delle procedure più
importanti, quelle legate al rilascio delle autorizzazioni
all’attività delle discariche. In cambio di regali e viaggi,
avrebbe agevolato gli iter d evitato agli impianti amici controlli e monitoraggi ai
quali avrebbero dovuto invece sottostare. Un quadro di corruzione
definito dagli inquirenti molto grave nel quale sono
coinvolti, oltre a Proto, gli imprenditori Giuseppe
Antonioli (amministratore della discarica di Mazzarrà
Sant’Andrea, in provincia di Messina) e i fratelli Calogero (ex
senatore della Casa delle libertà) e Nicolò Sodano, responsabili
della Soambiente di Agrigento.
L’operazione, denominata Terra mia, ha
avuto inizio nel 2011 ed è durata oltre due anni. I titolati delle indagini
hanno messo in rilievo come «questo settore amministrativo è caratterizzato da
unastratificazione normativa e da un complesso
e macchinoso apparato burocratico». Elementi che hanno
facilitato l’azione contestata al presunto funzionario infedele. «La
corruzione e i corrotti sono un rifiuto speciale e pericolosi -
dichiara il procuratore aggiungo di Palermo Dino
Petralia - L’imprenditore del Catanese (Domenico
Proto, ndr) aveva bisogno di ampliare la discarica a tre milioni di metri cubi.
Aveva bisogno dell’Autorizzazione integrata ambientale.Sembra
che l’azione per ottenerla in modo illegale sia la regola». A
lui fa eco il collega Leonardo Agueci: «Il
funzionario regionale rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva
l’ufficio come suo feudo. Con gli imprenditori amici era
prodigo di consigli anche per fregare l’amministrazione
pubblica». Nessuna remora di controlli. «Poteva svolgere una attività illecita
con la massima disinvoltura».
Sia il sito di contrada Tiritì-Valanghe d’inverno che
l’impianto messinese di Mazzarrà Sant’Andrea sono sotto inchiesta
da parte della dirigenza regionale all’Ambiente per presunte violazioni compiute
nella gestione dei rispettivi impianti. Un’inchiesta avviata qualche mese fa
dall’ex assessore regionale Nicolò Marino.
Soambiente gestisce i siti agrigentini di Siculiana e contrada
Monserrato e a Noto (in provincia di Siracusa) quello
di contrada Stallaini.
A poche ore dall’arresto di Proto,
intanto, Confindustria Catania ha sospeso la ditta Oikos,
interrompendo il suo rapporto con l’associazione. «Il provvedimento è
stato adottato d’urgenza, in ottemperanza del codice etico di Confindustria,
spiegano.
MAFIA, RIFIUTI E MAZZETTE: I FRATELLI SODANO
TRADITI DALLE INTERCETTAZIONI
Gli inquirenti hanno disegnato il quadro accusatorio grazie
alle discussioni, tra le altre, dei fratelli Sodano, inizialmente sottoposti ad
intercettazione per confermare un sospetto rapporto con la criminalità
organizzata. LE INTERCETTAZION
Mafia, rifiuti e mazzette: i fratelli Sodano traditi dalle
intercettazioni
LE intercettazioni
telefoniche nei confronti dei fratelli Nicolò e Calogero
Sodano, arrestati
stanotte nell'ambito dell'indagine sulle mazzette alla Regione Sicilia,
partirono inizialmente per acquisire elementi di prova che confermassero
presunti rapporti tra i Sodano con ambienti della criminalità organizzata. Ma
durante l'ascolto dei loro telefoni e
delle microspie piazzate tra auto e uffici, i poliziotti
hanno sentito tutt'altro.
Sin dalle fasi iniziali
dell'indagine, infatti, venivano intercettati assidui contatti telefonici
con il funzionario regionale Gianfranco Cannova, in qualità di
responsabile del procedimento funzionale al rilascio del provvedimento di
autorizzazione. Così gli inquirenti avrebbero appurato come lo stesso
Cannova si sarebbe ripetutamente attivato ogniqualvolta gli imprenditori
Sodano ne caldeggiavano un intervento. Ma non solo: talvolta è stato
proprio lui stesso a sollecitare i due fratelli agrigentini, nel corso delle
diverse fasi dei procedimenti amministrativi, ad assumere più iniziative;
sollecitazioni che si sarebbero concretizzate in incontri anche a stretto giro,
per i quali Cannova avrebbe più volte dato la disponibilità di raggiungere
i due imprenditori ad Agrigento.
„
Sotto la lente d'ingrandimento
degli investigatori è finito, in particolare, un incontro avvenuto il 2
maggio del 2011, quando i Sodano incontrarono Cannova nei suoi uffici a
Palermo. Poco prima che i fratelli giungessero nel capoluogo di regione,
però, i poliziotti intercettarono una telefonata in cui Calogero
Sodano chiede ad un proprio collaboratore di quantificare la
disponibilità di soldi contanti in azienda; una richiesta alla quale il
dipendente ha riferito l'ammontare di 3mila e 585 euro che
Calogero Sodano - pur lamentato la scarsità della liquidità - avrebbe
chiesto di avere il prima possibile, in quanto doveva recarsi urgentemente
a Palermo. Una richiesta che per gli inquirenti trova spiegazione nella
consolidata pratica di portare, di volta in volta, delle
"mazzette" al funzionario regionale.
Ma per gli investigatori la
dimostrazione forse più eloquente del rapporto delittuoso viene fornita
una discussione tra i due fratelli Sodano, intercettata nel settembre del
2011 grazie ad una microspia piazzata sulla loro auto, nella
quale Nicolò e Calogero commentano tra loro il "costo
esagerato" del funzionario regionale, ricordando il fatto che lo stesso
aveva già ricevuto circa cinquantamila euro.
C = a CANNOVA lo faccio chiamare tramite l'avvocato ora...
G = si!
C = …inc…
G = perchè non ha ancora convocato la conferenza dei servizi
C = Ah?
G = gli devi dire, avvocato, ...inc..., avvocato...e noi non lo chiamiamo più ! Cioè, deve capire che siamo offesi noi con lui...
C = perciò, se noi gli facciamo capire che siamo offesi con lui, a questo il culo sai come gli diventa ? Dice non credo che mi denunciano... non credo che... minchia!
G = qualche trenta.. qualche trentamila euro (30.000) gli abbiamo dato...
C = ma che fa! ma che dici!
G = qualche cinquantamila euro (50.000) gli abbiamo dato.. Lì (diminutivo di Calogero)
C = ma che minchia dici ! E poi quando all'ultimo ci ha chiesto tutti quei soldi... hai visto che ci ha detto "accontentatevi con questa discarica"
G = si! bello chiaro...
C = bello chiaro... “per ora questo... prendetevi questo per ora...”
G = eh,infatti...
C = da lui dipende... tutte cose lui manovra...
G = si, tutte cose lui...
C = però ha di sopra la politica, capito?
G = la mafia politica...
C = no ! Lui è... lui è...
G = per dargli un incarico di questo... Li (diminutivo di Calogero)
C = lui è...
G = inc. per dargli un incarico di questo... inc. deve fare quello che dicono gli altri...
C = se c'è la politica ...inc... vanno secondo legge, secondo... qua la legge...inc.
G = ...inc... non solo i grana (soldi, n.d.r.), ma è diventato anche di prestigio, pure.
“
Tutto parte dall'esposto di Gullo
"Sospensione per Cannova"
"Sospensione per Cannova"
Venerdì 18 Luglio 2014 - 11:46 di Claudio Reale
La vicenda che ha portato agli arresti di stamattina è
quella finita al centro dello scontro fra Nicolò Marino e Mariella Lo Bello. Il
dirigente del Territorio: "Da lunedì il funzionario non sarà più in
servizio"
PALERMO – Mentre è in corso la conferenza stampa sugli
arresti, Gaetano Gullo aspetta notizie. “Ma chi è, Cannova?”. Sì, è
Gianfranco Cannova il funzionario arrestato stamattina dalla polizia
nell'ambito dell'inchiesta
su rifiuti e mazzette. Non indica un nome a caso, Gullo: era stato proprio
il dirigente dell'assessorato al Territorio a segnalare alla Procura una strana
vicenda che aveva appreso alla fine del 2013, una storia di presunte mazzette
legate alle autorizzazioni per le discariche. Adesso, per Cannova scatta la sospensione,
un provvedimento immediato: “Da lunedì – spiega Gullo – il funzionario
arrestato non sarà in servizio per tutta la durata delle esigenze cautelari”.
La vicenda che ha portato al blitz di stamattina era esplosa a marzo. E si era trasformata in uno scontro politico fra l'allora assessore all'Energia Nicolò Marino e la titolare del Territorio Mariella Lo Bello: oggetto del contendere, l'autorizzazione per una discarica pubblica bloccata da una lettera che lo stesso Gullo aveva firmato “senza leggerla fino in fondo”, come spiegò il dirigente a LiveSicilia. “Quella lettera – dice Gullo – era stata materialmente predisposta da Cannova”. È così che si accesero i riflettori sul funzionario: Cannova fu trasferito al servizio Parchi, e intanto Gullo e Lo Bello raccontarono ai magistrati la storia appresa pochi giorni dopo la lettera. Il funzionario arrestato oggi ha gestito le autorizzazioni ambientali per la discarica di Mazzarrà Sant'Andrea e - secondo la tesi, tutta da dimostrare, raccontata da Gullo ai magistrati - poi avrebbe acquistato un'auto in Lombardia da un'azienda riconducibile a un altro degli indagati.
La vicenda che ha portato al blitz di stamattina era esplosa a marzo. E si era trasformata in uno scontro politico fra l'allora assessore all'Energia Nicolò Marino e la titolare del Territorio Mariella Lo Bello: oggetto del contendere, l'autorizzazione per una discarica pubblica bloccata da una lettera che lo stesso Gullo aveva firmato “senza leggerla fino in fondo”, come spiegò il dirigente a LiveSicilia. “Quella lettera – dice Gullo – era stata materialmente predisposta da Cannova”. È così che si accesero i riflettori sul funzionario: Cannova fu trasferito al servizio Parchi, e intanto Gullo e Lo Bello raccontarono ai magistrati la storia appresa pochi giorni dopo la lettera. Il funzionario arrestato oggi ha gestito le autorizzazioni ambientali per la discarica di Mazzarrà Sant'Andrea e - secondo la tesi, tutta da dimostrare, raccontata da Gullo ai magistrati - poi avrebbe acquistato un'auto in Lombardia da un'azienda riconducibile a un altro degli indagati.
Sospensione immediata, dunque. Ma non solo. “In questi
casi – prosegue Gullo – si avvia un procedimento disciplinare che potrebbe
portare al licenziamento. Quando ci sono profili di carattere penale la
conclusione del procedimento è però successiva all'eventuale condanna. Insomma:
prima si deve concludere l'eventuale processo e poi la commissione di
disciplina prenderà una decisione”.
VACANZE EXTRALUSSO E SOLDI IN CONTANTI SMS
E INTERCETTAZIONI SVELANO LE MAZZETTE
Venerdì
18 Luglio 2014 - 16:03 di Riccardo Lo Verso
Secondo
gli inquirenti, tra il funzionario regionale Gianfranco Cannova e
I'imprenditore catanese Domenico Proto c'era un “consolidato, stratificato e
articolato rapporto criminoso". Le intercettazioni che inchioderebbero gli
indagati.Una foto degli arresti del
blitz tratta dal video.
PALERMO - Soggiorni in hotel di
lusso - più di venti vacanze - e mazzette in contanti. C'è tutto questo
alla base di quello che i magistrati definiscono “il consolidato, stratificato
ed articolato rapporto criminoso instaurato dal funzionario pubblico Gianfranco
Cannova con l'imprenditore catanese Domenico Proto, detto Mimmo”.
Proto è presidente della Oikos, la società che gestiva lo smaltimento di rifiuti nella discarica di contrada Tiritì, a Motta Sant'Anastasia. Cannova aveva presentato all'assessorato regionale al Territorio e ambiente la richiesta per ampliare la discarica nella vicina contrada Valanghe d'Inverno. La Oikos è un colosso del settore. Nel 2011 ha fatturato 30 milioni di euro, saliti a 45 nel 2012. Il previsto ampliamento aveva scatenato la reazione di alcuni comitati “No discarica”, preoccupati per la salute pubblica.
Un affare milionario che Proto
non poteva rischiare di mandare all'aria e si sarebbe “servito” della
collaborazione di Cannova. E così quando, il 12 settembre 2011, Proto gli
chiedeva informazioni (“Sai se domani è stato organizzato una visita in
discarica da Palermo”), il funzionario lo metteva in guardia: “... domani l'ing
Michelon (Domenico Michelon dell'Arpa ndr) domani alle ore 09:00 vengono a fare
un controllo con ing Polizzi (Alberto Polizzi, dipendente del Dipartimento ndr)
e un consulente dell'Assessore per le problematiche del comitato no discarica”.
Cannova non sembrava preoccupato, ostentava sicurezza: “Per quanto riguarda
domani, domani c'è questa riunione e tra l'altro Michelon e Pulizzi... che non
gliene fotte niente di questa cosa. la stanno facendo soltanto perché gli lo ha
ordinato l'assessore... non sono interlocutori che vengono per fare casino o
per fare danno anche perché io gli l'ho detto a Michelon acquisisci i verbali
dell'Arpa... prendendoti i verbali dell'Arpa non hai bisogno di fare niente...
perché sta facendo queste cose. Perché l'assessore praticamente ha letto i
giornali e sulla scorta dei giornali che hanno scritto che non sono state
risposte... non sono state date risposte all'interrogazione di Burtone”.
Onde evitare di farsi trovare impreparati, però, Cannova decide di acquisire lo stesso delle informazioni. Tre giorni dopo contattava dopo Federico Vagliasindi (allora consulente dell'assessore regionale all'Energia Giosuè Marino) che era stato designato per partecipare all'ispezione: “Le ripeto la questione non è urgentissima… volevo concordarla con lei per studiare una linea comune tutto qua… per vedere se lei concordava con il mio pensiero”.
In ballo c'era un affare enorme, visto che la Oikos si era portata avanti con i lavori,spendendo 28 dei 31 milioni di euro necessari per l'ampliamento della discarica. E così il 10 ottobre Cannova passava a Proto una nuova notizia riservata: “Il fascicolo è in mano a Mimmo e stasera mi dice se va bene”. Alle 20 e 36 dello stesso giorno scriveva. “I documenti vanno bene. Domani mi faccio spedire da veronica la firma digitale e presento il tutto”. Veronica era una collaboratrice di Proto. Cannova, dunque, scrivono i pm, “ si è interessato di seguire, passo passo, tale pratica amministrativa addirittura concordando con il Proto le fasi successive”.
Più che un funzionario pubblico, dunque sarebbe stato al soldo di Proto. In cambio di cosa?Innanzitutto di viaggi e soggiorni. Tutti extra lusso. Nel novembre 2011 l'imprenditore catanese ha pagato al dipendente la trasferta a Rimini in occasione della fiera Ecomondo sul riciclo di rifiuti. “Ti ho messo partenza da Catania, vedi... perché se no dovevi... - diceva proto a Cannova -. Fai una cosa, parla con Veronica.... dagli l'input qual è la disponibilità e ti faccio cambiare tutte cose”. E Cannova ricambiava con informazioni preziose: “Senti, vedi che è arrivato l'altro documento che praticamente parla di nuovo di e... annullamento del decreto AIA nei confronti di Oikos... ora faccio i fax e glieli faccio arrivare a Veronica, quindi questa cosa continua, è quella del direttore, pensavo fosse finita e invece continua"
Proto temeva il ritiro dell'autorizzazione: Da parte di chi arriva questo documento?”. Risposta: “ Da parte del direttore, che, praticamente, gli ha scritto l'ufficio di gabinetto dell'assessore, perché ha avuto la richiesta da parte della Prefettura. Ufficio di presidenza, segreteria tecnica, da parte del presidente... della... della Regione... Scrive Arnone perché vuole risposta la Monterosso, Patrizia Monterosso, ch'è il capo di gabinetto di Lombardo... te lo faccio arrivare tramite fax.. ehm... stasera vattelo a prendere in ufficio”. Cannova è partito per Rimini, portandosi dietro il “documento in originale” e ha alloggiato al Grand Hotel. Cinque stelle lusso. Il conto - 717 euro - è stato pagato con carta di credito di Proto. E non è l'unico soggiorno.
Dal 3 al 7 gennaio 2012 Cannova, con tutti i suoi familiari, ha dormito all'Hotel Baja Verde di Acicastello. Sempre a spese della Oikos. È stato lo spunto investigativo per andare a ritroso nel tempo e scoprire che tra il 2008 ed il 2012 i Cannova hanno soggiornato venti volte nello stesso albergo. Le fatture erano tutte intestate, tranne una, alla Oikos per un totale di 31.152. D'altra parte, secondo i poliziotti della Sezione reati contro la pubblica amministrazione della Suadra mobile di Palermo, i servigi di Cannova sarebbero stati decisivi per gli affari dell'imprenditore.Era, ad esempio, lo stesso Cannova a suggerire al Proto di chiedere l’aumento della tariffa per il conferimento dei rifiuti in discarica: “Quindi, se tu vuoi, la revisione della tariffa, non della TIA (Tariffa Igiene Ambientale ndr), della tariffa la puoi chiedere a me direttamente... Mimmo... Mimmo... una cosa una cosa sola. La tariffa di 5 anni fa, ma tu lo sai il gasolio a quanto era 5 anni fà?... ti do un'altra chiave di lettura, un'altra soluzione. E...io sto mettendo avanti l'aggiornamento... ora a febbraio programmo la prima conferenza... in occasione dell'approvazione dell'AIA dell'aggiornamento... e tutto questo incide, incide tantissimo. Ecco perché non si può tenere quella tariffa. Infatti la questione va rivista, però la camuffiamo, come AIA. Capisci?”.
Viaggi, ma anche soldi in contanti. Come emergeva da una conversazione fra Cannova e il figlio che, sostengono gli aggiunti Agueci e Petralia e il sostituto Picchi, si commenta da sola: “Se io lavoro mi da… mi da soldi pe… non regala nessuno niente”; “Se tu li meriti perché sei bravo e lavori, te li danno”; “Ma tu con Mimmo ci collabori?”, “Certo”; “E quindi te li da i soldi?”; “Certo”; “Quanti soldi ti ha dato?”, “Dipende quello che faccio, se guadagno 10.000 mi da 10.000, se guadagno 5.000 mi da 5.000”.
Onde evitare di farsi trovare impreparati, però, Cannova decide di acquisire lo stesso delle informazioni. Tre giorni dopo contattava dopo Federico Vagliasindi (allora consulente dell'assessore regionale all'Energia Giosuè Marino) che era stato designato per partecipare all'ispezione: “Le ripeto la questione non è urgentissima… volevo concordarla con lei per studiare una linea comune tutto qua… per vedere se lei concordava con il mio pensiero”.
In ballo c'era un affare enorme, visto che la Oikos si era portata avanti con i lavori,spendendo 28 dei 31 milioni di euro necessari per l'ampliamento della discarica. E così il 10 ottobre Cannova passava a Proto una nuova notizia riservata: “Il fascicolo è in mano a Mimmo e stasera mi dice se va bene”. Alle 20 e 36 dello stesso giorno scriveva. “I documenti vanno bene. Domani mi faccio spedire da veronica la firma digitale e presento il tutto”. Veronica era una collaboratrice di Proto. Cannova, dunque, scrivono i pm, “ si è interessato di seguire, passo passo, tale pratica amministrativa addirittura concordando con il Proto le fasi successive”.
Più che un funzionario pubblico, dunque sarebbe stato al soldo di Proto. In cambio di cosa?Innanzitutto di viaggi e soggiorni. Tutti extra lusso. Nel novembre 2011 l'imprenditore catanese ha pagato al dipendente la trasferta a Rimini in occasione della fiera Ecomondo sul riciclo di rifiuti. “Ti ho messo partenza da Catania, vedi... perché se no dovevi... - diceva proto a Cannova -. Fai una cosa, parla con Veronica.... dagli l'input qual è la disponibilità e ti faccio cambiare tutte cose”. E Cannova ricambiava con informazioni preziose: “Senti, vedi che è arrivato l'altro documento che praticamente parla di nuovo di e... annullamento del decreto AIA nei confronti di Oikos... ora faccio i fax e glieli faccio arrivare a Veronica, quindi questa cosa continua, è quella del direttore, pensavo fosse finita e invece continua"
Proto temeva il ritiro dell'autorizzazione: Da parte di chi arriva questo documento?”. Risposta: “ Da parte del direttore, che, praticamente, gli ha scritto l'ufficio di gabinetto dell'assessore, perché ha avuto la richiesta da parte della Prefettura. Ufficio di presidenza, segreteria tecnica, da parte del presidente... della... della Regione... Scrive Arnone perché vuole risposta la Monterosso, Patrizia Monterosso, ch'è il capo di gabinetto di Lombardo... te lo faccio arrivare tramite fax.. ehm... stasera vattelo a prendere in ufficio”. Cannova è partito per Rimini, portandosi dietro il “documento in originale” e ha alloggiato al Grand Hotel. Cinque stelle lusso. Il conto - 717 euro - è stato pagato con carta di credito di Proto. E non è l'unico soggiorno.
Dal 3 al 7 gennaio 2012 Cannova, con tutti i suoi familiari, ha dormito all'Hotel Baja Verde di Acicastello. Sempre a spese della Oikos. È stato lo spunto investigativo per andare a ritroso nel tempo e scoprire che tra il 2008 ed il 2012 i Cannova hanno soggiornato venti volte nello stesso albergo. Le fatture erano tutte intestate, tranne una, alla Oikos per un totale di 31.152. D'altra parte, secondo i poliziotti della Sezione reati contro la pubblica amministrazione della Suadra mobile di Palermo, i servigi di Cannova sarebbero stati decisivi per gli affari dell'imprenditore.Era, ad esempio, lo stesso Cannova a suggerire al Proto di chiedere l’aumento della tariffa per il conferimento dei rifiuti in discarica: “Quindi, se tu vuoi, la revisione della tariffa, non della TIA (Tariffa Igiene Ambientale ndr), della tariffa la puoi chiedere a me direttamente... Mimmo... Mimmo... una cosa una cosa sola. La tariffa di 5 anni fa, ma tu lo sai il gasolio a quanto era 5 anni fà?... ti do un'altra chiave di lettura, un'altra soluzione. E...io sto mettendo avanti l'aggiornamento... ora a febbraio programmo la prima conferenza... in occasione dell'approvazione dell'AIA dell'aggiornamento... e tutto questo incide, incide tantissimo. Ecco perché non si può tenere quella tariffa. Infatti la questione va rivista, però la camuffiamo, come AIA. Capisci?”.
Viaggi, ma anche soldi in contanti. Come emergeva da una conversazione fra Cannova e il figlio che, sostengono gli aggiunti Agueci e Petralia e il sostituto Picchi, si commenta da sola: “Se io lavoro mi da… mi da soldi pe… non regala nessuno niente”; “Se tu li meriti perché sei bravo e lavori, te li danno”; “Ma tu con Mimmo ci collabori?”, “Certo”; “E quindi te li da i soldi?”; “Certo”; “Quanti soldi ti ha dato?”, “Dipende quello che faccio, se guadagno 10.000 mi da 10.000, se guadagno 5.000 mi da 5.000”.
“BUSTARELLE”,
VIAGGI E SESSO ARRESTATO FUNZIONARIO REGIONALE
In cambio di denaro, viaggi,
regali costosi un funzionario regionale dell’Assessorato Ambiente della Regione
siciliana, Gianfranco Cannova, avrebbe rilasciato autorizzazioni richieste
per lo smaltimento dei rifiuti nell’Isola. Ma il dipendente ‘infedele’ è stato
scoperto e arrestato. Con il funzionario regionale sono finiti in carcere
quattro imprenditori, tre siciliani e uno del Nord. Si tratta di Domenico
Proto 48 anni di Catania, Giuseppe Antonioli, novarese di 53 anni e gli
agrigentini Calogero e Niccolò Sodano rispettivamente di 54 e 53 anni.
L’operazione è stata condotta
dalla Polizia di Stato che all’alba di oggi ha dato esecuzione ad
un’ordinanza cautelare nei confronti dei cinque arrestati, accusati, a
vario titolo di corruzione nell’ambito dei procedimenti amministrativi volti al
rilascio/rinnovo delle autorizzazioni richieste per lo smaltimento dei
rifiuti.
Il provvedimento è stato
emesso dal locale ufficio gip, su richiesta della Procura della
Repubblica di Palermo. L’indagine, iniziata nel 2011 e protrattasi per due
anni, è stata condotta dagli agenti di polizia di Palermo, con l’ausilio
dei colleghi di Agrigento, in considerazione del coinvolgimento nell’indagine
di due imprenditori nativi e operanti nell’Agrigentino e di altra attività
investigativa, insistente in quel territorio, dalla quale si è tratto
spunto.
Nel corso delle indagini, la
Polizia di Stato ha acclamato che questo settore amministrativo è
caratterizzato da una “stratificazione normativa e da un complesso e macchinoso
apparato burocratico. Tali peculiarità hanno permesso al funzionario
infedele, nelle diverse fasi della procedura amministrativa, di ‘giostrare’
nella gestione delle procedure connesse al rilascio dei provvedimenti,
agevolando gli imprenditori e preservandoli dall’ordinaria attività di
controllo e monitoraggio della PA circa le modalità di gestione delle
discariche e dello smaltimento dei rifiuti, consentendo loro in questo modo di
bypassare indenni tutti i controlli”.
Il quadro di corruttela venuto
alla luce è, per gli inquirenti “senza ombra di dubbio caratterizzato da
estremi di rilevante gravità, in quanto strettamente connessi alla salute
pubblica e alla preservazione del territorio da gravi danni ambientali”.
Le indagini hanno fatto emergere
l’illecita attività del funzionario regionale “che forniva i propri
servizi ‘a pagamento’ anteponendo agli interessi pubblici mere logiche di
guadagno e arricchimento personale”. Era lui il destinatario di sistematiche
regalie ed ingenti somme di denaro da parte degli imprenditori che
necessitavano della connessione di indispensabili autorizzazioni
amministrative rilasciate dall’uffcio a cui era preposto Cannova.
Secondo gli inquirenti il
funzionario finito in carcere sarebbe stato “a disposizione” degli
imprenditori rilasciando o rinnovando i provvedimenti autorizzativi, o comunque
“garantiva una corsia prefenziale al procedimento, nell’attività di consulenza
tecnica degli aspetti amministrativi”. In sostanza il funzionario avrebbe
rilasciato delle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti in cambio di
‘mazzette’. Alcune delle tangenti sono state carpite in diretta dagli
investigatori. Ricostruiti invariati benefit e regalie di cui
beneficiava: dai soggiorni gratis in prestigiose strutture
alberghiere per sè e la sua famiglia e il pagamento e l’uso di una
autovettura a nolo, ma anche prestazioni sessuali a pagamento.
“Cannova faceva della
corruzione un lavoro, una regola di vita”, ha spiegato Silvia Como,
dirigente della sezione per i reati contro la pubblica amministrazione alla
Squadra mobile di Palermo. “C’è una intercettazione – spiega Como – in
cui Cannova si trova in auto e spiega al figlio: ‘se io lavoro mi
danno i soldi’, riferendosi agli imprenditori, insomma un padre dà
un’educazione al figlio alquanto inquietante, sul suo modo di affrontare
una funzione pubblica”. Tra le tangenti intascate ci sono anche soggiorni
in alberghi lussuosi, nel Catanese “per un valore di 30 mila euro almeno”, dice
Como. Oltre a un impianto tv e stereo ad altissimo livello.
“Le norme oscure e complicate
sono il sogno di ogni corrotto, ha detto il procuratore capo di
Palermo, Francesco Messineo, commentando gli arresti di oggi – non
basta l’azione repressiva per combattere la corruzione. È più importante
semplificare le norme ed eliminare le facoltà discrezionali, ma anche
tempi e scadenze certi”.
SMALTIMENTO
RIFIUTI IN SICILIA, ARRESTATO FUNZIONARIO DELLA REGIONE E 4 IMPRENDITORI PER CORRUZIONE
PALERMO. Un funzionario
pubblico e quattro imprenditori, accusati a vario titolo di corruzione
nell'ambito dei procedimenti amministrativi volti al rilascio e rinnovo delle
autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti, sono stati arrestati questa
mattina nel corso dell'operazione Terra Mia condotta dalla Polizia di Stato. Il
provvedimento è stato emesso dal Gip, su richiesta della Procura della
Repubblica di Palermo. L'indagine, iniziata nel 2011 e protrattasi per due
anni, è stata condotta dagli agenti di polizia di Palermo, con l'ausilio dei
colleghi di Agrigento, in considerazione del coinvolgimento nell'indagine di
due imprenditori agrigentini. Nel corso delle indagini, la Polizia di Stato ha
constatato che "questo settore amministrativo è caratterizzato da una
stratificazione normativa e da un complesso e macchinoso apparato
burocratico". Un complesso di norme che ha consentito al funzionario
infedele - dicono gli investigatori - nelle diverse fasi della procedura
amministrativa, di "giostrare" nella gestione delle procedure
connesse al rilascio dei provvedimenti, agevolando gli imprenditori e
preservandoli dall'ordinaria attività di controllo e monitoraggio della
pubblica amministrazione circa le modalità di gestione delle discariche e dello
smaltimento dei rifiuti, consentendo loro in questo modo di bypassare indenni
tutti i controlli. Il quadro di corruzione emerso è molto grave, secondo gli
investigatori, in quanto ha messo a repentaglio la salute pubblica e alla
preservazione del territorio da gravi danni ambientali. I dettagli
dell'operazione saranno resi noti durante una conferenza stampa che si terrà
alle 11 nella sala stampa della Procura a Palermo.
Gli arrestati sono Giuseppe
Antonioli 53 anni, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà
Sant'Andrea (Me), Gianfranco Cannova, 56 anni, funzionario regionale
dell'assessorato territorio e ambiente, Domenico Proto, 48 anni, titolare
discarica di Motta Sant'Anastasia (Ct), i fratelli Calogero e Nicolò Sodano, 54
anni e 53 anni, titolari della discarica Soambiente ad Agrigento.
NEL MARZO DELL'ANNO IN CORSO............
Carmelo Catania
MAZZETTE AD
UN FUNZIONARIO REGIONALE: ECCO COME AVREBBE OTTENUTO L’AIA L’ECOMOSTRO, MENTRE
AL PROCESSO VIVAIO REGGE L’IMPIANTO ACCUSATORIO. LA DISCARICA ERA “COSA” LORO
L’assessorato siciliano
all’Ambiente – dopo un’indagine interna avviata a seguito della segnalazione di
“strani” ritardi nell’iter autorizzativo della nuova (sic) discarica di Gela –
ha scoperchiato un giro di mazzette che coinvolgerebbe funzionari del
dipartimento, con conseguente denuncia alla procura, firmata dall’assessore Mariella
Lo Bello.
Nel mirino è finito un
funzionario, non solo per il caso della discarica di Gela, ma anche per altre
procedure autorizzative rilasciate in passato. In particolare per la
convocazione, nel settembre 2008, di una conferenza dei servizi, dallo stesso
presieduta, che ha rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale per
l’ampliamento di una discarica nella Sicilia orientale, omettendo la vicinanza
a un centro abitato. Il Tar ha poi annullato questa autorizzazione ma, guarda
caso, nell’ottobre del 2008 il funzionario ha acquistato un’Audi A6 in
Lombardia, in una concessionaria che faceva riferimento a un amministratore
della discarica in questione.
«Così è stato nel caso di un
funzionario del Dipartimento ambiente – riferisce l’assessore Lo Bello – che
subito dopo aver presieduto una conferenza di servizi che procedeva al rilascio
dell’autorizzazione, è diventato proprietario di un’automobile acquistata
presso una concessionaria del novarese, il cui amministratore delegato risulta
essere anche l’amministratore delegato della società alla quale era stata
rilasciata l’autorizzazione, autorizzazione che poi il Tar, con due diverse
sentenze nel 2012, ha annullato. Abbiamo così trasferito il funzionario e
presentato una denuncia sospettando un giro di tangenti per oliare alcune
pratiche piuttosto che altre, il tutto in un assessorato noto per le sue
lentezze e le improvvise accelerazioni», dice Mariella Lo Bello.
Vi dice niente? A quale discarica
si riferisce l’indagine dell’assessore Lo Bello? Chi presiedette quella
conferenza dei servizi?
Per chi avesse avuto modo di
leggere il mio La collina della munnizza (2012) ricorderà che nel riportare la
cronaca relativa al secondo ampliamento della discarica di Mazzarrà scrivevo
(pag. 61): «La seconda conferenza dei servizi si tenne il 12 settembre del 2008
[…] dal verbale della riunione risulta che nell’occasione fu chiesto alla
Tirrenoambiente dai rappresentanti dell’Arpa di spiegare l’incongruenza di
informazioni circa la quantità di abbancamento dei rifiuti rilasciato sulla
precedente Aia nei confronti della ditta stessa. Il punto doveva essere di una
certa rilevanza visto che, come risulta sempre dal verbale, sull’argomento ci
fu un’ampia discussione sul quale si erano bloccati i lavori della conferenza.
L’intervento del presidente Cannova [che evidentemente aveva fretta di
concludere i lavori, N.d.A.] con la dichiarazione che sull’argomento in
questione avrebbe preparato una memoria, pose fine al dibattito».
Presunte mazzette o meno, sta di
fatto che la decisione “d’imperio” del presidente diede il via definitivo
all’Aia.
In questi stessi giorni è stata
inoltre emessa l’attesa sentenza al processo d’appello scaturito
dall’operazione Vivaio del 2008. Al centro dell’indagine gli illeciti interessi
del clan di Mazzarrà dal 2003 in poi: il business rifiuti, con lo smaltimento e
le assunzioni alle società che gestivano le discariche di Mazzarrà e Tripi,
Tirrenoambiente e l’Ato comprensoriale, lo smaltimento illecito del pastazzo,
le estorsioni alle imprese edili titolari di importati commesse pubbliche: le
gallerie autostradali e ferroviarie, ad esempio, passando per la guerra interna
al gruppo tra la famiglia di Bisognano, negli anni in cui il boss era in
carcere, e il reggente Tindaro Calabrese, ansioso di prenderne il posto, forte
dell’alleanza col reggente dei barcellonesi, Carmelo D’Amico, e i contatti con
i Lo Piccolo, culminata nell’omicidio di Ninì Rottino. Agli atti dell’inchiesta
anche l’interferenza nelle elezioni amministrative di Furnari, comune poi sciolto
dal Presidente della Repubblica nel 2009 per infiltrazioni mafiose.
L’impianto accusatorio dei pm
Verzera e Massara regge anche in secondo grado. Nel 2012 la prima sentenza
aveva stabilito 16 condanne per quasi 130 anni di carcere e un ergastolo, e
subito dopo erano scattati gli arresti per due “colletti sporchi” ritenuti
collusi ai clan. Quella confermata dalla Corte d’appello di Messina può essere
ritenuta a ragione la prima grossa condanna ad un maxi processo per ecomafia in
Sicilia.
Il verdetto d’appello ha
confermato l’ergastolo per Aldo Nicola Munafò, braccio destro del boss Tindaro
Calabrese – al quale sono stati inflitti 16 anni – accusato di essere
l’esecutore dell’omicidio Rottino, il camionista eliminato nell’estate nel 2006
nella guerra tra Calabrese e il boss, oggi collaboratore di giustizia, Melo
Bisognano. Sconto di pena per quest’ultimo, 7 anni e mezzo. Sconto di pena
anche per il professore Nello Giambò, ex presidente di Tirrenoambiente ed ex
sindaco di Mazzarrà S. Andrea. La condanna per lui scende da 14 a 8 anni. Otto
anni anche per l’imprenditore Michele Rotella inteso “u baruni” che, insieme a
Bisognano e Giambò costituirono la “triade” a cui si deve la nascita della
discarica.
Cannova
2008 Arch Gianfranco Rup 2008 Salvatore Anza'
Autorizzazione-Integrata-Ambientale2 by Pino Ciampolillo
Cannova
arch gianfranco rup aia italcementi aia
scaduta-18-luglio-2010-denuncia-in-autotutela2from Isola Pulita
Italcementi
Conferenze Dei Servizi Per Concessione a.i.a., Dec 693 18 Luglio 2013 Conf.
Serv. Italcementi by Pino Ciampolillo
Italcementi
Autorizzazione Integrata Ambientale Decreto 693 18 Luglio 2013 Diffida Ritiro
Decreto e Denunci... by Pino Ciampolillo
Smaltimento rifiuti in Sicilia, arrestato funzionario della
Regione e 4 imprenditori per corruzione “Bustarelle”, viaggi e sesso
Arrestato funzionario regionale
Smaltimento rifiuti in Sicilia, arrestato funzionario della
Regione e 4 imprenditori per
corruzione,ITALCEMENTI,CANNOVA,TOLOMEO,ZUCCARELLO,SANSONE
MAZZETTE E DISCARICHE, APERTA
UN'INDAGINE INTERNA ALL'ASSESSORATO AMBIENTE: "SI CERCANO COMPLICITÀ"
Nelle carte dell'inchiesta i
dubbi degli inquirenti sul sistema dei controlli. Una commissione al
dipartimento "Accertamenti affidati a esterni". Nel mirino i contatti
del funzionario regionale arrestato con altri burocrati e politici. I rapporti
con i big del settore rifiuti
di ANTONIO FRASCHILLA
Davvero
un semplice funzionario poteva influenzare e a volte prendere decisioni su
discariche, rifiuti e autorizzazioni milionarie? Davvero Gianfranco Cannova,
arrestato perché secondo gli inquirenti avrebbe intascato mazzette dai titolari
delle principali discariche private siciliane, ha fatto tutto da solo? A queste
domande proverà a dare una risposta una commissione che sarà nominata dal
dirigente del dipartimento Territorio e ambiente Gaetano Gullo, che sulla
vicenda delle discariche dell'Oikos e della Tirreno ambiente vuole vederci
chiaro. Specie dopo che lui stesso lunedì scorso ha firmato un verbale che alle
contestazioni mosse dall'ex assessore Nicolò Marino e dal dirigente Rifiuti
Marco Lupo sull'Oikos risponde che tutto è a posto e la discarica può
continuare a lavorare: "Convocherò subito i dirigenti del mio dipartimento
per capire perché hanno dato parere favorevole e mi hanno fatto firmare questo
atto su una discarica nell'occhio del ciclone", dice. Il funzionario
del
servizio autorizzazioni Via-vas deve rispondere al dirigente dell'Unità
operativa, al dirigente del servizio, al dirigente generale del dipartimento e,
a volte, anche all'assessore al ramo. Come faceva Cannova a garantire il risultato
agli imprenditori in piena solitudine? Insomma, sull'assessorato Territorio e
ambiente, ma anche sui dirigenti che hanno lavorato all'assessorato Energia,
ancora ci sono zone d'ombra sulle quali fare luce. Da qui la decisione del neo
dirigente generale Gullo di nominare una commissione d'inchiesta esterna:
"Voglio nominare professionisti che non hanno alcun rapporto con
dipendenti dell'amministrazione ", dice Gullo.
Una
cosa è certa: dalle carte dell'indagine che ha portato all'arresto del
funzionario e di quattro imprenditori (tra i quali i re delle discariche
siciliane, il catanese Domenico Proto e Giuseppe Antonioli) emergono dubbi
degli inquirenti sul coinvolgimento di altri dirigenti, quanto meno
superficiali in alcuni atteggiamenti e decisioni. A esempio nelle carte
dell'indagine si cita un pranzo avvenuto tra Proto, Cannova e un altro alto
dirigente del settore Rifiuti in un noto ristorante di Palermo. Gli inquirenti
sottolineano "l'atipicità" di questo incontro in ambienti non istituzionali
tra i funzionari pubblici e "un soggetto privato" interessato in un
procedimento amministrativo gestito da quegli stessi funzionari. Ma c'è di più.
Dalle intercettazioni emerge anche che il Cannova avrebbe proposto a Proto di
pagare anche questo alto dirigente del Rifiuti che, a suo dire, era vicino al
Partito democratico.
In
un'altra intercettazione, invece, Cannova tranquillizzava gli imprenditori
sull'esito di una conferenza di servizio grazie ai "suoi canali e
amicizie" all'interno della macchina burocratica. Non solo, dalle carte
emerge
poi come Cannova entrava in contrasto con alcuni dirigenti dei dipartimenti
Territorio e Rifiuti, questi magari erano mossi da altri motivi politici perché
parenti di deputati catanesi che sponsorizzavano altre iniziative a scapito
della Oikos.
E,
ancora, Cannova dimostra di avere rapporti diretti anche con ispettori
dell'Arpa, che invitava a pranzo per discutere di iniziative su alcune
discariche. Ad altri dirigenti del dipartimento, invece, Cannova chiedeva
"informazioni" riservate: come ad esempio sulla situazione
burocratica riguardante la società Osmon, riconducibile all'imprenditore
Antonioli, ottenendo "dettagliate informazioni nonché l'apparente
disponibilità dello stesso dirigente contattato ad aiutare l'Antonioli e la sua
società". Il dirigente in questione provava poi a convincere della bontà
dell'iniziativa presentata dalla Osmon l'allora responsabile del dipartimento
Energia Gianluca Galati.
Insomma,
le complicità, più o meno volontarie, ci sono state, eccome. E proprio su
queste si baserà adesso l'indagine interna al dipartimento Ambiente: "Ci
saranno trasferimenti, qui dobbiamo cambiare proprio aria", assicura
l'attuale dirigente generale Gullo, che denuncia come il caso Cannova riguardi
anche il sindacato. "Avevamo trasferito il dipendente ben prima degli
arresti di ieri, proprio perché ci era sembrato che qualcosa non quadrava
- dice Gullo - a esempio vedevamo troppi politici venire in
dipartimento a parlare direttamente con lui. Ma la Uil ci ha fatto opposizione
perché in quanto rappresentante sindacale Cannova non poteva essere trasferito.
Così è tornato nello stesso ufficio della Via-Vas e delle autorizzazioni. Anche
questo un paradosso sul quale andrebbe fatta chiarezza". Intanto i
grillini chiedono di revocare l'autorizzazione alla discarica di Motta
Sant'Anastasia dell'Oikos, nonostante proprio lunedì scorso Gullo abbia firmato
il verbale che invece sostiene che nel sito tutto è in regola. Una bella
matassa che sarà difficile da districare.
"Oikos e Mazzarrà? Bloccate da me
Crocetta dice sciocchezze"
di Claudio
Reale
L'ex assessore: "La vicenda Cannova non
c'entra niente con lo scontro di marzo. Crocetta lo sa. A bloccare il rinnovo
delle autorizzazioni per le discariche del Catanese e del Messinese sono stato
io".
PALERMO - “Oggi mi hanno chiamato in causa diverse persone.
Quasi tutte a sproposito”. Da stamattina il telefono di Nicolò Marino non ha
smesso di squillare. Dopo l'operazione che ha portato all'arresto di un
funzionario dell'assessorato al Territorio e di quattro imprenditori per le
presunte mazzette nel settore dei rifiuti, l'ex titolare della delega
all'Energia nel governo Crocetta è tornato al centro del dibattito. Chiamato in
causa per lo scontro con l'allora assessore al Territorio Mariella Lo Bello nei
giorni in cui è stato presentato l'esposto su Gianfranco Cannova, ma anche per
le sue posizioni sulla questione rifiuti: “Temo – ha detto il presidente della
Regione dell'ex assessore - che su tutta la questione-rifiuti lui abbia
commesso alcuni errori di valutazione”.
Ha sbagliato? Aveva ragione Mariella Lo Bello?
“Quelli che dicono questo dimenticano che questa vicenda riguarda le autorizzazioni per le discariche dell'Oikos e di Mazzarrà. E che sono stato io a costituire la commissione per quegli impianti”.
Si era arrivati a uno stop alle autorizzazioni, se non ricordo male.
“Più precisamente sono stati avviati i procedimenti per il diniego del rinnovo delle autorizzazioni”.
Quando?
“Per Oikos all'inizio dell'anno, per Mazzarrà dopo la fine del mio incarico. Ma è il risultato ottenuto dalla commissione che ho fatto nascere io”.
In quei giorni, però, si scontrava con la Lo Bello. Che ha presentato l'esposto su Cannova.
“La vicenda Cannova non ha niente a che vedere con il dissidio di marzo. E soprattutto non c'entra con la commissione. Anche perché fino a lunedì Gullo, che ha denunciato la vicenda, ha continuato a ribadire che per Oikos è tutto in regola. Tutta questa attività dell'assessore al Territorio e Ambiente io non la vedo”.
In quei giorni si parlava di due modelli diversi. Qual era il suo?
“Togliere il monopolio delle discariche ai privati e fare i controlli sui prezzi di conferimento in discarica. Su quest'ultimo elemento spero che il mio successore vada avanti. Da quando me ne sono andato io tutto è rimasto fermo, e inoltre si è anche vanificata l'azione di razionalizzazione”.
Ok, riformulo la domanda. Qual è il punto
sul quale si è consumato lo scontro con Crocetta?
“Secondo me la pubblica amministrazione deve essere terza e la politica deve avere un ruolo moralizzatore. Deve prescindere da quello che fa l'autorità giudiziaria”.
Come? Proprio lei che è un magistrato dice così?
“La politica ha un ruolo diverso. Io ho trasmesso tutti gli atti alla magistratura, ma limitarsi ad aspettarne l'azione è un errore. Il governo Crocetta si muoveva in una logica diversa. Una volta, su un'altra vicenda, il presidente me lo disse esplicitamente: 'Aspettiamo i magistrati'. Questo andava contro la mia logica”.
Detto oggi suona male. Oggi aspettare la magistratura ha portato i suoi effetti.
“Le ripeto: Cannova non c'entrava niente con la lettera. E tutte le cose che sto dicendo a lei sono state dette al presidente. Crocetta non solo non ha fatto niente: insieme all'assessore pro-tempore ha solo creato ostacoli. Era stato informato, mi creda. Ma lui fa così, l'ha capito?”.
“Così”? Come?
“Cavalca l'onda delle inchieste. Lui invece deve amministrare. Si è circondato di persone non idonee, e io gliel'ho detto molte volte. Lui non solo non si è adeguato, ma si ritiene un tuttologo. Crocetta e l'assessore Lo Bello sanno bene che cosa abbiamo contestato io e il dottore Lupo. Ma le dico di più”.
Dica.
“Crocetta farebbe bene a dimenticare il mio nome. Dice sciocchezze, come quelle che ha detto in Aula sulla vicenda Catanzaro o come quelle che racconta sull'inchiesta di oggi. Lui lo sa che non è vero, e lo sa che questa inchiesta non c'entra nulla con quello scontro di marzo. Ma Crocetta fa così”.
IL
BUSINESS DEI RIFIUTI IN MANO AI PRIVATI, ECCO I BIG E I LORO SPONSOR
di ANTONIO FRASCHILLA
La Sicilia è in mano ai padroni dei rifiuti e
rischia di ritrovarsi in un'emergenza sanitaria senza precedenti se chiuderanno
soltanto alcuni dei siti amministrati dagli imprenditori finiti agli arresti.
Una situazione paradossale, frutto di scelte politiche e di un monopolio difeso
con le unghie e con i denti dai proprietari dei principali impianti dell'Isola,
spesso con l'aiuto dello sponsor politico giusto. A pagare, i cittadini di una
regione che non ha praticamente livelli di differenziata accettabili, meno del
10 per cento, e si trova oggi con appena cinque grandi discariche in funzione e
autocompattatori che viaggiano da una parte all'altra dell'Isola.
Ma chi sono i proprietari delle discariche? Quali i loro sponsor politici negli anni? E perché si è arrivati a questo stato dell'arte? Accantonata la vicenda termovalorizzatori dopo lo stop della Corte di giustizia europea e il sospetto di accordi a tavolino, il governo Lombardo nel 2009 punta tutto sulle discariche. Soprattutto su quelle private, che da sole si vedono in alcuni casi triplicare i volumi di abbancamento di rifiuti concessi per un giro d'affari da 700 milioni di euro. Una fetta grossa va proprio alla Oikos della famiglia di Domenico Proto che, come scrivono i pm nell'ordinanza di arresto, ottiene dal governo Lombardo autorizzazioni ad ampliamenti nelle discariche di Motta Sant'Anastasia per 2,5 milioni di mc.
Ma chi è Domenico Proto? Sicuramente un imprenditore conosciuto da diversi fronti della politica catanese, con rapporti e amicizie trasversali, dall'ex governatore Raffaele Lombardo all'ex senatore Domenico Sodano. Nelle ultime elezioni amministrative a Motta Sant'Anastasia il nome di Proto è stato spesso evocato dai vari candidati. Una campagna elettorale, quella nel Comune etneo, che si è giocata proprio sulla discarica della Oikos, contestata da alcuni, sostenuta da altri. Proto è considerato amico dell'ex senatore Sudano: la nipote, Valeria, è una deputata di Articolo 4 e insieme a Luca Sammartino, capogruppo all'Ars, ha sostenuto il sindaco vincente Anastasio Carrà, accusato dai rivali di avere una posizione morbida sul futuro della discarica.
Ma anche altri candidati sindaco hanno avuto un ruolo negli ampliamenti della discarica dei Proto, come l'ex sindaco Mpa Angelo Giuffrida, e proprio con il capo del partito, Lombardo, Proto vanta di avere rapporti diretti. In ogni caso, la Oikos insieme alla ditta romana Ipi è entrata anche nella raccolta dei rifiuti a Catania sotto l'amministrazione Stancanelli. Trovandosi oggi ad essere sia gestore della raccolta sia della discarica dove i rifiuti vanno a finire. Stancanelli però assicura di non avere tra i suoi amici i Proto: "Ho ricevuto nella scorsa campagna elettorale un finanziamento di 50 mila euro dalla Ipi, i Proto non mi hanno appoggiato nella sfida contro Enzo Bianco", dice.
Tra i principali avversari di Proto e della discarica dell'Oikos c'è il sindaco di Misterbianco Nino Di Guardo del Pd, che ha appena pubblicato un bando per la realizzazione di un grande impianto di compostaggio vinto dalla Sicula Trasporti. E qui compaiono gli altri grandi padroni dei rifiuti in Sicilia, la famiglia Leonardi che, nel 2009, si è vista autorizzare dalla Regione abbancamenti per 1,9 milioni di mc nella discarica di Grotte San Giorgio. Altra mega discarica è quella di Mazzarà Sant'Andrea, gestita dalla Tirreno Ambiente, il cui amministratore Giuseppe Antonioli è finito agli arresti: nel 2009 sotto il governo Lombardo ha avuto autorizzati abbancamenti per un fatturato apri a 155 milioni.
C'è poi una quarta grande discarica in funzione gestita da privati: quella di Siculiana di proprietà di Giuseppe Catanzaro, numero due di Confindustria Sicilia, l'associazione che dal 2009 esprime un assessore, sia nel governo Lombardo con Marco Venturi alle Attività produttive, sia in quello Crocetta con Linda Vancheri. Catanzaro ha avuto autorizzazioni nel 2009 per 2,9 milioni di metri cubi. Da qualche mese all'assessorato Energia sono stati avviati i procedimenti di revoca sia alla Oikos sia alla Tirreno Ambiente, ai quali si oppone l'assessorato Territorio e ambiente, ma una cosa è fuor di dubbio: un'eventuale chiusura dei siti farebbe scattare l'emergenza.
Ma chi sono i proprietari delle discariche? Quali i loro sponsor politici negli anni? E perché si è arrivati a questo stato dell'arte? Accantonata la vicenda termovalorizzatori dopo lo stop della Corte di giustizia europea e il sospetto di accordi a tavolino, il governo Lombardo nel 2009 punta tutto sulle discariche. Soprattutto su quelle private, che da sole si vedono in alcuni casi triplicare i volumi di abbancamento di rifiuti concessi per un giro d'affari da 700 milioni di euro. Una fetta grossa va proprio alla Oikos della famiglia di Domenico Proto che, come scrivono i pm nell'ordinanza di arresto, ottiene dal governo Lombardo autorizzazioni ad ampliamenti nelle discariche di Motta Sant'Anastasia per 2,5 milioni di mc.
Ma chi è Domenico Proto? Sicuramente un imprenditore conosciuto da diversi fronti della politica catanese, con rapporti e amicizie trasversali, dall'ex governatore Raffaele Lombardo all'ex senatore Domenico Sodano. Nelle ultime elezioni amministrative a Motta Sant'Anastasia il nome di Proto è stato spesso evocato dai vari candidati. Una campagna elettorale, quella nel Comune etneo, che si è giocata proprio sulla discarica della Oikos, contestata da alcuni, sostenuta da altri. Proto è considerato amico dell'ex senatore Sudano: la nipote, Valeria, è una deputata di Articolo 4 e insieme a Luca Sammartino, capogruppo all'Ars, ha sostenuto il sindaco vincente Anastasio Carrà, accusato dai rivali di avere una posizione morbida sul futuro della discarica.
Ma anche altri candidati sindaco hanno avuto un ruolo negli ampliamenti della discarica dei Proto, come l'ex sindaco Mpa Angelo Giuffrida, e proprio con il capo del partito, Lombardo, Proto vanta di avere rapporti diretti. In ogni caso, la Oikos insieme alla ditta romana Ipi è entrata anche nella raccolta dei rifiuti a Catania sotto l'amministrazione Stancanelli. Trovandosi oggi ad essere sia gestore della raccolta sia della discarica dove i rifiuti vanno a finire. Stancanelli però assicura di non avere tra i suoi amici i Proto: "Ho ricevuto nella scorsa campagna elettorale un finanziamento di 50 mila euro dalla Ipi, i Proto non mi hanno appoggiato nella sfida contro Enzo Bianco", dice.
Tra i principali avversari di Proto e della discarica dell'Oikos c'è il sindaco di Misterbianco Nino Di Guardo del Pd, che ha appena pubblicato un bando per la realizzazione di un grande impianto di compostaggio vinto dalla Sicula Trasporti. E qui compaiono gli altri grandi padroni dei rifiuti in Sicilia, la famiglia Leonardi che, nel 2009, si è vista autorizzare dalla Regione abbancamenti per 1,9 milioni di mc nella discarica di Grotte San Giorgio. Altra mega discarica è quella di Mazzarà Sant'Andrea, gestita dalla Tirreno Ambiente, il cui amministratore Giuseppe Antonioli è finito agli arresti: nel 2009 sotto il governo Lombardo ha avuto autorizzati abbancamenti per un fatturato apri a 155 milioni.
C'è poi una quarta grande discarica in funzione gestita da privati: quella di Siculiana di proprietà di Giuseppe Catanzaro, numero due di Confindustria Sicilia, l'associazione che dal 2009 esprime un assessore, sia nel governo Lombardo con Marco Venturi alle Attività produttive, sia in quello Crocetta con Linda Vancheri. Catanzaro ha avuto autorizzazioni nel 2009 per 2,9 milioni di metri cubi. Da qualche mese all'assessorato Energia sono stati avviati i procedimenti di revoca sia alla Oikos sia alla Tirreno Ambiente, ai quali si oppone l'assessorato Territorio e ambiente, ma una cosa è fuor di dubbio: un'eventuale chiusura dei siti farebbe scattare l'emergenza.
L'Isola com'è finita nelle mani dei privati? Il consulente nominato dall'ex assessore Marino, il docente Aurelio Angelini, non ha dubbi: "Per una scelta precisa del governo Lombardo, che negli stessi anni negava ai Comuni l'apertura di piccole discariche lasciando il monopolio ai privati".
SCANDALO MAZZETTE,
LA REGIONE CHIUDE LA DISCARICA DI MOTTA SANT'ANASTASIA
Dopo l'arresto di un funzionario
regionale e di quattro imprenditori del settore dei rifiuti, l'assessorato
all'Energia non rinnova l'autorizzazione alla discarica catanese. A rischio il
conferimento dei rifiuti per 90 comuni siciliani
di ANTONIO FRASCHILLA
L'assessorato regionale all'Energia non ha rinnovato l'autorizzazione
per la discarica di contrada Valanghe d'Inverno, a Motta Sant'Anastasia, in
provincia di Catania, bloccando il rinnovo del decreto del 2009 che la
autorizzava. La decisione arriva dopo l'arresto
di un funzionario regionale e di quattro imprenditori dei rifiuti
nell'ambito
dell'operazione "Terra mia".
In particolare lo stop arriva anche per "la mancanza dell'obbligo di trattamento dei rifiuti con l'effetto che la discarica non è dotata di un impianto a monte idoneo". Il provvedimento firmato dal dirigente Marco Lupo dà 60 giorni di tempo alla Oikos, la società che gestisce la discarica, per presentare il piano di chiusura, in quanto la nuova discarica realizzata a fianco di quelle già esistenti e piene è stata aperta da meno di un anno e adesso deve essere bonificata. La società può fare ricorso al Tar, ma per la Regione a settembre la discarica deve essere chiusa
Soddisfazione per il no della Regione Siciliana alla discarica è stata espressa dai deputati M5s all'Ars. "Lo scorso anno - commentano i Cinquestelle - avevamo sottoscritto la mozione all'Ars, in cui impegnavamo il governo alla revoca del medesimo decreto. Veniva chiesto, altresì, di provvedere all'individuazione di un sito alternativo, adeguatamente distante dai centri abitati".
In particolare lo stop arriva anche per "la mancanza dell'obbligo di trattamento dei rifiuti con l'effetto che la discarica non è dotata di un impianto a monte idoneo". Il provvedimento firmato dal dirigente Marco Lupo dà 60 giorni di tempo alla Oikos, la società che gestisce la discarica, per presentare il piano di chiusura, in quanto la nuova discarica realizzata a fianco di quelle già esistenti e piene è stata aperta da meno di un anno e adesso deve essere bonificata. La società può fare ricorso al Tar, ma per la Regione a settembre la discarica deve essere chiusa
Soddisfazione per il no della Regione Siciliana alla discarica è stata espressa dai deputati M5s all'Ars. "Lo scorso anno - commentano i Cinquestelle - avevamo sottoscritto la mozione all'Ars, in cui impegnavamo il governo alla revoca del medesimo decreto. Veniva chiesto, altresì, di provvedere all'individuazione di un sito alternativo, adeguatamente distante dai centri abitati".
IL
FUNZIONARIO CONFESSA E COLLABORA RIFIUTI, L'INDAGINE PARALLELA
Martedì 22 Luglio 2014 - 06:11 di Riccardo
Lo Verso
Il funzionario dell'assessorato regionale al Territorio e
ambiente risponde al Gip e si dice pronto a farlo anche con i pubblici
ministeri di Palermo. Che oggi gli chiederanno notizie non solo sull'inchiesta
sfociata negli arresti di venerdì, ma pure su quella ancora top secret.
Possibile il coinvolgimento di altri imprenditori.
PALERMO - Confessa
e collabora. Gianfranco Cannova risponde al Giudice per le indagini preliminari
e si dice pronto a fare la stessa cosa con i pubblici ministeri. Che gli chiederanno notizie non solo
sull'inchiesta per cui venerdì è stato arrestato, ma pure su quella ancora top
secret.
Esiste, infatti, un'indagine parallela a quella sulle mazzette intascate dal funzionario dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente, sfociata nel blitz di venerdì scorso. E sempre di tangenti si tratterebbe, ma nel mirino ci sarebbero altri imprenditori. Non solo i quattro finiti ai domiciliari. E non è escluso il coinvolgimento anche di altri pubblici funzionari.
I pubblici ministeri di Palermo scandagliano quella che è stata definita la capacità di Cannova di sfruttare “le sue doti di abile tessitore di rapporti professionali, di amicizie e di contatti gestendo il proprio incarico di servizio come un fatto privato; peraltro è emerso che gli interventi facenti parte dei patti criminosi hanno riguardato anche atti non di stretta competenza dell'ufficio dove operava direttamente il funzionario, ma comunque venuti a conoscenza di quest'ultimo in ragione del suo ruolo istituzionale o sfruttando le sue conoscenze e amicizie con soggetti operanti in altri uffici pubblici, anch'essi impegnati nel settore delle discariche e dello smaltimento dei rifiuti”.
La due giorni in Procura di Cannova è iniziata ieri e proseguirà oggi. Innanzitutto ha scelto di non avvalersi della facoltà di non rispondere nel corso dell'interrogatorio di garanzia davanti al Giudice per le indagini preliminari Vittorio Anania. Tre ore di risposte, fra mattina e pomeriggio, in presenza dei suoi legali, gli avvocati Massimo Motisi e Giuseppe Torre, per ammettere alcuni episodi di corruzione e per smentirne altri. La vicenda della macchina e del televisore pagati dagli imprenditori per i suoi favori non sarebbero andate, secondo il suo racconto, per come li hanno ricostruiti i poliziotti della sezione Reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile.
Era impossibile, però, negare l'evidenza delle intercettazioni da cui emergevano le mazzette in contanti. Gli imprenditori finiti ai domiciliari sono gli agrigentini Calogero e Nicolò Sodano, il catanese Domenico Proto e il novarese Giuseppe Antonioli. C'è, però, l'inchiesta parallela per cui Cannova nei mesi scorsi ha ricevuto la proroga delle indagini. Ed è un'indagine successiva ancora in divenire per la quale è stato necessario un supplemento investigativo.
Motta,
i motivi della chiusura della discarica
La Regione: stop e bonifica entro ottobre
Di
Carmen Valisano | 23 luglio 2014
Se il programma stilato dal dirigente regionale Marco Lupo verrà
rispettato, entro l’autunno l’impianto di contrada Valanghe d’inverno dovrà
terminare ogni attività. Nel frattempo l’azienda proprietaria – la Oikos spa,
coinvolta nell’inchiesta della magistratura palermitana Terra mia – dovrà garantire il servizio di
raccolta e conferimento dei rifiuti. Ma rimane l’incertezza su quali saranno le
nuove destinazioni dei compattatori di 90 Comuni
Un’inchiesta effettuata da un pool di
tecnici, diverse conferenze dei servizi,
un’indagine della magistratura il
cui eco ancora si fa sentire tra le pareti di numerosi uffici regionali e non
solo. Tanto è stato necessario per permettere al dipartimento regionale
dell’Energia di non rinnovare l’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) rilasciata alla Oikos spa per
l’attività della discarica di contrada Valanghe d’inverno, a Motta
Sant’Anastasia. La notizia è giunta oggi, ma la decisione è
stata presa il giorno prima dal dirigente incaricato, Marco
Lupo.
Le obiezioni presentate ai
vertici della Oikos (il cui rappresentante, Domenico Proto, è agli arresti
domiciliari perché coinvolto nell’operazione Terra mia) non sono state superate. Nella loro
relazione i tecnici «avevano evidenziato, sotto diversi profili, l’insussistenza
delle condizioni giuridiche e fattuali necessarie per il richiesto rinnovo del
drs 221 del 29 marzo 2009», si legge nel decreto firmato
ieri. Criticità non da poco, che «assumono particolare rilevanza, ai fini
del diniego del rinnovo dell’autorizzazione». L’elenco è denso: si va
dalla «dichiarazione di illegittimità dal punto di vista urbanistico»,
al «procedimento di Via (Valutazione di impatto ambientale, ndr) viziato»
perché redatto e depositato oltre i termini. E poi la violazioni di alcune
normative – anche comunitarie – per il pretrattaggio dei rifiuti e la
biostabilizzazione della frazione organica e la mancanza di delimitazione
dell’area di pertinenza dell’impianto Oikos
Nell’ordinanza viene citata l’inchiesta dalla Procura di Palermo, un
elemento, confermano vertici del dipartimento regionale, che ha avuto un
indubbio peso sulla decisione finale del dirigente Lupo. Viene dunque ritenuto
«necessario e conseguente all’emissione del provvedimento di diniego di rinnovo
dell’Aia 221/2009, la predisposizione di un progetto di chiusura
definitiva» e inoltre «autorizzare e programmare le modalità di
realizzazione del ripristino ambientale e le attività di postgestione della
discarica». Chiusura e bonifica.
Ma il problema che numerosi cittadini di
Motta e della vicinaMisterbianco,
subito dopo l’euforia per la notizia della chiusura, hanno sollevato attraverso
i social network riguarda la nuova destinazione dei rifiuti. Un
interrogativo al quale i dirigenti regionali non danno risposta. «Ad oggi
presso la discarica vengono conferiti i rifiuti prodotti nei territori di circa 90
Comuni appartenenti
a diversi ambiti ottimali (Ato)». Sono quattro catanesi, uno di Enna e di Ragusa, tre di
Messina. All’azienda è intimato di «assicurare la continuità del servizio pubblico di raccolta degli rsu destinati allo
smaltimento, per un periodo breve ma idoneo a consentire al dipartimento di
riorganizzare il flusso dei rifiuti e riprogrammare un piano dei conferimenti
che ad oggi vengono effettuati nella discarica di contrada Valanghe d’inverno,
mediante l’individuazione di siti alternativi per lo smaltimento». Quali
saranno le nuove rotte è difficile prevederlo. L’altro sito emergenziale della
Sicilia orientale è quello messinese di Mazzarrà Sant’Andrea, anche questo
sotto inchiesta, che già ospita camion da oltre cento cittadine siciliane.
L’altra struttura papabile è dunque quella di Siculiana, in provincia di
Agrigento.
Per il sito mottese è disposto che il
progetto definitivo di chiusura e ripristino ambientale «dovrà essere trasmesso
al dipartimento regionale dell’Acqua e dei rifiuti entro il 31
agosto». Il documento sarà verificato dagli enti competenti e
dovrà essere attuato entro 60 giorni dall’approvazione. Se il probabile ricorso
presentato da Proto non dovesse essere accettato, entro
ottobre i cancelli dell’impianto di contrada Valanghe d’inverno dovrebbero
chiudersi.
RIFIUTI: ATO 2
FALLITO, EMERGENZA NEL PALERMITANO DIPENDENTI A RISCHIO,
1 MILIARDO DI DEBITI VERSO LE DISCARICHE
GIULIO AMBROSETTI 13
GENNAIO 2015
CRONACA – La gestione
commissariale dell'Ato Belice Palermo 2 scadrà il 15 gennaio. Dal giorno dopo
chi raccoglierà la spazzatura nei 17 Comuni interessati? Anche di questo si è
parlato ieri in due riunioni convocate alla Regione. Nel frattempo la discarica
di Bellolampo accoglie i rifiuti di decine di Comuni anche dell'Agrigentino
Tanto per cambiare, in buona
parte dei paesi della provincia di Palermo è esplosal’emergenza rifiuti. Il 23
dicembre scorso è fallito l’Ato rifiuti alto Belìce Palermo 2, società
d’ambito che vede insieme i Comuni di Monreale, San Cipirello, San
Giuseppe Jato, Camporeale, Bisacquino, Chiusa Sclafani, Giuliana, fino
a Contessa Entellina. Sono 17 Comuni per un totale di circa 120mila
abitanti. Fino al 15 gennaio l’Ato andrà avanti con il commissario
regionale, Maurizio Norrito (tutti gli Ato rifiuti della Sicilia sono
commissariati), e con la curatela fallimentare. E dopo?
Il tema è stato affrontato ieri
nel corso di due riunioni convocate a Palermo. La prima - di mattina -
presso la sede dell’assessorato ai Rifiuti. La seconda, nel pomeriggio, presso
la Prefettura del capoluogo dell’Isola. Va detto che questo scenario di crisi è
stato ereditato dal nuovo assessore regionale ai Rifiuti, Vania
Contraffatto, che sta provando ad affrontare una situazione difficilissima.
Perché non è facile capire come affrontare il problema rifiuti in questi 17
Comuni dal 16 gennaio in poi.
Non può essere esclusa una
soluzione legislativa, ovvero una legge da parte del Parlamento siciliano. Ma,
ovviamente, non si tratterebbe di una soluzione a brevissimo periodo. Intanto
c’è da affrontare l’emergenza, perché con il fallimento dell’Ato Palermo 2 non
si capisce chi dovrà raccogliere l’immondizia in questi 17 paesi. E non si
capisce che fine faranno i 277 dipendenti di questo Ato.
La situazione è grave anche nei
Comuni del Palermitano dell’Ato Palermo 1(Carini, Capaci, Villagrazia di
Carini, Terrasini, Cinisi, Isola delle Femmine, fino a Partinico). Da
queste parti, in realtà, l’emergenza dura ormai da qualche anno: nel senso che
l’immondizia rimane non raccolta per settimane e settimane. Lo spettacolo fa
una certa impressione, perché nelle strade che collegano questi centri, spesso,
le montagne di rifiuti si susseguono per chilometri.
L’Ato Palermo 1 non è fallito, ma
la gestione è sempre stata sofferta. «A Carini, dove in media vengono
prodotte 100 tonnellate di spazzatura al giorno - si legge in un lancio
dell’Ansa - c'è una distesa di spazzatura lunga due chilometri. Per arginare
l'emergenza il Comune ha deciso di impegnare 20mila euro per potenziare le
operazioni di raccolta». Sulla vicenda è intervenuto il sindaco di Carini che,
sempre all’Ansa, ha detto: «Stentiamo a raccogliere la spazzatura che si è
accumulata durante le festività. Oggi per strada ci sono 700 quintali di
rifiuti non raccolti. Ho disposto un intervento straordinario perché i mezzi
dell'Ato Palermo non bastano. Entro venerdì la situazione dovrebbe rientrare».
Il problema rifiuti, in Sicilia,
ha mille sfaccettature. C’è la crisi degli Ato. Quello dell’alto Belìce
Ambiente Palermo 2, come già accennato, è fallito. Ma ce ne sono altri che non
sono messi meglio. Al 31 dicembre 2012 l’indebitamento di tutti gli Ato
rifiuti della Sicilia verso il sistema delle discariche (e quindi verso le
discariche pubbliche e private) ammontava a circa un miliardo e 400
milioni di euro. Oggi non si sa se l’indebitamento è diminuito o cresciuto.
Si sa, invece, che, negli ultimi
due anni, la Regione ha anticipato ai Comuni una parte dei fondi per pagare il
sistema delle discariche. Ma adesso l’assessorato regionale ai Rifiuti
avrebbe fornito i dati all’assessorato all’Economia perchiedere ai Comuni la
restituzione delle somme anticipate. Un bel problema per gli stessi Comuni
coinvolti, che saranno costretti ad aumentare le tariffe. Insomma, a
pagare per la disastrosa gestione dei rifiuti della Sicilia - imperniata ancora
oggi sulle discariche - saranno i cittadini.
Un altro problema riguarda le
stesse discariche. Alcune sono state chiuse dalla magistratura in seguito a indagini
(Motta Sant’Anastasia e Mazzarrà Sant’Andrea). Durante le vacanze di Natale un
contestatissimo provvedimento amministrativo del dirigente generale del
dipartimento regionale dei Rifiuti,Domenico Armenio, invitava i cittadini di un
bel gruppo di Comuni della provincia di Palermo e Agrigento a tenersi in casa
l’immondizia per mancanza di discariche.
Scelta, questa, che è stata
contestata dal presidente dell’Anci Sicilia, Leoluca Orlando, che è anche
sindaco di Palermo, che ha parlato di una Regione che favorirebbe i privati. In
effetti, lo stesso Orlando qualche giorno prima, ha messo a disposizione dei
Comuni del Palermitano la discarica di Bellolampo, che è pubblica. Così la
Regione ha fatto precipitosamente marcia indietro, ritirando il provvedimento
amministrativo che avrebbe obbligato i cittadini di tanti Comuni del
Palermitano e dell’Agrigentino a teneri i rifiuti in casa.
Il vero problema di tutta questa
incredibile storia è che in Sicilia la raccolta differenziata dei rifiuti,
oggi, è sotto il 5-6 per cento. Era cresciuta dal 2001 al 2008, soprattutto in
provincia di Agrigento. Poi è arrivato il governo Lombardo-Pd. E sono
tornate le discariche, in buona parte private.
CRONACA – Tra pochi
giorni, il 15 gennaio, partirà il processo che mette sotto accusa un dipendente
regionale dell'assessorato Territorio e ambiente e i dirigenti di tre
discariche in tutta la Sicilia. Tra queste anche quella di proprietà della
Oikos spa, nel territorio mottese. La giunta guidata dal primo cittadino Carrà
nominerà con provvedimento urgente un legale per tutelare la cittadina
Motta Sant'Anastasia si costituirà parte civile nel
procedimento scaturito dall'operazione Terra mia.
L'inchiesta della procura della Repubblica di Palermo,
resa nota lo scorso luglio, ha messo in luce un sistema di presunte corruzioni
nella gestione delle discariche private in tutta la
Sicilia. Nell'indagine è coinvolta la Oikos spa,
azienda proprietaria della contestata discarica nel territorio mottese, da qui
la decisione presa dalla giunta guidata dal primo cittadino Anastasio
Carrà che mira a tutelare «gli interessi e l'immagine del
Comune di Motta Sant'Anastasia». Come si legge nella delibera firmata
lo scorso 2 gennaio, dal lavoro della procura «emergono, tra
l'altro, inquietanti scenari in merito alle attività di gestione dei rifiuti
nella discarica sita in territorio comunale e di cui è titolare la suddetta
società».
Secondo gli inquirenti palermitani, fulcro
del meccanismo sarebbe stato Gianfranco Cannova (dipendente
dell'assessorato regionale Territorio e ambiente) che avrebbe rilasciato
autorizzazioni alle attività di diversi impianti senza i relativi
controlli, accettando denaro, regali e viaggi, agevolando gli iter
per gli impianti amici. Un
eventuale quadro di corruzione preoccupante nel quale
sarebbero coinvolti il proprietario della Oikos spa Domenico
Proto, gli imprenditori Giuseppe Antonioli (amministratore
della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, in provincia di Messina) e i
fratelli Calogero(ex senatore della Casa delle
libertà) e Nicolò Sodano, responsabili della Soambiente
di Agrigento.
Tutti gli indagati sono stati rinviati a
giudizio e giovedì 15 gennaio compariranno davanti ai giudici del tribunale di
Palermo. Così, quasi sei mesi dopo l'apertura del fascicolo e gli arresti
domiciliari per Proto, i rappresentanti del Comune
mottese propongono di «costituirsi parte civile nel procedimento penale
scaturito dall'operazione», e - con provvedimento esecutivo, data l'urgenza - «dare
mandato al sindaco di provvedere con propria determina a nominare il
professionista di fiducia». Una mozione uguale, condivisa da tutta
l'opposizione, era stata già approvata dal consiglio comunale a ridosso dello
scandalo. Anche il sindaco del vicino Comune di Misterbianco, Nino Di Guardo,
negli infuocati giorni successivi, aveva annunciato la stessa
misura.
RIFIUTI E CORRUZIONE,
ARRESTATO MIMMO PROTO IN MANETTE 4 IMPRENDITORI E UN FUNZIONARIO
CARMEN VALISANO 18
LUGLIO 2014
CRONACA –
L'operazione, denominata Terra mia, ha portato all'individuazione
di un complesso sistema di procedure ambientali non seguite e controlli evitati
grazie al presunto pagamento di tangenti. Coinvolti quattro titolari di
discariche, tra i quali il proprietario dell'impianto di contrada Tiritì, a
Motta Sant'Anastasia. Il dipendente regionale «rilasciava le autorizzazioni Aia
e gestiva l’ufficio come suo feudo. Con gli imprenditori amici era prodigo di
consigli anche per fregare l’amministrazione pubblica».
Un funzionario della Regione e quattro imprenditori legati alla gestione dei
rifiuti sono stati arrestati stamattina dagli uomini della squadra mobile
di Palermo. Tra
loro spicca il nome di Domenico
Proto, titolare della Oikos spa, la ditta proprietaria del mega-impianto
di contrada Tiritì-Valanghe
d'inverno. Secondo le accuse, Gianfranco Cannova (dipendente
dell'assessorato regionale Territorio e ambiente) avrebbe avuto un
ruolo nella gestione delle procedure più importanti, quelle
legate al rilascio delle
autorizzazioni all'attività delle discariche. In cambio di
regali e viaggi, avrebbe agevolato gli iter d evitato agli
impianti amici controlli
e monitoraggi ai quali avrebbero dovuto invece sottostare. Un quadro di corruzione definito dagli inquirenti
molto grave nel quale sono coinvolti, oltre a Proto,
gli imprenditori Giuseppe
Antonioli (amministratore della discarica di Mazzarrà
Sant'Andrea, in provincia di Messina) e i fratelli Calogero (ex senatore della Casa
delle libertà) e Nicolò Sodano, responsabili
della Soambiente di Agrigento.
L'operazione, denominata Terra mia, ha avuto inizio nel 2011
ed è durata oltre due anni. I titolati delle indagini hanno messo in rilievo
come «questo settore amministrativo è caratterizzato da una stratificazione normativa e
da uncomplesso e macchinoso apparato
burocratico». Elementi che hanno facilitato l'azione contestata
al presunto funzionario infedele. «La
corruzione e i corrotti sono un rifiuto speciale e pericolosi -
dichiara il procuratore aggiungo di Palermo Dino Petralia - L'imprenditore
del Catanese (Domenico Proto, ndr) aveva bisogno di ampliare la discarica a tre
milioni di metri cubi. Aveva bisogno dell'Autorizzazione integrata
ambientale. Sembra che l'azione
per ottenerla in modo illegale sia la regola». A lui fa eco il
collega Leonardo Agueci:
«Il funzionario regionale rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva l'ufficio come suo feudo. Con
gli imprenditori amici era prodigo di consigli anche per fregare l'amministrazione pubblica».
Nessuna remora di controlli. «Poteva svolgere una attività illecita con la
massima disinvoltura».
Sia il sito di
contrada Tiritì-Valanghe d'inverno che l'impianto messinese
di Mazzarrà
Sant'Andrea sono sotto inchiesta da parte della dirigenza
regionale all'Ambiente per presunte violazioni compiute nella gestione dei
rispettivi impianti. Un'inchiesta avviata qualche mese fa dall'ex assessore
regionale Nicolò Marino.
Soambiente gestisce i siti agrigentini di Siculiana econtrada
Monserrato e a Noto (in provincia di Siracusa) quello
di contrada Stallaini.
A poche ore dall'arresto di Proto,
intanto, Confindustria Catania ha
sospeso la ditta Oikos, interrompendo il suo rapporto con
l'associazione. «Il provvedimento è stato adottato d'urgenza, in
ottemperanza del codice etico di Confindustria, spiegano.
TIRITÌ, TRA CAMBI DI POLTRONE E
CONFIDUSTRIA UNA SVOLTA SULLA DISCARICA DEI VELENI?
CARMEN VALISANO 9
APRILE 2014
CRONACA – Il pool di
esperti inviato dall'ex assessore Nicolò Marino a verificare le condizioni
degli impianti regionali ha sollevato pesanti dubbi sul sito di proprietà della
Oikos. Irregolarità riscontrate sia nella struttura attiva da circa un anno che
in quella ormai dichiarata esaurita. Ma i passi successivi alla relazione sono
messi in dubbio dall'avvicendamento con Salvatore Calleri, considerato vicino
agli ambienti dell'associazione di imprenditori che in Sicilia ha come
vicepresidente Giuseppe Catanzaro. Proprietario della discarica più grande
dell'isola
Un cambio di poltrone alla Regione, gli
interessi di Confindustria su un settore strategico, un Comune alle prese con
la campagna elettorale. E una discarica da 2,5 milioni di metri cubi a
ridosso di due centri abitati che non smette di turbare i sonni di cittadini e
politici. Siamo finalmente a una svolta nella questione dell'impianto
della Oikos spa? La
struttura di gestione dei rifiuti sorge nel Catanese, tra Motta Sant'Anastasia e Misterbianco. È
notizia di ieri che Nicolò
Marino, assessore regionale all'Ecologia, sarà
sostituito alla guida dell'ente da Salvatore Calleri: renziano,
presidente della fondazione dedicata ad Antonino Caponnetto (era uno dei suoi collaboratori)
e considerato vicino agli
ambienti di Confindustria. L'associazione - per bocca di uno
dei suoi rappresentanti più influenti, Giuseppe Catanzaro - negli ultimi mesi ha avuto
uno scontro durissimo con Marino. Terreno di battaglia, proprio i rifiuti. Il
gruppo Catanzaro, infatti, gestisce la discarica di Siculiana, in provincia di Agrigento, e
l'ex assessore ha lanciato pesanti
accuse sui presunti intrecci con Cosa nostra scatenando
una reazione fatta di querele e richieste di risarcimento milionarie.
Le irregolarità individuate dalla
Regione nel sito catanese riguardano la tutela dell'ambiente e della salute e danno
ragione ai cittadini che da tempo lamentano una serie di violazioni dal punto
di vista ambientale. Paure che emergono sotto forma di un incessante e
venefico odore che avvolge i due Comuni e che sembrano avere finalmente un
riscontro ufficiale. Tutto comincia con la revisione, da parte dell'assessorato guidato ancora da
Marino, delle autorizzazioni
concesse agli operatori proprietari degli impianti nella regione.
La Oikos è gestore di un sito oramai chiuso (in contrada Tiritì) e di uno entrato in
funzione l'anno scorso nella contigua contrada Valanghe d'inverno per il
quale è stato proposto «l'avvio del procedimento di diniego dell'istanza di
rinnovo». Nella comunicazione inviata anche all'azienda della famiglia Proto,
il dirigente regionale ricorda che il 17 gennaio 2014 «è stata costituita una commissione ispettiva per
la verifica degli atti relativi alle discariche private in esercizio per
rifiuti non pericolosi site nel territorio siciliano». Pool che ha inviato, tre
mesi dopo, una relazione
conclusiva. Il documento mette in rilievo alcuni punti:
l'assenza delle prescrizioni del sindaco, la «mancata applicazione del
principio di unica Aia (Autorizzazione
integrata ambientale, ndr)
per uno o più impianti localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo
gestore». E poi le «difformità».
Quella nel rispetto del programma di riduzione dei rifiuti biodegradabili,
la presenza di rifiuti non
ammessi (come liquidi e pneumatici), la mancanza di piani
di gestione operativa e post operativa, sorveglianza e controllo e ripristino
ambientale. E ancora violazioni volumetriche, il mancato rispetto delle migliori
tecnologie disponibili, la mancanza di coerenza con il piano regionale di
gestione dei rifiuti. Inoltre, «il decreto Aia rilasciato non possiede le
caratteristiche di conformità legislativa più volte richiamata né
conseguenzialmente permette l'effettuazione di controlli efficaci sulle
attività di gestione rifiuti autorizzate». Secondo le accuse della Regione, «le attività di gestione dei rifiuti sono state
svolte in difformità ad alcune condizioni imposte nel decreto e nel
propedeutico giudizio di compatibilità ambientale (Via), nonché
in difformità al decreto legislativo 36/03 e decreto legislativo 59/05», che
normano rispettivamente la gestione delle
discariche e la riduzione
dell'inquinamento.
L'altra bomba ecologica è rappresentata
dall'impianto ormai saturo e chiuso di contrada Tiritì. Secondo la relazione,
la discarica è «rimasta in attività in una situazione di "non conformità legislativa" per
tutto il periodo esaminato dal 1999 al 2006». La Prefettura di Catania «ha di
fatto utilizzato una discarica che non era in possesso dei requisti di legge
(tecnici e autorizzativi) per lo smaltimento dei rifiuti urbani». Anche qui la commissione segnala diverse violazioni,
compresa la mancata «inclusione dei valori limite per le emissioni fissati per
le sostanze inquinanti». Assente anche il giudizio di compatibilità ambientale.
E, come sottolineano i dirigenti dell'assessorato, l'impianto sarebbe rimasto
operativo «anche in data successiva alla scadenza dell'autorizzazione in
assenza di valida autorizzazione, e lo è tutt'oggi in fase di gestione post
operativa delle vasche esaurite». Anche per queste ragioni la Oikos è chiamata
a effettuare l'analisi di suolo
e acque sotterranee «per escludere l'esistenza di fenomeni
di degrado ambientale e di potenziale contaminazione delle matrici acque, suolo
e aria». All'azienda viene chiesto un «piano di indagini» che analizzi «arealmente
e tridimensionalmente l'estensione delle aree della discarica di contrada
Tiritì oggetto di abbancamento rifiuti a far data dal primo utilizzo storico
(1983)». Il piano dovrà essere redatto sotto la vigilanza dell'Arpa e della Provincia e
a curare il coordinamento saranno il dipartimento regionale e la Prefettura
catanese.
Per domani è convocata una conferenza dei servizi presieduta
da Marco Lupo, dirigente generale del dipartimento dell'Acqua e dei rifiuti,
area di competenza dell'ormai ex assessore Marino. «È un momento
importante, perché la Regione riconosce le ragioni dei comitati», spiega Massimo La Piana, coordinatore di
uno dei due movimenti cittadini che nei Comuni interessati da tempo portano
avanti la battaglia contro la discarica, quello di Misterbianco. L'appuntamento
di domani, nel quale la Oikos avrà la possibilità di difendersi, è importante
anche per l'altro paese, Motta, alle prese con la campagna elettorale che
porterà al voto tra circa un mese. Il sindaco uscente e candidato, Angelo Giuffrida, a lungo è stato
criticato per non aver affiancato i cittadini nelle numerose proteste e adesso,
finalmente, prende posizione. «Domani
dovrebbe dare parere negativo», anticipa La Piana. Una
previsione confermata anche sul sito internet
del primo cittadino. I due sindaci hanno anche manifestato
pubblicamente il proprio sostegno a Nicolò Marino, esortando il governatore
Rosario Crocetta a mantenere il magistrato al comando del settore. Eppure l'ex
assessore non ha sempre goduto delle simpatie dei comitati, così come il
sindaco mottese. «Personalmente, il cambio di direzione può starmi anche
bene pur di raggiungere il risultato», osserva pragmaticamente Massimo La
Piana. «Quello di domani è un punto fondamentale: se non dovessero
rinnovare l'autorizzazione alla Oikos, si bloccherebbe la discarica».
Ovviamente l'azienda potrà ricorrere al Tribunale amministrativo regionale, «ma
intanto sarebbe un
riconoscimento per la nostra battaglia», spiega il coordinatore
del movimento.
Il nodo successivo da sciogliere è
quello relativo alla figura del
nuovo assessore. «La nomina di Salvatore Calleri, in
questo momento, complica la questione», riconosce con una certa preoccupazione
La Piana. «Bisogna vedere quanto ci metterà a rivedere il caso, se bloccherà l'iter o - come
sperano i cittadini - agirà in
continuità amministrativa». I timori degli abitanti risiedono
tutti nel legame tra il leader toscano del Megafono e Confindustria.
Associazione legata a doppio filo con il nome del gruppo Catanzaro, dato che
Giuseppe Catanzaro ne è il vicepresidente, oltre a guidare quella che è oggi la
discarica più grande della Sicilia. «Laicamente cercheremo un contatto e
chiederemo urgentemente un incontro», promette La Piana.
Carmelo Catania - 11/07/2014
E GIUNTA LA PAROLA FINE PER LA DISCARICA DI MAZZARRÀ
SANT’ANDREA?
Marco Lupo, dirigente generale
del Dipartimento Energia e rifiuti della Regione, ha avviato il procedimento di
“diniego all’istanza di rinnovo” delle Autorizzazioni integrate ambientali
concesse a Tirrenoambiente nel 2009, e scadute lo scorso 21 maggio senza che
l’attività di smaltimento venisse interrotta, con le quali si consentiva alla
società partecipata del comune di Mazzarrà Sant’Andrea di ampliare, per la
terza volta nell’arco di un decennio, la discarica di contrada Zuppà e
realizzare un impianto di selezione e biostabilizzazione e al cui interno
opera, dal 2008, anche un impianto di produzione di energia elettrica dalla
combustione del biogas da discarica, impianto, ricordiamo, sequestrato per ben
due volte dalla procura di Barcellona e “sanato” solo lo scorso anno da un
provvedimento regionale.
Ricordiamo anche che i due provvedimenti
per i quali oggi la Regione nega il rinnovo erano stati annullati da due
sentenze del Tar di Catania per evidenti violazioni nell’iter autorizzativo.
Era stato cancellato dalle carte geografiche un intero paese che, complice la
miopia delle istituzioni, da troppo tempo è costretto a subire l’inquinamento
derivante da una discarica che non sarebbe mai dovuta nascere.
Oggi, nonostante il ribaltamento
di quelle due sentenze da parte del Cga, che non aveva riconosciuto la
legittimazione ad agire dei ricorrenti cittadini di Furnari, a seguito
dell’istruttoria svolta dalla Commissione ispettiva nominata dall’ex assessore
Marino sono state accertate “criticità tecniche nei provvedimenti
autorizzatorie e “molteplici violazioni della normativa di riferimento” .
Gli ispettori della regione hanno
evidenziato come “la discarica è stata gestita in fase operativa in assenza
delle garanzie finanziarie obbligatorie e lo è tutt’oggi in assenza di
autorizzazione all’esercizio a far data dalla scadenza del decreto AIA”.
Inoltre viene contestata alla Tirrenoambiente “la mancata inclusione dei valori
limite per le emissioni fissate per le sostanze inquinanti”, la “mancata
indicazione degli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, nonché
l’obbligo di comunicare alle autorità competenti ed ai comuni interessati i
dati relativi ai controlli delle emissioni”.
E infine, la “mancanza dei pareri
degli enti preposti secondo il regime vincolistico, poichè l’area ricade nel
Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico del torrente Mazzarrà”.
Una discarica, sottolinea la
Commissione ispettiva “realizzata in difformità al decreto legislativo 36/2003,
nella zona di rispetto dove insistono i pozzi ad uso idropotabile (lo andiamo
ripetendo, inascoltati, dal 1999) di approvvigionamento del comune di Furnari”
e le cui “modalità di impermeabilizzazione” non sono “conformi” a quanto
previsto dal decreto 36/2003,
Un quadro, quello rilevato dal
Dipartimento, che avendo “forti ripercussioni di carattere ambientale
nell’ambito della effettiva protezione messe in atto ed esistente nelle
matrici, suolo, sottosuolo ed acque”, in aggiunta all’avvio delle procedure di
infrazione per non aver ottemperato agli obblighi previsti da alcuni articoli
delle direttive 75/442/CEE, 91/689/CEE e 1999/31/CE concernenti i rifiuti,
quelli pericolosi e la gestione delle discariche, dovrebbe portare alla
definitiva chiusura del sito.
Tirrenoambiente ha a disposizione
solo dieci giorni di tempo per produrre le proprie contro-deduzioni. Poi la
Regione esaminerà la documentazione prodotta e nella conferenza di servizi del
2 settembre presso gli uffici del Dipartimento Acque e Rifiuti.
REGIONE,
CROCETTA NOMINA I NUOVI ASSESSORI I CATANESI FIUMEFREDDO E TORRISI IN
GIUNTA
REDAZIONE 8 APRILE 2014
POLITICA – Il
presidente della Regione Sicilia ha reso noti i nomi dei nuovi assessori
regionali ieri sera in tarda serata. Un squadra che cambia per metà, con sei
nuove nomine. Entrano nel gioverno regionale anche tre catanesi: sono Salvatore
Calleri, presidente della Fondazione Antonio Caponnetto; Antonio Fiumefreddo,
noto penalista e politico etneo; e Nico Torrisi, imprenditore e già presidente
della Sac, la società di gestione dell'aeroporto di Fontanarossa
E' arrivato ieri in tarda serata
l'annuncio della nuova squadra di governo del presidente della Regione
Sicilia Rosario Crocetta. Un rimpasto deciso dopo lunghe settimane di
confronti, anche aspri, all'interno dei partiti di maggioranza, e che
vede cambiare sei assessori su dodici. Rinconfermate Lucia
Borsellino (Salute), Nelli Scilabra (Formazione), Mariarita
Sgarlata (Beni culturali), Patrizia Valenti (Funzione pubblica e
personale), Michela Stancheris(Servici sociali e Famiglia) e Linda
Vancheri (Attività produttive). I nuovi assessori – la maggior parte
ancora in attesa di delega – sono:
Roberto Agnello, avvocato
palermitano, esperto di bilancio, ha lavorato presso il Ministero della Salute,
in quota Pd.
Giuseppe Bruno, avvocato
palermitano, anche lui in quota Pd.
Salvatore Calleri, nato a Catania
e residente a Firenze da molti anni, presidente nazionale della Fondazione
Caponnetto. Uomo di fiducia del governatore, avrà la delega all'Energia.
Antonio Fiumefreddo, noto
penalista etneo, già legale di Raffaele Lombardoe notissimo alle cronache
politiche catanesi: candidato a sindaco di Catania nel 2001, è stato
successivamente assessore alla Cultura nella giunta di Umberto Scapagnini,
suo avversario nella tornata elettorale. Nel 2008 l'allora presidente della
regione Raffaele Lombardo lo nomina commissario straordinario del teatro
Massimo Bellini, ruolo per il quale è stato molto contestato. Nel 2010
fonda il giornale Sudpress, attraverso il quale si consuma un violento scontro
proprio con Lombardo. Oggi è anche professore della Link University di Roma. In
quota Drs (Democratici riformisti per la Sicilia).
Paolo Ezechia Reale, avvocato di
Siracusa, in quota Articolo 4.
Nico Torrisi, dottore
commercialista, imprenditore del settore turistico di Catania come
amministratore dell'hotel Baia Verde. Per poco tempo, nel 2012 è
stato presidente della Sac, la società che gestisce l'aeroporto catanese
di Fontanarossa. È in quota Udc.
Dallo staff del governatore
Crocetta, informano che non c'è ancora una data stabilita per quanto riguarda
l'assegnazione delle deleghe specifiche dei nuovi assessori, che potrebbe
avvenire entro il fine settimana.
MAZZARRÀ,
DISCARICA INQUINANTE: DUE BUROCRATI REGIONALI INDAGATI PER FALSO IDEOLOGICO
Nel mirino della procura di
Barcellona Pozzo di Gotto Gianfranco Cannova, già in cella per
l'indagine su rifiuti e tangenti, e Vincenzo Sansone. Nel 2009
rilasciarono un'autorizzazione alla società TirrenoAmbiente che gestiva il
sito. Sotto inchiesta anche Armando Cappadonia, funzionario
dell'Arpa
di MANUELA MODICA
Cinque avvisi di garanzia per
reato ambientale e falso ideologico. Si estende l'inchiesta della procura di
Barcellona Pozzo di Gotto sulla discarica di Mazzarrà Sant'Andrea. Altre cinque
persone risultano adesso indagate: tra loro, due funzionari dell'assessorato
regionale al Territorio e un funzionario dell'Arpa, agenzia regionale per
l'ambiente, per i quali viene ipotizzato il reato di falso ideologico commesso
da pubblico ufficiale.
Si tratta di Gianfranco
Cannova, già detenuto al Pagliarelli di Palermo perché accusato di aver
incassato tangenti per favorire alcuni imprenditori nel settore delle
discariche, e Vincenzo Sansone, dirigente generale del dipartimento regionale
tecnico. A entrambi viene contestata un'autorizzazione rilasciata alla società
che gestisce la discarica, la TirrenoAmbiente Spa, nel febbraio del 2009.
Armando Cappadonia, funzionario dell'Arpa, è invece indagato per
un'autorizzazione rilasciata nel 2006.
Dopo la richiesta di sequestro,
firmata lo scorso 3 novembre e nella quale risultavano indagati gli ex
amministratori di TirrenoAmbiente Antonio Crisafulli, Giuseppe
Antonioli (già con divieto di dimora in Sicilia a seguito di un'indagine
per corruzione di un dirigente regionale) e Pino Innocenti, il prossimo 16
dicembre la procura avvierà una verifica, non ripetibile in dibattimento, per
accertare la presenza di eventuale inquinamento nel sito della discarica.
Le indagini si estendono anche
a Sebastiano Giambò, ex sindaco di Mazzarrà Sant'Andrea, già presidente
del Cda di TirrenoAmbiente, oggi agli arresti domiciliari dopo la condanna in
primo grado nell'ambito dell'operazione Vivavio della Dda di Messina, per
concorso esterno in associazione mafiosa, e Francesco Cannone, anche lui
ex presidente del Cda della stessa società. Per loro la procura ipotizza il
reato ambientale.
Si attende adesso la verifica
disposta dalla procura per il prossimo 16 dicembre: a eseguirla sarà
l'ingegnere Francesco Melidoro, lo stesso che nel rapporto del 17
settembre aveva rilevato: "Le acque sotterranee della discarica presentano
notevoli indici di inquinamento, sulle pareti della discarica esistono
situazioni di criticità correlate con fuoriuscita di percolato tali da generare
locali profonde incisioni... e le condizioni precarie di equilibrio del corpo
della discarica... potrebbero portare fenomeni gravitativi o franosi di
rilevante pericolo per l'ambiente e per l'incolumità delle persone, i quali
potrebbero manifestarsi in un breve medio periodo di tempo, in occasione
soprattutto di intense precipitazioni atmosferiche".
LA DISCARICA DI SICULIANA NELL'OCCHIO DEL CICLONE DOMANI
CATANZARO DAVANTI AL GIP DI AGRIGENTO
CRONACA –
A comparire davanti al giudice sarà il fratello del vice presidente di
Confindustria Sicilia, insieme con l'ex Presidente della Provincia e due
funzionari regionali. I Carabinieri parlano di autorizzazioni illegittime
rilasciate con la complicità di funzionari pubblici. Mentre le denunce dell'ex
assessore Marino vengono segnalate alla Commissione Nazionale Antimafia
Riesplode
in Sicilia, con un boato che è arrivato pure a Roma, l'affaire della gestione
delle discariche private nell'Isola. A fare detonare la
bomba le dichiarazioni che l'ex assessore regionale all'Energia e ai
Rifiuti, Nicolò Marino, aveva rilasciato
nel corso di una una intervista a Meridionews e che
ha ribadito ieri su altri organi di stampa. Dichiarazioni in cui, in buona
sostanza, Marino, che è tornato a fare il magistrato, attacca a muso
duro Confindustria Sicilia e le sue ingerenze sul governatore
Crocetta «per garantirsi delle situazioni di vantaggio con il mero
biglietto da visita dell'antimafia, privo di sostanza».
«Ritengo -
ha detto chiaramente al nostro giornale - che la mia posizione
molto dura contro l'ingerenza, anche nei settori dei rifiuti, di alcuni uomini
di Confindustria che facevano riferimento a Ivan Lo bello, Antonello Montante e
Giuseppe Catanzaro ha determinato una grande conflittualità per la quale
sono stato allontanato».
Come
già aveva fatto da assessore (e per questo, secondo una opinione diffusa è
stato 'defenestrato'), ha quindi puntato il dito contro la discarica di Siculiana, nell'agrigentino,
di cui è comproprietario il numero due dell'associazione degli industriali
siciliani, Giuseppe Catanzaro: «Catanzaro, approfittando
dell'emergenza, ha gestito per tanti anni una discarica che prima apparteneva
al comune di Siculiana» ha detto Marino a Meridionews. E ieri,
ha rincarato la dose: «Il problema è che Catanzaro aveva avuto
un’autorizzazione illegittima».

Nel
bel mezzo di queste polemiche e scontri all'arma bianca (querele incluse),
spunta anche una inchiesta giudiziaria sulla discarica di Siculianache va avanti da anni e
che domani finirà sul tavolo del Giudice per le Indagini preliminari di
Agrigento. Davanti al quale sono chiamati a comparire Lorenzo Catanzaro, fratello del numero
degli industriali siciliani e rappresentante legale dell'impianto, l'ex
presidente della Provincia regionale di Agrigento, nonché attuale deputato
regionale in quota Ncd, Vincenzo
Fontana, e due funzionari della Regione, Vincenzo Sansone e
Gianfranco Cannova (già rinviato a giudizio nell'inchiesta Terra Mia
sulla discarica di Mazzarò).
Il
giudice dovrà decidere se archiviare il caso, come gli ha chiesto la Procura, o
se andare avanti, come vorrebbe il Comune di Siculiana che nel procedimento è
parte offesa.
L'inchiesta
parte nel 2007 quando il Nucleo
operativo Ecologico dei Carabinieri, durante un controllo nella discarica dei
Catanzaro, contesta alcune irregolarità sul suo ampliamento. E
ipotizza per i sopra citati protagonisti di questa storia, il reato di abuso
d'ufficio, falsità materiale ed ideologica in atti pubblici e illecita gestione
di una discarica per rifiuti solidi urbani.
I
Catanzaro, in buona sostanza, secondo i Carabinieri, hanno ottenuto le
autorizzazioni necessarie a gestire ed ampliare la loro
discarica, attraverso falsa
documentazione e con la complicità di funzionari pubblici.
Ricordiamo che la storia di questo impianto è controversa sin dall'origine.
Parliamo di una discarica che era pubblica, e che come in un racconto di
Pirandello, un bel giorno si risveglia privata (qui vi abbiamo
raccontato la sua storia nel dettaglio).
Come
finirà questa storia sul piano giudiziario è difficile da prevedere.
Quello
che è certo è che il vaso di Pandora del business rifiuti ormai è stato
scoperchiato, e come abbiamo detto all'inizio, del suo contenuto si parlerà
anche a Roma. Sempre ieri, infatti,
Erasmo Palazzotto, deputato palermitano alla Camera, ha inviato una
lettera alla Commissione Nazionale Antimafia,invitandola
ad indagare sulle denunce di Marino sul ruolo di Confindustria e del
Senatore Beppe Lumia.
AUTORIZZAZIONI PER LA DISCARICA DI
SICULIANA, QUATTRO INDAGATI IN TRIBUNALE
„Tutto partì da una denuncia dei
carabinieri del Noe, i quali denunciarono i due funzionari dell'Assessorato
regionale "Tutela ed Ambiente", il rappresentante legale della
"Catanzaro" e l'allora presidente della Provincia di Agrigento,
ritenendoli responsabili, a vario titolo, di abuso d'ufficio, falsità materiale
ed ideologica “
Sono
comparsi oggi dinnanzi al Gip del Tribunale di Agrigento, Ottavio Mosti, la
"Catanzaro costruzioni", l’ex presidente della Provincia Enzo Fontana
e i dirigenti regionali Vincenzo Sansone e
Gianfranco Cannova, coinvolti in un presunto abuso d'ufficio nelle
procedure di allargamento della discarica
di contrada Materano, a Siculiana. SI attende la decisione
del giudice rispetto all’eventuale accoglimento della richiesta di
archiviazione avanzata dal pubblico ministero.
Tutto partì nel 2007 da una denuncia dei
carabinieri del Noe, i quali denunciarono i due funzionari dell’Assessorato
regionale “Tutela ed Ambiente”, il rappresentante legale della “Catanzaro” e
l’allora presidente della Provincia di Agrigento, ritenendoli responsabili, a
vario titolo, di abuso d’ufficio, falsità materiale ed ideologica commessa
in atti pubblici, nonché per “illecita gestione di una discarica per
rifiuti solidi urbani”.
Autorizzazioni per la discarica di Siculiana, quattro
indagati in Tribunale
“Ci sottoponiamo con serenità al giudizio”, è
stato il commento della ditta che gestisce l’impianto.
CANNOVA
SANSONE SETTEMBRE 2008 DRS 996 30 SETT E DRS 1457 16 DIC 2008 CISMA
AMBIENTE CONTRADA BAGALLI MELILLI
CANNOVA
SANSONE SETTEMBRE 2008 DRS 996 30 SETT E DRS 1457 16 DIC 2008 CISMA AMBIENTE
CONTRADA BAGALLI MELI... by Pino Ciampolillo
CANNOVA SANSONE ZUCCARELLO TIRRENO AMBIENTE OIKOS SICULIANA
RELAZIONE COMMISSIONE DISCARICA OIKOS 2014
CANNOVA
SANSONE ZUCCARELLO TIRRENO AMBIENTE OIKOS SICULIANA -
relazione_commissione_discarica_oikos-2014.pd... by Pino Ciampolillo
MAZZARRÀ: ALTRI CINQUE INDAGATI PER
LA DISCARICA SOTTO SEQUESTRO
Si allarga l’inchiesta della procura di Barcellona. Ora
l’inchiesta coinvolge altre cinque persone: tra questi, due funzionari
dell’assessorato regionale al Territorio e un funzionario dell’Arpa. Le
ipotesi: reato ambientale e falso ideologico di Redazione
Cinque avvisi di garanzia per
reato ambientale e falso ideologico. L’inchiesta della procura di Barcellona
Pozzo di Gotto sulla discarica di Mazzarrà Sant’Andre si allarga e coinvolge
altre cinque persone: due funzionari dell’assessorato regionale al Territorio e
un funzionario dell’Arpa, agenzia regionale per l’ambiente, per i quali viene
ipotizzato il reato di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. I nuovi
indagati sono Gianfranco Cannova, già detenuto nel carcere di
Pagliarelli di Palermo perché accusato di aver incassato tangenti per favorire
alcuni imprenditori nel settore delle discariche, e Vincenzo Sansone,
dirigente generale del dipartimento regionale tecnico. Sono accusati entrambi
di aver rilasciato nel febbraio del 2009 un’autorizzazione alla società che
gestisce la discarica, la TirrenoAmbiente Spa. Il terzo indagato
è Armando Cappadonia, funzionario dell’Arpa, per
un’autorizzazione rilasciata nel 2006. Gli ultimi due coinvolti nell’indagine
sono Sebastiano Giambò, ex sindaco di Mazzarrà Sant’Andrea, già
presidente del Cda di TirrenoAmbiente, oggi agli arresti domiciliari
dopo la condanna in primo grado nell’ambito dell’operazione Vivavio della Dda
di Messina, per concorso esterno in associazione mafiosa, e Francesco
Cannone, anche lui ex presidente del Cda della stessa società. Per loro la
procura ipotizza il reato ambientale.
I cinque si aggiungono ai primi
tre nomi iscritti nel registro degli indagati subito dopo la richiesta di
sequestro della discarica, firmata lo scorso 3 novembre: gli ex
amministratori diTirrenoAmbiente Antonio Crisafulli, Giuseppe
Antonioli (già con divieto di dimora in Sicilia a seguito di un’indagine
per corruzione di un dirigente regionale) e Pino Innocenti.
Si attende adesso la verifica
dei livelli di inquinamento disposta dalla procura di Barcellona per
il prossimo 16 dicembre: l’esperto incaricato per i
rilievi è l’ingegnere Francesco Melidoro, lo stesso che nel
rapporto del 17 settembre aveva rilevato: “Le acque sotterranee della discarica
presentano notevoli indici di inquinamento, sulle pareti della discarica
esistono situazioni di criticità correlate con fuoriuscita di percolato tali da
generare locali profonde incisioni… e le condizioni precarie di equilibrio del
corpo della discarica… potrebbero portare fenomeni gravitativi o franosi di
rilevante pericolo per l’ambiente e per l’incolumità delle persone, i quali
potrebbero manifestarsi in un breve medio periodo di tempo, in occasione
soprattutto di intense precipitazioni atmosferiche”.
MAZZARÀ SANT’ANDREA, SEQUESTRATA LA
DISCARICA PER RIFIUTI GESTITA DALLA TIRRENO AMBIENTE S.P.A.
E’ avvenuto alle 11,30 di questa
mattina a Mazzarrà Sant’Andrea. I Carabinieri della Compagnia di
Barcellona P. G. al Nucleo Operativo Ecologico di Catania hanno dato esecuzione
al decreto di sequestro emesso dal G.I.P. del Tribunale di Barcellona P. G., su
richiesta della locale Procura della Repubblica, della discarica per rifiuti
non pericolosi gestita dalla “Tirrenoambiente S.P.A.” situata in contrada
Zuppa.
Il provvedimento è stato adottato
nell’ambito delle indagini avviate dalla Procura della Repubblica diBarcellona
P. G. a seguito della relazione elaborata dalla Commissione ispettiva per
la verifica degli atti relativi alle discariche private in esercizio per
rifiuti non pericolosi site nel territorio siciliano istituita con D.A. n.
54 del 17/01/2014. Lo sviluppo delle indagini delegate ai Carabinieri, con
l’ausilio di tecnici del settore, hanno permesso di accertare la realizzazione
di lavori di sbancamento propedeutici ad un ulteriore ampliamento della
discarica in totale assenza di autorizzazioni edilizie.
E’ stato anche accertato che
l’abbancamento di rifiuti in discarica violava le prescrizioni contenute e
richiamate nei provvedimenti autorizzativi, condotta che integra il reato previsto
dall’art. 256 c. 3-4 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Nello
specifico, sono stati conferiti in discarica oltre 1 milione di mc. di rifiuti
ulteriori rispetto ai rifiuti abbancabili. La illegittima coltivazione è
avvenuta in sopraelevazione, comportando concreto rischio di fenomeni franosi
con rilevante pericolo per l’ambiente e per la incolumità delle persone. Sulle
pareti della discarica sono state rilevate situazioni di criticità, con
fuoriuscita di percolato. E’ stato anche accertato che le acque sotterranee
della discarica presentano notevoli indici di inquinamento. Per i reati
ravvisati rispetto ai fatti di cui sopra, sono stati notificati ai tre
indagati, C. A. di anni 53, A. G. di anni 53 e I. G. di anni 61, altrettanti
avvisi di garanzia.
La discarica di Mazzarrà
Sant’Andrea (ME) è da diverso tempo al centro delle cronache anche a seguito
della condanna ad 8 anni di reclusione per concorso esterno in associazione
mafiosa dell’ex Presidente del Consiglio di Amministrazione, Sebastiano Giambò,
per fatti attinenti la carica ricoperta.
Di recente la discarica è stata
oggetto dei lavori della Commissione Parlamentare Antimafia nell’ultima visita
effettuata a Messina e Barcellona P. G
Carmelo Catania - settembre 2014
Una svolta sulla discarica dei veleni?
La commissione istituita dall’ex
assessore Marino per verificare le condizioni degli impianti privati ha sollevato
pesanti dubbi sul sito di proprietà della Tirrenoambiente. Diverse le
irregolarità riscontrate.
Quella della discarica di
contrada Zuppà, una delle tre più grandi discariche private siciliane, è una
storia lunga più di dieci anni e più volte al centro di inchieste tra
commistioni politico-affaristico-mafiose. Un’enorme collina d’argilla e
spazzatura posta a cavallo tra i comuni di Mazzarrà Sant’Andrea e Furnari, in
cui ogni giorno arrivano oltre 700 tonnellate di rifiuti prodotti da Messina e
altre provincie.
Raccolte, triturate, trasportate
e interrate dagli operai della Tirrenoambiente Spa, l’azienda guidata da
Giuseppe Antonioli che incamera circa 70.000 euro al giorno (in media ogni
tonnellata viene pagata 100 euro), una miniera d’oro per i gestori.
Nonostante la Regione abbia approvato da tempo un deliberato
che impone una distanza minima di 5 chilometri tra le discariche e i centri
abitati, l’invaso sorge ad appena 400 metri dal centro abitato di Furnari,
abitato da oltre 3 mila persone, appestando l’aria con miasmi e un fetore insopportabile,
tanto da non poter aprire le finestre nemmeno d’estate.
Potrebbe finalmente prospettarsi una svolta nella questione
dell’impianto della Tirrenoambiente.
La commissione ispettiva
Tutto comincia con la revisione,
da parte dell’assessorato regionale all’Energia, guidato ancora da Nicolò
Marino, delle autorizzazioni concesse agli operatori proprietari degli
impianti privati nella regione.
Per l’impianto di contrada Zuppà,
entrato in funzione nel 2003, è stato proposto «l’avvio del procedimento di
diniego dell’istanza di rinnovo». Nella comunicazione inviata anche all’azienda
partecipata dal comune di Mazzarrà Sant’Andrea, il dirigente regionale Marco
Lupo ricorda che il 17 gennaio 2014 «è stata costituita una commissione
ispettiva per la verifica degli atti relativi alle discariche private in
esercizio per rifiuti non pericolosi site nel territorio siciliano».
Commissione che ha sollevato
pesanti dubbi sul sito di Mazzarrà.
Le irregolarità individuate dal
pool investigativo, raccolte in una relazione conclusiva di 170 pagine
depositata lo scorso giugno, nel sito messinese riguardano la tutela
dell’ambiente e della salute e danno ragione ai cittadini di Furnari che da tempo
lamentano una serie di violazioni dal punto di vista ambientale.
Paure che sembrano avere finalmente un riscontro
ufficiale.
Carenze e violazioni
Il documento mette in rilievo
alcuni punti: l’assenza delle prescrizioni del sindaco, la «mancata
applicazione del principio di unica Aia (Autorizzazione integrata ambientale)
per uno o più impianti localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo
gestore». E poi le «difformità». Quella nel rispetto del programma di riduzione
dei rifiuti biodegradabili, la presenza di rifiuti non ammessi (come liquidi e
pneumatici), la mancanza dell’obbligo di trattamento dei rifiuti, dei piani di
gestione operativa e post operativa, sorveglianza e controllo e ripristino
ambientale. E ancora violazioni volumetriche, la mancanza di coerenza con il
piano regionale di gestione dei rifiuti.
Inoltre, «il decreto Aia
rilasciato non possiede le caratteristiche di conformità legislativa più volte
richiamata né conseguenzialmente permette l’effettuazione di controlli
efficaci sulle attività di gestione rifiuti autorizzate». Secondo le accuse della
Regione, «le attività di gestione dei rifiuti sono state svolte in difformità
ad alcune condizioni imposte nel decreto Aia, nonché in difformità al decreto
legislativo 36/03 e decreto legislativo 59/05», che normano rispettivamente la
gestione delle discariche e la riduzione dell’inquinamento.
E ancora « la legittimità
dell’atto è palesemente inficiata dall’assenza agli atti del preventivo
giudizio di compatibilità ambientale positivo» (Via), non sono conformi
l’impermeabilizzazione, e manca l’indicazione della capacità totale dell’impianto.
Non solo, il progetto della barriera di confinamento realizzata al di sotto del
corpo rifiuti non è stato trasmesso: ciò non rende possibile attestare se la
base dell’ampliamento non si attesti su aree già coltivate.
Gli ispettori inoltre fanno
notare come alcune aree intermedie fra la nuova e la vecchia discarica storica
siano «oggetto di coltivazione ed abbancamento». Le immagini tratte da Google
Earth «sembrerebbero confermare l’avvenuto sbancamento in tempi non definiti».
Infine, «non risulta che il piano
finanziario sia stato mai trasmesso ed approvato, così come le garanzie
finanziarie». Alla commissione, inoltre, «non è chiaro» se la polizza
assicurativa sia scaduta a maggio del 2012 e soprattutto se sia stata adeguata
dopo l’ampliamento.
Decisione rinviata a settembre
Tirrenoambiente, che ha
annunciato la chiusura del sito per il prossimo 31 agosto per esaurimento della
capienza, avrebbe stilato un documento con le contro deduzioni.
Il prossimo 2 settembre a Palermo
è stata convocata una conferenza dei servizi alla quale è stato invitato anche
il comune di Furnari, che ottiene finalmente il riconoscimento delle proprie
ragioni.
Un appuntamento che potrebbe
essere fondamentale: se le criticità riscontrate non dovessero essere risolte,
la Regione esprimerà parere negativo al rinnovo delle autorizzazioni.
Ma i passi successivi sono messi
in dubbio dall’avvicendamento di Marino con Salvatore Calleri, considerato
vicino agli ambienti di Confindustria.
Il “modello Marino” prevedeva di
togliere il monopolio delle discariche ai privati e fare i controlli sui prezzi
di conferimento in discarica.
Ed è proprio sui rifiuti che nei
mesi scorsi l’ex assessore si è scontrato con Giuseppe Catanzaro, che di
Confindustria è vicepresidente, lanciando pesanti accuse sui presunti intrecci
con Cosa nostra scatenando una reazione fatta di querele e richieste di
risarcimento milionarie.
I timori degli abitanti di
Furnari risiedono tutti in questo legame tra il leader toscano del Megafono e
Confindustria. Associazione legata a doppio filo con il nome del gruppo
Catanzaro.
Come agirà la Regione, alla luce
di quanto evidenziato dalla commissione ispettiva?
Calleri bloccherà l’iter o – come
sperano i cittadini – agirà in continuità amministrativa?
Mazzette alla Regione
Negli stessi giorni in cui
all’assessorato si avviava l’iter del procedimento di diniego delle
autorizzazioni, la procura di Palermo portava a termine l’operazione “Terra
Mia”, ordinando l’arresto proprio dell’amministratore delegato di
Tirrenoambiente, Giuseppe Antonioli, insieme ad altri tre imprenditori della
“munnizza” (Domenico Proto della Oikos di Misterbianco, Calogero e Nicolò
Sodano, titolari della discarica Soambiente di Agrigento e del funzionario
dell’assessorato regionale al Territorio e ambiente, Gianfranco Cannova, figura
chiave di un sistema di corruzione messo in atto per raggirare il sistema di
autorizzazioni allo smaltimento dei rifiuti.
Gravi i danni ambientali
Secondo gli investigatori il
quadro di corruzione emerso è molto grave, in quanto ha messo a repentaglio la
salute pubblica e alla preservazione del territorio da gravi danni ambientali.
Nel corso delle indagini, polizia
e Noe dei carabinieri, hanno constatato che «questo settore amministrativo è
caratterizzato da una stratificazione normativa e da un complesso e macchinoso
apparato burocratico che ha consentito al funzionario infedele, pur non
rivestendo un ruolo apicale, di “giostrare” nella gestione delle procedure
connesse al rilascio dei provvedimenti, agevolando gli imprenditori e
preservandoli dall’ordinaria attività di controllo e monitoraggio della
pubblica amministrazione consentendo loro in questo modo di superare indenni
tutti i controlli.
Cannova, secondo l’accusa,
gestiva il suo ufficio come un feudo, ricevendo regalie e ingenti somme di
denaro dai diversi imprenditori che attendevano dal suo ufficio le
autorizzazioni amministrative per l’esercizio delle discariche e che si
vedevano garantire una corsia preferenziale per le loro pratiche. Il
funzionario, inoltre, avvertiva in anticipo le imprese dei controlli o le
informava del risultato di riunioni in assessorato.
Quell’Audi sospetta
Nei confronti del dipendente
regionale l’ex assessore regionale al Territorio Mariella Lo Bello aveva
presentato lo scorso marzo un esposto. Il funzionario: aveva predisposto un
atto che bloccava l’autorizzazione a una discarica di Gela. A quel punto
l’assessore Lo Bello, insospettita dallo “strano” comportamento, avvia una
serie di verifiche e salta fuori la storia di una conferenza dei servizi
convocata nel settembre 2008 e presieduta dallo stesso Cannova che
aveva rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento della
discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, omettendo la vicinanza al centro abitato di
Furnari.
Nell’ottobre del 2008 il
funzionario acquista un’Audi A6 in Lombardia, in una concessionaria che faceva
riferimento all’amministratore delegato della società alla quale era stata
rilasciata l’autorizzazione. «Abbiamo così trasferito il funzionario e
presentato una denuncia sospettando un giro di tangenti per oliare alcune
pratiche piuttosto che altre, il tutto in un assessorato noto per le sue
lentezze e le improvvise accelerazioni», commentava la Lo Bello.
Inoltre, «il decreto Aia
rilasciato non possiede le caratteristiche di conformità legislativa più volte
richiamata né conseguenzialmente permette l’effettuazione di controlli
efficaci sulle attività di gestione rifiuti autorizzate». Secondo le accuse
della Regione, «le attività di gestione dei rifiuti sono state svolte in
difformità ad alcune condizioni imposte nel decreto Aia, nonché in difformità
al decreto legislativo 36/03 e decreto legislativo 59/05», che normano
rispettivamente la gestione delle discariche e la riduzione dell’inquinamento.
E ancora « la legittimità
dell’atto è palesemente inficiata dall’assenza agli atti del preventivo
giudizio di compatibilità ambientale positivo» (Via), non sono conformi
l’impermeabilizzazione, e manca l’indicazione della capacità totale dell’impianto.
Non solo, il progetto della barriera di confinamento realizzata al di sotto del
corpo rifiuti non è stato trasmesso: ciò non rende possibile attestare se la
base dell’ampliamento non si attesti su aree già coltivate.
Gli ispettori inoltre fanno
notare come alcune aree intermedie fra la nuova e la vecchia discarica storica
siano «oggetto di coltivazione ed abbancamento». Le immagini tratte da Google
Earth «sembrerebbero confermare l’avvenuto sbancamento in tempi non definiti».
Infine, «non risulta che il piano
finanziario sia stato mai trasmesso ed approvato, così come le garanzie
finanziarie». Alla commissione, inoltre, «non è chiaro» se la polizza
assicurativa sia scaduta a maggio del 2012 e soprattutto se sia stata adeguata
dopo l’ampliamento.
Decisione rinviata a
settembre
Tirrenoambiente, che ha
annunciato la chiusura del sito per il prossimo 31 agosto per esaurimento della
capienza, avrebbe stilato un documento con le contro deduzioni.
Il prossimo 2 settembre a Palermo
è stata convocata una conferenza dei servizi alla quale è stato invitato anche
il comune di Furnari, che ottiene finalmente il riconoscimento delle proprie
ragioni.
Un appuntamento che potrebbe
essere fondamentale: se le criticità riscontrate non dovessero essere risolte,
la Regione esprimerà parere negativo al rinnovo delle autorizzazioni.
Ma i passi successivi sono messi
in dubbio dall’avvicendamento di Marino con Salvatore Calleri, considerato
vicino agli ambienti di Confindustria.
Il “modello Marino” prevedeva di
togliere il monopolio delle discariche ai privati e fare i controlli sui prezzi
di conferimento in discarica.
Ed è proprio sui rifiuti che nei
mesi scorsi l’ex assessore si è scontrato con Giuseppe Catanzaro, che di
Confindustria è vicepresidente, lanciando pesanti accuse sui presunti intrecci
con Cosa nostra scatenando una reazione fatta di querele e richieste di
risarcimento milionarie.
I timori degli abitanti di
Furnari risiedono tutti in questo legame tra il leader toscano del Megafono e
Confindustria. Associazione legata a doppio filo con il nome del gruppo
Catanzaro.
Come agirà la Regione, alla luce
di quanto evidenziato dalla commissione ispettiva?
Calleri bloccherà l’iter o – come
sperano i cittadini – agirà in continuità amministrativa?
Mazzette alla Regione
Negli stessi giorni in cui
all’assessorato si avviava l’iter del procedimento di diniego delle
autorizzazioni, la procura di Palermo portava a termine l’operazione “Terra
Mia”, ordinando l’arresto proprio dell’amministratore delegato di Tirrenoambiente,
Giuseppe Antonioli, insieme ad altri tre imprenditori della “munnizza”
(Domenico Proto della Oikos di Misterbianco, Calogero e Nicolò Sodano, titolari
della discarica Soambiente di Agrigento e del funzionario dell’assessorato
regionale al Territorio e ambiente, Gianfranco Cannova, figura chiave di un
sistema di corruzione messo in atto per raggirare il sistema di autorizzazioni
allo smaltimento dei rifiuti.
Gravi i danni ambientali
Secondo gli investigatori il
quadro di corruzione emerso è molto grave, in quanto ha messo a repentaglio la
salute pubblica e alla preservazione del territorio da gravi danni ambientali.
Nel corso delle indagini, polizia
e Noe dei carabinieri, hanno constatato che «questo settore amministrativo è
caratterizzato da una stratificazione normativa e da un complesso e macchinoso
apparato burocratico che ha consentito al funzionario infedele, pur non
rivestendo un ruolo apicale, di “giostrare” nella gestione delle procedure
connesse al rilascio dei provvedimenti, agevolando gli imprenditori e
preservandoli dall’ordinaria attività di controllo e monitoraggio della
pubblica amministrazione consentendo loro in questo modo di superare indenni
tutti i controlli.
Cannova, secondo l’accusa,
gestiva il suo ufficio come un feudo, ricevendo regalie e ingenti somme di
denaro dai diversi imprenditori che attendevano dal suo ufficio le
autorizzazioni amministrative per l’esercizio delle discariche e che si
vedevano garantire una corsia preferenziale per le loro pratiche. Il
funzionario, inoltre, avvertiva in anticipo le imprese dei controlli o le
informava del risultato di riunioni in assessorato.
Quell’Audi sospetta
Nei confronti del dipendente
regionale l’ex assessore regionale al Territorio Mariella Lo Bello aveva
presentato lo scorso marzo un esposto. Il funzionario: aveva predisposto un
atto che bloccava l’autorizzazione a una discarica di Gela. A quel punto
l’assessore Lo Bello, insospettita dallo “strano” comportamento, avvia una
serie di verifiche e salta fuori la storia di una conferenza dei servizi
convocata nel settembre 2008 e presieduta dallo stesso Cannova che aveva
rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento della
discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, omettendo la vicinanza al centro abitato di
Furnari.
Nell’ottobre del 2008 il
funzionario acquista un’Audi A6 in Lombardia, in una concessionaria che faceva
riferimento all’amministratore delegato della società alla quale era stata
rilasciata l’autorizzazione. «Abbiamo così trasferito il funzionario e presentato
una denuncia sospettando un giro di tangenti per oliare alcune pratiche
piuttosto che altre, il tutto in un assessorato noto per le sue lentezze e le
improvvise accelerazioni», commentava la Lo Bello.
CANNOVA ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE CANNOVA ARCHITETTO
GIANFRANCO 7485 11 10308 11 ORDINANZA-CANNOVA-PROTO-F.LLI-SODANO
CANNOVA
ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE CANNOVA ARCHITETTO GIANFRANCO 7485 11 10308 11
ORDINANZA-CANNOVA-PR... by Pino Ciampolillo
REGIONE, BANCOMAT DELLA CORRUZIONE: IN UN ANNO CENTO MILIONI
DI TANGENTI
Dalla pubblicità all'energia: ecco perché nell'Isola dilaga
il malaffare
di ANTONIO FRASCHILLA
TANGENTI e malaffare per oltre 100 milioni di euro in poco
più di un anno nell'isola del tesoro. Nel mirino la Regione, che si sta
rivelando sempre di più il cuore di un sistema che garantisce truffe da
capogiro tra mazzette e scarsi controlli. Seguono a ruota Comuni e altri enti
locali: complessivamente, negli ultimi sedici mesi soltanto la Guardia di
finanza ha segnalato frodi per 520 milioni e danni erariali per 826 milioni.
Rifiuti, energia, formazione, sanità, finanziamenti Ue sono i settori più
aggrediti perché bancomat perfetti per affari milionari. "Una nuova
tangentopoli, il regno della manciugghia", ha detto il governatore Rosario
Crocetta. Un malaffare che continua però a espandersi, in particolare proprio
nei corridoi dell'amministrazione regionale, con funzionari coinvolti in indagini
e vicende poco chiare tutti rimasti spesso al loro posto nonostante annunci
mediatici di rotazioni e trasferimenti, e con politici, più che chiacchierati,
che siedono in maggioranza.
Una cosa comunque è certa: i numeri forniti dal comando regionale della Guardia di finanza guidato dal generale Ignazio Gibilaro sono impressionanti e lanciano l'allarme sulla corruzione in Sicilia, che vede la Regione cuore pulsante di questo mondo nero. Basta leggere le cronache delle indagini principali in corso delle Procure dell'isola sui fondi del Ciapi utilizzati per pagare i politici, le tangenti versate da imprenditori a deputati regionali per oliare le pratiche in materia di energia, le mazzette garantite dai re dei rifiuti per avere le autorizzazioni ambientali, gli enti di formazione in mano agli onorevoli e, nel mezzo, funzionari e dipendenti pubblici corrotti, nella peggiore della ipotesi, distratti nella migliore. Mentre la politica sembra confusa e annuncia riforme su riforme senza andare al dunque: lo scenario migliore per chi vuole continuare a fare affari illeciti all'ombra di Palazzo d'Orleans e dei Comuni dell'Isola. Cioè dei siciliani.
Una cosa comunque è certa: i numeri forniti dal comando regionale della Guardia di finanza guidato dal generale Ignazio Gibilaro sono impressionanti e lanciano l'allarme sulla corruzione in Sicilia, che vede la Regione cuore pulsante di questo mondo nero. Basta leggere le cronache delle indagini principali in corso delle Procure dell'isola sui fondi del Ciapi utilizzati per pagare i politici, le tangenti versate da imprenditori a deputati regionali per oliare le pratiche in materia di energia, le mazzette garantite dai re dei rifiuti per avere le autorizzazioni ambientali, gli enti di formazione in mano agli onorevoli e, nel mezzo, funzionari e dipendenti pubblici corrotti, nella peggiore della ipotesi, distratti nella migliore. Mentre la politica sembra confusa e annuncia riforme su riforme senza andare al dunque: lo scenario migliore per chi vuole continuare a fare affari illeciti all'ombra di Palazzo d'Orleans e dei Comuni dell'Isola. Cioè dei siciliani.
AFFARI, TANGENTI E LOBBY IL SISTEMA
RIFIUTI NELL'ISOLA COSTA UN MILIARDO L'ANNO
ANTONIO FRASCHILLA
ECCO il risultato di anni di mala gestio in un comparto chiave
per la salute dei cittadini e il rispetto dell'ambiente: un sistema di
smaltimento poco compatibile e un costo che è pari a 200 euro a siciliano,
neonati compresi, contro i 190 del Lazio e i 111 euro della Lombardia. Il tutto
mentre non ci sono abbastanza impianti per la differenziata, che non a caso
vede l'Isola ultima nel Paese con meno del 10 per cento, con conseguente
rischio di condanne dell'Unione europea.
Al di là delle indagini giudiziarie, che stanno alzando il velo
su tangenti, legami pericolosi con la politica e pressioni
sull'amministrazione, e hanno portato agli arresti di due amministratori di
discariche, dell'Oikos e della Tirreno ambiente, il sistema dei rifiuti in
Sicilia dopo quasi quindici anni di cattiva gestione è adesso quasi al collasso
e non è più economicamente sostenibile. Al momento i rifiuti siciliani per il
90 per cento finiscono in quattro discariche: oltre a quelle citate, vanno nei
siti della Sicula Trasporti e della Catanzaro. La Sicilia è attraversata da
compattatori stracolmi di rifiuti. A esempio, da Termini Imerese i mezzi
partono alla volta di Mazzarà Sant'Andrea (dove per conferire la tariffa è di
90 euro a tonnellata) oppure a Motta San'Anastasia (102 euro a tonnellata),
compiendo più di 300 chilometri tra andata e ritorno. A Bagheria da qualche
giorno gli autocompattatori carichi di rifiuti vanno a scaricare a Siculiana
nel sito gestito dalla ditta Catanzaro Costruzioni. «Il servizio reso a
Siculiana ha un costo di 78 euro per tonnellata di rifiuto contro il costo
sostenuto per andare a scaricare a Catania di 140 euro per tonnellata», ha
detto il sindaco grillino Patrizio Cinque. In media comun- que il costo per
conferire i rifiuti nelle quattro discariche siciliane private costa 100 euro a
tonnellata.
Considerando i rifiuti prodotti ogni hanno dai siciliani, pari a
2,5 milioni di tonnellate, e che di questi ben il 90 per cento finisce sotto
terra, il costo complessivo è di 250 milioni di euro all'anno. A questa cifra
occorre aggiungere la spesa per i 13 mila addetti al servizio, in gran parte
assunti negli anni d'oro degli Ato che, chiaramente, hanno accumulato un
miliardo di euro di debiti. Nell'Isola c'è un operatore ogni 398 abitanti,
contro l'uno ogni mille di Treviso e una media nazionale di un addetto per 680
abitanti.
Dal 2003 è scattata una corsa folle ad assumere personale,
spesso a ridosso di tornate elettorali, e i nodi sono venuti al pettine negli
ultimi anni. Oggi questi stipendi costano circa 520 milioni di euro all'anno.
Ma le spese del sistema rifiuti siciliano non finisco qui. A
queste cifre occorre aggiungere anche il 30 per cento di spese che va per oneri
di gestione, manutenzione e acquisti di attrezzature: altri 200 milioni di euro
all'anno. Il totale fa 970 milioni di euro all'anno, circa un miliardo. A
fronte di questa mole di costi, i tributi riscossi dagli enti locali per lo
smaltimento dei rifiuti Tarsu o Tia, ammontano a 650 milioni di euro. Quindi
ogni anno il sistema accumula debiti per oltre 300 milioni di euro: oggi tra
Ato e Comuni, il debito nei confronti delle imprese pubbliche e private che
lavorano nel comparto è salito così a 1,5 miliardi di euro, nonostante i 600
milioni di euro di fondi regionali bruciati negli ultimi anni attraverso il
cosiddetto fondo di rotazione istituito proprio per aiutare i Comuni.
Insomma, costi elevati e una macchina mangiasoldi perfetta. Ecco
il sistema della spazzatura in Sicilia, mentre la magistratura indaga sulle
tangenti e il ruolo della politica. Nel frattempo il piano rifiuti rimane in
gran parte incompiuto: i Comuni non hanno i soldi per avviare la differenziata
e dopo la fine dell'emergenza, con annesso commissariamento affidato alla
Regione, dovrebbero essere le nuove Srr ad investire negli impianti. Sì, ma con
quali fondi? Fino a quando i rifiuti andranno a finire solo nelle discariche?
Il governo Crocetta ha dichiarato guerra ai privati coinvolti nelle indagini e
minaccia di requisire le discariche. Ma quali sono i programmi del governo per cambiare
questo sistema?
Dopo gli ultimi arresti il governo Crocetta ha dichiarato guerra
ai privati Ogni dodici mesi si accumulano debiti per trecento milioni di euro
GLI OPERATORI
In Sicilia c'è un operatore ogni 398 abitanti Da sinistra, una
discarica e Palazzo d'Orleans
APPALTI E INCHIESTE, IL RITARDO DELLA POLITICA
Salvo Toscano
Con
le indagini su discariche e fotovoltaico, gli inquirenti arrivano prima della
politica, malgrado i tanti campanelli d'allarme suonati in questi anni. Serve
un intervento deciso sulla burocrazia. Ma anche le imprese hanno qualcosa su
cui riflettere, a partire dalla "convenienza" della legalità
PALERMO – L'ultimo annuncio in
ordine di tempo risale a oggi, quando il presidente Rosario Crocetta ha detto
che sarà creata “una
banca dati on line, il cui accesso sarà riservato alle forze dell'ordine e alla
magistratura, con tutte le informazioni relative agli appalti pubblici della
Regione". Ma la settimana horribilis per la Regione, con due inchieste
che hanno fatto tremare il Palazzo, quella sulle discariche e
quella sul fotovoltaico,
promette strascichi. Le indagini hanno svelato presunti incroci pericolosi tra
burocrazia e affari, storie di tangenti e promiscuità – tutte, sia chiaro,
ancora da dimostrare in sede giudiziaria – che gettano più di un'ombra sulla
burocrazia regionale. Storie che affondano le proprie radici in quella matassa
ingarbugliata di norme e codicilli, in quel labirinto nel quale non perdersi,
per cittadini e imprese, è pratica non semplice, in quel pantano in cui le
poche certezze fanno il gioco di disonesti e avidi a scapito del diritto.
Colpisce, nelle cronache di
questi giorni, la corsa dei politici per piazzarsi primi nel gioco del “l'avevo
detto io”. Tanti si sono iscritti, eppure resta il fatto che fino
all'intervento della magistratura, lo status quo, per esempio sulla vicenda
delle discariche, era rimasto quasi intatto. “La Procura è arrivata a
conclusioni che la politica non ha saputo trarre: ha fatto prima delle
istituzioni politiche”, ha
sintetizzato in un'intervista a Livesicilia il deputato del Pd Anthony
Barbagallo.
Eppure, i campanelli d'allarme
erano suonati abbondanti, dentro e fuori dal Palazzo. Sul fronte delle
energie alternative, ad esempio, una relazione dell'assessorato all'Energia
aveva sollevato già forti perplessità sulle procedure per
l'autorizzazione per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, dipingendo un quadro a dir poco caotico degli uffici. Quanto alla
vicenda rifiuti, basta sfogliare le collezioni dei giornali. Solo pochi mesi
fa, a marzo, era stata la Fit Cisl a chiedere maggiore trasparenza nel settore,
invitando la commissione Antimafia “a rendere pubblico subito l'esito dei
controlli antimafia sulle imprese che gestiscono le discariche in Sicilia, a
partire da quelle pubbliche guidate da politici che pertanto devono dare per
primi l'esempio”. Prima ancora c'erano state le esternazioni – con tanto di
polemiche interne alla giunta – degli assessori Nicolò Marino e Mariella Lo
Bello. Già a dicembre del 2010, sul Sole 24 Ore la Confindustria
siciliana denunciava come nell'Isola si rilasciassero autorizzazioni in materia
di protezione ambientale senza accertarsi che le aziende richiedenti avessero
le carte in regola per averle. Passava un anno, e nel settembre del 2011 lo
stesso vicepresidente degli industriali Giuseppe Catanzaro, imprenditore del
settore, tornava alla carica, parlando al Giornale di Sicilia di
“resistenze di pezzi malati di burocrazia e della politica che impediscono il
cambiamento”, denunciando ritardi nell'informatizzare le procedure e a lasciare
traccia di ciò che si è fatto. Nella stessa intervista Catanzaro lamentava: “Si
spendono i fondi europei per comperare un sistema informatico di gestione delle
pratiche, il Sivvi, di cui ad oggi non c’è alcuna applicazione”, aggiungeva
l'imprenditore.
Il Sivvi è un sistema informativo
di valutazione di impatto ambientalerealizzato da Sicilia e-Servizi e Sicilia
e-innovazione con i fondi europei, presentato in pompa magna nel giugno 2009
con una conferenza stampa a cui presero parte tra gli altri l'allora assessore
Pippo Sorbello e la dirigente Rossana Interlandi. Doveva assicurare trasparenza
nelle procedure. Lo si è cominciato usare solo nel 2011, ma in assessorato non
pare sia troppo apprezzato, malgrado – spiega il dirigente generale del
dipartimento Ambiente Gaetano Gullo – “all'epoca vi furono spesi 900 mila
euro”. La digitalizzazione, spiega lo stesso Gullo, comunque c'è, sia
attraverso Sivvi, sia per mezzo di un software realizzato da risorse interne
che permette consultando quest'indirizzo di
seguire l'iter delle pratiche su pagine excel.
Software o non software, il quadro emerso dalle ultime inchieste richiede alla politica una tempestività e una decisione nell'intervenire che fin qui non si è vista a sufficienza. E questo al di là dei proclami e dei data base da mettere a servizio degli investigatori. Servono piuttosto misure che davvero semplifichino gli iter burocratici garantendo trasparenza e criteri oggettivi e certi, interventi volti a evitare che si creino “regni” troppo lunghi negli uffici pubblici per mezzo di rotazioni mirate (che non degenerino nel caos), ogni sforzo possibile volto a evitare occasioni di contatti diretti tra uffici e ditte, e in ultimo sanzioni severe per i dipendenti infedeli, premiando invece i meritevoli e preservando questi ultimi da generalizzazioni. Insomma, occorre che la politica ristabilisca il suo primato sulla burocrazia, che da tempo ormai s'è ridotto invece alla sola attività di spartizione delle poltrone più pesanti secondo criteri di appartenenza.
Ma d'altra parte, anche per le imprese (e non solo per la politica) le inchieste di questa settimana offrono senz'altro spunti di riflessione. Un passaggio interessante dell'ordinanza è la conversazione tra due imprenditori coinvolti nell'indagine, Calogero e Giovanni Sodano. Parlando di presunte richieste di denaro da Gianfranco Cannova, il funzionario al centro dell'inchiesta, i due commentavano: “Ora il dottore (Cannova, ndr) ci racconta le solite minchiate... che vuole soldi... non dobbiamo dare più niente noi... non ci credo che Catanzaro molla una lira per... per... per avere queste discariche... neanche una lira...”. “Sì...”. “E il primo che si permette a dirgli dammi mille lire quello lo denuncia... noi troppo esagerati siamo stati...”. Un passaggio che fa riferimento al già citato vicepresidente degli industriali siciliani e che sembra dar forza alla scuola di pensiero, forse ancora minoritaria, della "legalità conveniente", per la quale - proprio come accade nei confronti degli estorsori di Cosa nostra - la denuncia alle autorità è la migliore e più efficace difesa per tenere alla larga eventuali corrotti e concussori.
RIFIUTI ED ENERGIA, TANGENTOPOLI DI SICILIA
di Rosario Battiato
Gli ultimi due capitoli:
l'operazione Terra Mia e le presunti tangenti per la costruzione del parco
fotovoltaico di Monreale. Nei due settori gli interessi di criminalità
organizzata, malaffare e corruzione. Un sistema denunciato da anni e mai
colpito
|
PALERMO – In Sicilia, i rifiuti e
l'energia sono due panieri ricchi di risorse e braccati da interessi milionari
non sempre trasparenti. Nessuno stupore, pertanto, se proprio in questi settori
si sono annidati gli scandali della nuova tangentopoli siciliana. La storia
dell'Isola è ricca di esempi, ma i fatti più recenti hanno riguardato
l'inchiesta Terra Mia e l'affare del parco fotovoltaico di Monreale.
Come tanti altri avevano fatto
prima di lui, anche l'assessore regionale all'Energia, Salvatore Calleri,
ha tuonato contro la corruzione nella Pubblica amministrazione e ha ribadito
l'impegno dei suoi uffici nel solco tracciato dal suo predecessore, Nicolò
Marino, che in maniera incisiva aveva agito per rimodulare il potere delle
discariche private nella direzione della legalità e della trasparenza e per
normare un settore strategico per l'energia verde come l'eolico.
Prima di lui anche Giosuè Marino
e Pier Carmelo Russo, entrambi assessori all'Energia durante il governo
Lombardo, avevano espresso diverse e, in alcuni casi, ben documentate
perplessità. Lo stesso governatore aveva sottolineato nel febbraio del 2010 in
audizione alla Commissione parlamentare sui rifiuti, e poi in aprile all'Ars,
che c'era un forte appetito della mafia “intorno alla gestione dei rifiuti”. E
le operazioni che si sono susseguite in questi anni hanno confermato un lato
oscuro sin troppo conosciuto: dall'affare dei termovalorizzatori alle
discariche abusive nelle miniere abbandonate di Sicilia, dall'operazione
"Trash" di Bronte del 2008 fino alla “Nuova Ionia” del 2013.
Solo qualche esempio pescato nel
mare del malaffare che ruota attorno ai rifiuti e che nei giorni scorsi ha
portato alla luce l'ennesimo scandalo che arriverebbe fino alla Regione con
l'operazione Terra Mia, un certosino lavoro di intercettazioni che fa risalire
alcune delle registrazioni più importanti al 2012.
Salvatore Calleri, che viene
proprio da una roccaforte di legalità come la Fondazione Caponnetto, non ha
voluto essere da meno dei suoi predecessori e nei giorni scorsi ha rilanciato.
“Per quanto riguarda la discariche il mio assessorato - ha spiegato - ho
disposto la chiusura della Oikos Spa di Motta Sant'Anastasia. Entro pochi mesi
abbiamo le gare d'appalto per le discariche pubbliche. Abbiamo, inoltre,
revocato l'autorizzazione alla ditta So Ambiente srl di Agrigento, dove avevamo
avuto un'informazione prefettizia negativa. Per quanto riguarda Tirreno
Ambiente, che si trova vicino Barcellona, siamo intervenuti”. Altri interventi
hanno riguardato la discarica di Sant'Agata di Militello “per situazioni di cui
sono venuto a conoscenza che potrebbero avere rilievi penali” e dei quali
sarebbe stato interessato il procuratore Leonardo Agueci”.
Azioni lodevoli, ma c'è
evidentemente un problema di funzionamento della macchina burocratica. Lo ha
ammesso implicitamente lo stesso Rosario Crocetta rispondendo risposto ai
cronisti che chiedevano le motivazioni del rientro al posto originario in circa
un mese e mezzo del funzionario dell'assessorato al Territorio, Gianfranco
Cannova, da venerdì ai domiciliari in quanto coinvolto nell'inchiesta, che era
stato trasferito ad altro ufficio così come disposto dal governo regionale lo
scorso anno con il provvedimento di rotazione dei dirigenti. Netta la riposta:
“Avevo dato disposizione che i dirigenti trasferiti non dovevano tornare nei
settori dai quali erano stati provenivano”. Perché chi doveva eseguire questo
ordine non l'ha fatto?
Capitolo energia. Anche qui
la Sicilia non si è mai fatta mancare nulla: dall'operazione “Broken wings” che
ha messo nel mirino il re dell'eolico Nicastri ritenuto vicino al
superlatitante Matteo Messina Denaro al primo scandalo fotovoltaico, il
processo è in corso, che ha coinvolto i deputati Vitrano e Bonomo. Il
fotovoltaico si è concesso un bis nei giorni scorsi dopo che la Guardia di
Finanza di Napoli, nell'ambito di un'indagine sulla maxi evasione fiscale di
due imprenditori toscani, aveva intercettato un giro di mazzette che riguardava
la realizzazione del parco fotovoltaico di Monreale. Coinvolti l'ex assessore,
oggi deputato coi democratici riformisti, Pippo Gianni, e il dirigente Martino
Russo, indagati per corruzione, e Francesco Marcenò, dirigente regionale indagata
per abuso d'ufficio. Per i funzionari previsto un provvedimento di sospensione.
Cannova
Ordinanza Di Custodia Cautelare Cannova Architetto Gianfranco 7485 11 10308 11
Ordinanza-cannova-pr... by Pino Ciampolillo
Cannova
Architetto Gianfranco Intercettazioni Ambientali Paduano Valeriaordinanza
Custodia Cautelare Cannov... by Pino Ciampolillo
ASSESSORI CONTRO DURO SCONTRO TRA M
marino-e-lo-bello-14-marzo-2014
CUFFARO
ALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE RIFIUTI... di isolapulita Cuffaro Genchi Pellerito e i 4
Termovalorizzatori
Cuffaro
Genchi Pellerito e i 4 Termovalorizzatori di isolapulita Comm.Parlamentare RIfiuti Cuffaro
Genchi
LUGLIO 2007 Comm.Parlamentare
RIfiuti Cuffaro Genchi Luglio... di isolapulita
Cannova conversando
telefonicamente con sua moglie Valeria Paduano le confidava che aveva la
disponibilità di un’autovettura “Della ditta”, una locuzione riferita alla
“ditta” del Proto esternata in modo così confidenziale da ingenerare qualche
confusione persino nella stessa moglie dell’indagato benché fosse anche lei a
conoscenza della “familiarità” dei rapporti del marito con l’imprenditore
catanese:
V: E poi a Rimini come ci vai?
G: C'è una macchina che mi aspetta.
V: Di chi? G: Della Ditta.
V: Quale Ditta?
G: Di tua sorella... minchia.. !
V: Quale Ditta è? G: Sei scema?
V: Che Ditta è non lo so.
G: Quella di Mimmo.!”.
Cannova di sfruttare la sua “compromettente” amicizia con il
Proto anche per “sistemare”, almeno in un prossimo futuro, il figlio
Paolo:
G: Infatti è probabile, probabile che poi Paolo lo mettiamo
a lavorare lì.
V: Si tu sei convinto, lo devi mettere a lavorare
lì...vediamo le cose come vanno... ancora non si sa niente... la crisi tu già
pensi a Paolo dove lo devi mettere a lavorare.
G: Sarebbe una buona oppurtunità..
V: Per ora fagli prende sto diploma...che è ancora
all'inizio, ho paura che..
G: Poi a casa, anche quando va a Catania, è a due ore
di strada..
GRAND HOTEL RIMINI allegata in atti, che attesta che la
società OIKOS s.p.a. ha sborsato per il soggiorno del Cannova la somma
complessiva di euro 717,00 carta credito Master Card n. 5529 7500
7810 4933 intestata a Domenico Proto.
P: Senti, ma Mimmo almeno qualcosa te la esce per questa
cosa che hai fatto?....Quanto? ..Te li ha dati? ..DIECI? … Meno male che c’è
lui!!perche’ con questo……Quanto ti costano questi, omissis.”, ricevendo dal
marito la seguente emblematica riposta di assenso: “
G: Se ne fotte lui dei soldi.”.
Hotel Baja Verde, di cui sopra si è detto:
P: Io mi spavento.. io ti ho sempre detto stai attento con
Mimmo perché io sono sicura che lui ha troppe attività, troppe cose, io..eee..
quando una prende soldi facili, prima o poi le paghi…
G: Ma che vuoi dire?
P: A me dispiace per lui ma prescindere perché con noi si è
sempre comportato bene.
G: Che vuoi dire non ho capito..
P: Che mi spaventa l’arresto..
G: Spaventati!
P: Che hai i cazzi pure tu,
cominciano a fare.. ci sono intercettazioni che andiamo al Baia Verde, andiamo
qua.. andiamo là.. anche ste cose, io proprio oggi pensavo mi sarebbe piaciuto
andare a Taormina, ora anche ora, a Capo Taormina, però ci dobbiamo un po’
limitare, tu sei troppo leggero nelle tue cose.
G: Limitati, ci vado solo
P: Dove?
G: A Capo Taormina.
La preoccupazione della moglie del Cannova di giustificare
il loro tenore di vita va anche posto in relazione al fatto che
dall’accertamento bancario esperito sui conti correnti del Cannova e di Paduano
Valeria tra l’altro risulta che nel
conto Unicredit, n. 300508486,
intestato alla Paduano,
il saldo finale a giugno 2012 ammontava ad euro
200.732,10,
mentre negli anni precedenti risultavano i seguenti
saldi:
anno 2011 euro 459.335,25;
anno 2010 euro 35.918,18;
anno 2009 euro 8.301,80;
anno 2008 euro 56.960,04;
anno 2007 euro 11.637,98
Lo scellerato patto criminale viene, come da trascrizioni
telefoniche che seguono, consumato, nella specie, con la rivelazione di segreti
d’ufficio da parte del CANNOVA al PROTO e, di converso, con la dazione, da
parte dell’imprenditore, di denaro contante, regalie di vario tipo al funzionario
infedele per le sue indebite prestazioni finalizzate ad agevolarlo negli atti
amministrativi che riguardano la sua società. Si specifica che gli atti oggetto
del mercimonio sono di competenza dell’ufficio regionale del CANNOVA, il quale
sperava nella futura assunzione del figlio adottivo Paolo nelle società del
PROTO al compimento della maggiore età, come poi lo stesso CANNOVA rivelerà a
sua moglie Paduano Valeria.
In particolare, CANNOVA, una volta venuto a conoscenza
dell’intenzione di revocare l’A.I.A. alla società del PROTO, immediatamente
rivelava la notizia al diretto interessato affinché questi potesse correre ai
ripari, muovendo eventualmente proprie conoscenze e amicizie, tra cui quella
con l’allora Governatore della Regione, Raffaele Lombardo (in quel periodo
Commissario Straordinario all’emergenza rifiuti per la Sicilia), il quale lo
riceverà privatamente, come poi racconterà il PROTO stesso in un
intercettazione più avanti riportata.
Ovviamente PROTO, come è stato documentalmente accertato
(vedi infra) ha pagato gran parte delle spese di viaggio
sostenute a Rimini da CANNOVA, a mezzo di carta di credito a lui
stesso intestata (Mastercard nr.5529 75007810 4933 con scadenza del 05.2013).
Nella specie, Domenico PROTO si è fatto carico delle spese
sostenute da CANNOVA durante la permanenza a Rimini (dal 09/11/2011
all’11/11/2011), ed particolare:
− l’autonoleggio di un’autovettura marca Passat 2000 TDI SW,
targata EH 746 YG, costata nel periodo di riferimento al Proto € 229,45, di cui
€ 149,46 a mezzo voucher pagato dal PROTO e € 79,99 dal CANNOVA con carta di
credito, autovettura direttamente data in consegna al CANNOVA, il quale nella
bolla di consegna figura quale “dipendente della Oikos Spa ”
− i costi alberghieri sostenuti, pagati da PROTO con la
carta di credito sopra riportata, spendendo stavolta complessivamente per il
solo CANNOVA € 717, dichiarazione a firma del direttore dell’Albergo
“Grand Hotel” di Rimini);
− le spese del biglietto aereo del CANNOVA da Palermo a
Bologna A/R compagnia Alitalia, del costo complessivo di € 486,46, pagato con
carta di credito di PROTO
In una conversazione Cannova ha avvisato PROTO della
prossima emissione del decreto di annullamento dell’AIA per la sua società;
CANNOVA, poi, violando qualsiasi dovere di segretezza d’ufficio, si preoccupava
di inviare all’imprenditore catanese il documento a mezzo fax, cosa che poi di
fatto non avveniva poiché, in conversazione telefonica successiva, CANNOVA
diceva a PROTO che il documento lo avrebbe portato con sé e glielo avrebbe
fatto leggere in occasione del viaggio a Rimini.
P: PROTO Domenico
S: SUDANO Domenico
S: Pronto?
P: Senatore!
S: Pronto? Ehi, Mimmuzzo!
P: Come stai, senatore, come stai?
S: Come stai tu? Mi fanno battagliare... mi fanno
battagliare, Mimmo, però va' bene và..!
P: Come, come, come ti fanno...
S: Come stai tu?
P: Chi è costui, che lo uccido! chi è costui, che lo uccido!
S: Eh eh eh.. no, abbiamo predisposto già la risposta e
martedì la firma Berlusconi, quindi, da martedì in poi, nel giro di dieci
giorni, otto giorni, dovremmo chiudere sta partita, dai, se Dio vuole...
P: Ah ah ah ah....! Avanti, dai! Ci facciamo il SANTO
NATALE, eh eh eh..
S: Avanti, va' bene, ve bene. Tutto bene tu?
P: Tutto bene, si si, tutto bene, volevo sentire la tua voce
e la volevo sentire bella, carica, come la sto sentendo ora!
S: Si si si,.. (incompr.).. io sono lottatore, Mimmo, dai!
P: Nel giusto! Noi, nel giusto sempre!
S: Nel giusto! Sempre nel giusto...
P: Nel giusto!
S: Sempre nel giusto… Sempre nel giusto. Va' bene Mimmuzzo
(incompr.)
P: Un bacio grosso,un bacio grosso, allora, ok?
S: Grazie, ci vediamo, ciao gioia, ciao, un bacio ciao.
C:CANNOVA GIANFRANCO (CHIAMANTE)
P:PROTO DOMENICO (CHIAMATO)
P: Gianfranco?
C: Ehilà! Mimmuzzo!
P: Allora, ti hanno mandato il messaggino?
C: No!
P: Non ti è apparso...
C: No!
P: Ti ho messo partenza da Catania, vedi... perché se no
dovevi...
C: incomprensibile
P: Ho messo partenza da Catania se no dovevi partire
all'una, mi sembra, alle dodici e trenta...
C: Si... eh... aspé un minuto Mimmo però... io posso partire
mercoledì!
P: Ah!
C: Perché tu mi avevi detto che partivamo mercoledì e invece
ora Veronica mi ha detto che partite merco... martedì!
P: Noi si mercoledì...
C: incomprensibile
P: ... noi, vabbé e ti par... parti un altro giorno allora,
scusa.
C: E questo infatti volevo post...
P: Fai una cosa, parla con Veronica, eh.... dagli...
dagli l'input qual'è la disponibilità e ti faccio cambiare tutte cose.
C: Oh! Un'altra cosa e... a questo punto rientriamo giovedì
tutti assieme oppure noi ci tratteniamo fino a venerdì? Tu come sei messo?
P: No, io venerdì mattina c'ho, alla Sicilia a Catania,
appuntamento con.... giornale, dobbiamo fare delle dichiarazioni.
C: Ho capito!
P: Se no incomprensibile ...
C: Mimmo?
P: Si, ti sento!
C: Senti, vedi che è arrivato l'altro documento che
praticamente parla di nuovo di e.... annullamento del decreto AIA nei confronti
di OIKOS... ora faccio i fax e glieli faccio arrivare a Veronica, quindi questa
cosa continua, è quella del direttore, pensavo fosse finita e invece continua.
Hai capito?... Pronto?... Pronto?...
(VOL. II aff. 131 ss)
C: CANNOVA Gianfranco (CHIAMANTE)
P: PROTO Domenico (CHIAMATO)
P: Gianfranco?
C: Ehi, Mimmo, ti stavo dicendo, ti devo trasmett...
P: In ufficio, dico? Sei in ufficio?
C: No, per ora no, sono... ora devo rientr... ora rientro,
comunque, perchè devo andare a fare questi fax……….eve arrivare…..
P: Mmh... Da parte di chi arriva questo documento?
C: Da parte del direttore, che, praticamente, gli ha
scritto l'ufficio di gabinetto dell'assessore, perchè ha avuto la richiesta da
parte della Prefettura. Ufficio di presidenza, segreteria tecnica, da parte del
presidente..ehm... della.. della regione.
P: Ma è il direttore che scrive?
C: Si!
P: Cioè, ZUCCARELLO Scrive?
C: No! ZUCCARELLO non è direttore, non cominciamo!
P: Allora chi è, scusa?
C: Scrive ARNONE! Perchè vuole risposta la MONTEROSSO,
Patrizia MONTEROSSO6, ch'è il capo di gabinetto di LOMBARDO.
P: Ho capito! Va' beh, questo... questo...
C: Te lo faccio arrivare tramite fax.. ehm... stasera
vattelo a prendere in ufficio.
P: Va' bene.
C: Va' bene?
P: Va' bene Gianfranco.
Quindi, di seguito la telefonata e l’sms che il
segretario particolare di Domenico PROTO, Giuseppe Arcidiacono, fa a CANNOVA
per confermargli gli orari di partenza per Rimini. In questa conversazione
telefonica il Cannova chiedeva che gli venisse messa a disposizione
un’autovettura.
A: Giuseppe ARCIDIACONO (CHIAMANTE)
C: Gianfranco CANNOVA (CHIAMATO)
C: Giuseppe!
A: Si, architetto, buongiorno!
C: Buongiorno.
A: Ha ricevuto il messaggio? Io ho chiuso perche le stavo
scrivendo il messaggio, in pratica.
C: No, Giusè, non è arrivato ancora.
A: Comunque, gliel'ho inviato ora. In pratica è
confermata quella partenza che mi diceva lei, nove-undici, va' bene?
C: Eh! Nove-undici... L'orario?
A: Parte il nove e rientra l'undici, l'orario quello
che diceva lei. Va' bene?
C: Ah, va' bene. Va' bene, ok.
A: Ok? c'è messo numero di prenotazione e tutto....
C: La macchina, Giuseppe? Per la macchina?
A: Per la macchina poi... poi si senta col presidente
C: Eh e quando, lui...
A: O la vuole prenotata? Non lo so, per me è come dice
lei.
C: Lui che ha detto?
A: Non lo so, io a lui non... Ora, ora ... ora ne parlo col
presidente e glielo faccio sapere, va' bene?
C: Eh, me lo faccia sapere, perchè se no sono a piedi,
poi...
A: Va' bene, ok, va' bene...
C: E' lì il presidente?
A: No, il presidente non c'è. Dovrebbe venire, non lo so...
C: E deve venire, perche probabilmente deve prendere a
cosa...a Veronica
A: Va' bene?
C: Ok, aspetto a lei, allora, Giuseppe
A: Ok, grazie. Arrivederci.
C: Arrivederci
A seguire una conversazione tra CANNOVA e sua moglie Paduano
Valeria, in cui il primo confida nella possibilità che un giorno il figlio
Paolo possa lavorare per il Proto:
(VOL. II aff. 141 ss)
Progressivo n°: 6064 Data : 09/11/2011 Ora : 16:05:38 Durata
: 0:02:52
G: CANNOVA Gianfranco (CHIAMANTE)
V: PADUANO Valeria (CHIAMATA)
V: Pronto.
G: Vale..
V: Ma sei partito, dove sei?
G: In piscina... non devo collocare tutti e due prima..
V: Ma parti alle cinque?Sei in ritardo.
G: No alle cinque in aereoporto.
V: E a che ora parti?
G: Alle sette meno dieci.
V: Come?
G: Sette meno dieci.
V: Sette meno dieci?
G: Si.
V: Cioè arrivi là alle dieci... il tempo che arrivi..Arrivi
a Bologna?.. Palermo, Bologna?
G: Si si.
V: E poi a Rimini come ci vai?
G: C'è una macchina che mi aspetta.
V: Di chi?
G: Della Ditta.
V: Quale Ditta?
G: Di tua sorella... minchia.. !!!!!!!!!!
V: Quale Ditta è?
G: Sei scema?
V: Che Ditta è non lo so.
G: Quella di Mimmo.! [Domenico PROTO]
V: Che ti aspetta, perchè lui si è portato la ditta
appresso, cioè la macchina appresso..
G: Si c'ha delle macchine affittate là..
V: E dopodichè andate lì, e poi c'è la cena e tu stasera..
allora tu mi vuoi fare credere che tu non andrai in questi locali? Insieme a
mimmo?
G: Nooo, stasera (inc.)
V: Vabbè quelli chiudono alle sei di mattina..
G: Facciamo pure la cena, infatti facciamo pure la cena..
V: E tu mi vuoi fare credere che sei là e tu e Mimmo
da solo tu non andrai mai in questi locali?
G: Si da solo, siamo docidi persone.. da solo.c'è suo
figlio, sua figlia..
V: Suo figlio, sua figlia? E come mai?
G: Perchè se li porta, per queste cose di lavoro, se li
porta.
V: Se li porta.
G: Per queste cose fuori.. che gli dice che gli servono per
imparare il mestiere.
V: Ho capito. Vabbè ci devo credere. no io non ci credo. Io
glielo chiederò..
G: Chiama a Mimmo e glielo chiedi.
V: Gianfranco prima di partire, ora ci sentiamo. Io devo
andare ora dal notaio. Va bene.
G: Infatti è probabile, probabile che poi Paolo lo mettiamo
a lavorare lì.
V: Si tu sei convinto, lo devi mettere a lavorare
lì...vediamo le cose come vanno... ancora non si sa niente... la crisi tu già
pensi a Paolo dove lo devi mettere a lavorare.
G: Sarebbe una buona oppurtunità..
V: Per ora fagli prende sto diploma...che è ancora
all'inizio, ho paura che..
G: Poi a casa, anche quando va a Catania, è a due ore di
strada..
V: E lo so.. però...
G: Va là a dormire, e poi..
V: Io ho, ho obiettivi molto migliori per lui se se ne
andasse in Svizzera sarebbe la cosa..
G: Andare in Svizzera..
V: Si.
G: A fare il cameriere..
V: Vabbè, fammi posteggiare..sto andando dal notaio..ora tra
un pò ci sentiamo..
G: Ciao.
La conversazione telefonica che
segue iniziava con un’esclamazione dialettale di CANNOVA: “Agghiurno’?!”, cui
seguiva la conferma dell’interlocutore, quindi CANNOVA raccomandava PROTO per
un prossimo incontro con il Direttore Generale dell’Assessorato, Giovanni
Arnone, in quanto dal tenore della telefonata sembrerebbe che l’Arnone non
aveva gradito la visita fatta presso gli uffici dell’Assessorato da PROTO
[dobbiamo muoverci diversamente con ..con il direttore]. CANNOVA consigliava di
farsi preannunciare la sua visita presso gli uffici dell’ARTA ” da una
telefonata preventiva”, poi i due alludevano ad alcuni viaggi già fatti e da
farsi a Roma dal PROTO, e quindi al probabile intervento di un non meglio
identificato politico.
C: Cannova Gianfranco= Chiamato
P: Proto Domenico = Chiamante
C: Mimmo "agghiurnò" finalmente?
P: "agghiurnò agghiurnò"!
C: "agghiurnò" meno male!
Dalle ore 07:55:46 alle ore alle ore 08:01:12 omississ
C: Ah senti a proposito. La prossima volta, e.....
P: ..si..!
C: ..dobbiamo muoverci diversamente con ..con il direttore.
Perchè ieri che eravamo assieme, mi fece una battuta. Mi fa, si mette accanto a
me e mi fa dice: "Ma quello di ieri che mi ha salutato chi era? Io non lo conosco!"
.
P: Cosa...cosa cosa?..Non ho capito!
C: Ieri....
P: ..si!...
C: ...ero assieme ad Emanuele,....
P: ..si!...
C: ...si mette accanto a me e mi fa: "Cannova ma
quello di ieri che mi ha salutato chi era? Che io non lo conosco a quello! Eh…
no… Il presidente dell'Oikos, si ricorda che aveva il problema... si, si lo so
ma io a questo non lo conosco e mi ha baciato pure! quindi la prossima volta,
siccome tutte questi..questi personaggi sono tutti spaventati, una telefonata
preventiva.
P: Ah! Certo, ho capito, ho capito|!
C: Hai capito?
P: (incompr.)
C: per evitare che continua a fare il cretino.
P: Ah! Ha detto che non mi conosce.
C: Si!..."ma chi è ? Io a questo non lo conosco!
Mi ha salutato pure." .. lo so (incompr.)! ma io non lo conosco, dissi, gli
stavo dicendo, ma come? Ci sei andato a mangiare insieme e non lo conosci?
P: Tu digli......digli ..ricordargli di ..Roma!
C: No, Mimmo!...una telefonata preventiva...
P: … se le scorda le cose?
C: Si, se li scorda le cose. Una telefonata preventiva
cosi la prossima volta....
P: ....la settimana prossima mi faccio prendere
l'appuntamento.
C: No! Ma infatti, il fatto di scendere una volta a
settimana, vedi che non è sbagliato.
P: Eh, no, lo sò, lo sò. Poi mi faccio
...(incompr.)...da me.
C: Poi ho parlato nuovamente per la questione che aveva
sollevato lui ed in pratica...
P: ...si...
C: ...........il risultato dovrebbe essere che lui si
piglia la tariffa e l'a.i.a. rimane quà.
P: Ah!
C: Capito?
P: Ho capito, dai!
C: E' questa cosa dovrebbe essere un provvedimento che poi
va in giunta di governo..
P: ...ho capito.
C: Va be Mimmuzzu!
P: ottimo, ottimo, ottimo...
CANNOVA ben sapeva che la carica
ricoperta dal suo Dirigente Generale, Giovanni Arnone, fosse espressione della
volontà politica dell’allora Governatore della Regione Lombardo a cui PROTO,
come si vedrà nel seguito, faceva riferimento per tentare di risolvere le sue
traversie amministrative: ciò spiega perché entrambi si auguravano che il
“provvedimento” di loro interesse andasse poi in giunta di governo.
Sibillina, e di dubbia
interpretazione rimane la frase che il CANNOVA pronunciava [il risultato
dovrebbe essere che lui si piglia la tariffa e l'a.i.a. rimane qua]: cosa
intenda dire CANNOVA quando asserisce “Lui si piglia la tariffa” non è
dato saperlo; non è emerso, infatti, dalle indagini nulla a carico del
Direttore Generale dell’Assessorato al Territorio. L’affermazione, comunque,
risulta sintomatica del modo di pensare e di intendere l’esercizio della
propria funzione da parte di CANNOVA.
Di seguito, altra conversazione
telefonica tra CANNOVA e PROTO che ribadisce il loro continuo rapporto basato
esclusivamente sugli interessi economici dell’imprenditore catanese, che
CANNOVA, in spregio a qualsiasi senso di correttezza e probità che dovrebbe essere
proprio di un pubblico funzionario, cerca sempre di favorire.
In particolare, CANNOVA si
preoccupava di dare le opportune istruzioni a PROTO per la trattazione delle
pratiche amministrative gestite presso l’Assessorato ove lavorava e nelle quali
era personalmente coinvolto. Infatti, PROTO faceva riferimento al fatto che era
CANNOVA a “convocare” le persone, alludendo con chiarezza alla convocazione
della Conferenza dei servizi che rientrava tra le mansioni di CANNOVA quale
funzionario istruttore:
P: PROTO Domenico
C: CANNOVA Gianfranco
P: Gianfranco!
C: Ehilà, Mimmuzzo!!
P: Senti, rimandiamo, oggi, beddu!
C: Non ho capito, dimmi.
P: Rimandiamo oggi. Rimandiamo oggi il pranzo.
C: Va' bene, ok.
P: Spostiamolo a domani.
C: Va' bene, come vuoi.
P: Io domani ti porto un po' di documenti, e analizziamo a
fondo quella documentazione.
C: L'hai letto il messaggio che ti ho mandato, poi, ieri?
P: Si, si, si, l'ho letto e stamattina l'ho discusso, gli ho
detto di preparare la pratica, così come dico io e di non mandarla, né di là e
né di là, poi sei tu che chiami....
C: Ma infatti, infatti. Minchia, uh... appena facciamo una
cosa del genere, nell'arco di cinque minuti lo saprebbe tutta Catania!
P: Certo. Sei tu che chiami RACITI, chiami Tizio, chiami
Caio e li convochi!
C: E infatti! Va' bene....
P: Ok?
C: Ok Mimmuzzo!
Ora, da tale conversazione deve
necessariamente essere messo in evidenza quel “facciamo” pronunciato da
CANNOVA, che manifesta come il medesimo perseguisse pienamente gli stessi
interessi di PROTO, ed ancora la menzione ad una “convocazione” e
a Raciti non lasciano dubbi sul fatto che l’argomento attenga
all’attività amministrativa afferente le prerogative del funzionario
infedele.
Si ricorda che CANNOVA (cfr. sit
di Zuccarello, vedi VOL. III aff. 6) è colui che rappresenta
l’Amministrazione Regionale nelle conferenze dei servizi, per l’appunto
“convocate”, e che il Raciti si identifica in Salvatore Raciti
dirigente dell’Assessorato Provinciale all’Ambiente di Catania.
Dalla telefonata che segue,
non può non rilevarsi la spregiudicatezza di CANNOVA nell’ordinare al
segretario di PROTO, Giuseppe Arcidiacono, di prenotargli l’albergo “Baia
Verde”, categoria 5 stelle, di Aci Castello, ove poi soggiornerà con la moglie:
le spese alberghiere saranno poi ovviamente sostenute da PROTO.
(VOL. II aff. 188 ss)
Progressivo n°: 9407 Data : 28/12/2011 Ora : 19:32:09 Durata
: 0:01:51
C: CANNOVA GIANFRANCO
A: ARCIDIACONO GIUSEPPE
A: Pronto?
C: Giuseppe, buonasera, Cannova.
A: Buonasera architetto, come va?
C: Bene, grazie Giuseppe tutto a posto lì?
A: Si, si tutto a posto.
C: Giusé notizie del principale ne ha?
A: Principale... oggi pomeriggio l'ho visto.
C: Non le ha detto niente?
A: No.
C: Non le ha detto niente. Senta Giuseppe, una cortesia
mi deve prenotare... domani, dal tre al sette con partenza l'otto.
A: Si.
C: va bene? Glielo dica...
A: D'accordo.
C: Che ne abbiamo parlato.
A: Ah?
C: Glielo dica che ne avevo parlato con lui.
A: Quindi tre...
C: Dal tre, tra notte al sette notte con partenza l'otto.
A: Ho capito, ma dove?
C: Al Baia Verde.
A: Va bene.
C: Mi da la conferma poi, Giuseppe?
A: Certo, ora le do la conferma, certo.
C: Va bene, grazie e... Giuseppe per una matrimoniale e una
doppia.
A: Una matrimoniale?
C: ... e una doppia.
A: Va bene, ok.
C: Ci sentiamo dopo Giuseppe, grazie.
A: Niente, buonasera.
C: Arrivederci.
Il pagamento delle spese alberghiere a carico di CANNOVA
deve seguire una contabilità separata e nascosta, in quanto il funzionario
pubblico non può apparire nei bilanci della società. Come si vedrà dal
contenuto della telefonata di seguito, erroneamente il suddetto pagamento stava
per essere contabilizzate a carico della società OIKOS, ma un’impiegata accorta
della società, Grazia Marletta7, avvedutasi per tempo dell’errore, immediatamente
chiamava PROTO per riparare al problema:
G: CANNOVA Gianfranco (CHIAMANTE)
V: PADUANO Valeria (CHIAMATA)
V: Pronto.
G: Vale..
V: Ma sei partito, dove sei?
G: In piscina... non devo collocare tutti e due prima..
V: Ma parti alle cinque?Sei in ritardo.
G: No alle cinque in aereoporto.
V: E a che ora parti?
G: Alle sette meno dieci.
V: Come?
G: Sette meno dieci.
V: Sette meno dieci?
G: Si.
V: Cioè arrivi là alle dieci... il tempo che arrivi..Arrivi
a Bologna?.. Palermo, Bologna?
G: Si si.
V: E poi a Rimini come ci vai?
G: C'è una macchina che mi aspetta.
V: Di chi?
G: Della Ditta.
V: Quale Ditta?
G: Di tua sorella... minchia.. !!!!!!!!!!
V: Quale Ditta è?
G: Sei scema?
V: Che Ditta è non lo so.
G: Quella di Mimmo.! [Domenico PROTO]
V: Che ti aspetta, perchè lui si è portato la ditta
appresso, cioè la macchina appresso..
G: Si c'ha delle macchine affittate là..
V: E dopodichè andate lì, e poi c'è la cena e tu stasera..
allora tu mi vuoi fare credere che tu non andrai in questi locali? Insieme a
mimmo?
G: Nooo, stasera (inc.)
V: Vabbè quelli chiudono alle sei di mattina..
G: Facciamo pure la cena, infatti facciamo pure la cena..
V: E tu mi vuoi fare credere che sei là e tu e Mimmo da solo
tu non andrai mai in questi locali?
G: Si da solo, siamo docidi persone.. da solo.c'è suo
figlio, sua figlia..
V: Suo figlio, sua figlia? E come mai?
G: Perchè se li porta, per queste cose di lavoro, se li
porta.
V: Se li porta.
G: Per queste cose fuori.. che gli dice che gli servono per
imparare il mestiere.
V: Ho capito. Vabbè ci devo credere. no io non ci credo. Io
glielo chiederò..
G: Chiama a Mimmo e glielo chiedi.
V: Gianfranco prima di partire, ora ci sentiamo. Io devo
andare ora dal notaio. Va bene.
G: Infatti è probabile, probabile che poi Paolo lo
mettiamo a lavorare lì.
V: Si tu sei convinto, lo devi mettere a lavorare
lì...vediamo le cose come vanno... ancora non si sa niente... la crisi tu già
pensi a Paolo dove lo devi mettere a lavorare.
G: Sarebbe una buona oppurtunità..
V: Per ora fagli prende sto diploma...che è ancora
all'inizio, ho paura che..
G: Poi a casa, anche quando va a Catania, è a due ore
di strada..
V: E lo so.. però...
G: Va là a dormire, e poi..
V: Io ho, ho obiettivi molto migliori per lui se se ne
andasse in Svizzera sarebbe la cosa..
G: Andare in Svizzera..
V: Si.
G: A fare il cameriere..
V: Vabbè, fammi posteggiare..sto andando dal notaio..ora tra
un pò ci sentiamo..
G: Ciao.
Formidabile riscontro di quanto sopra detto è rappresentato
dall’ attestazione delle spese fatte dal Cannova Gianfranco redatta dal
Direttore della struttura alberghiera “Grand Hotel di Rimini”:
Evidenti motivi di segretezza delle indagini hanno impedito
di effettuare più mirati accertamenti, che dovranno comunque disporsi, quale
l’individuazione del televisore e degli accessori, compendio della corruzione.
La conferma dell’intervento del PROTO nell’acquisto
dell’impianto si ricava, senza nessuna ombra di dubbio, da un passo del
colloquio in auto avvenuto qualche giorno dopo tra CANNOVA e la moglie Paduano
Valeria, la quale, evidentemente a conoscenza della corruttela del marito,
esclama:
CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera
“G”
PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”
omissis dall’ inizio a ore 20:21:11
P: Senti, ma Mimmo almeno qualcosa te la esce per
questa cosa che hai fatto?....Quanto? ..Te li ha dati? ..DIECI? … Meno male che
c’è lui!!perche’ con questo……Quanto ti costano questi, omissis.
G: Se ne fotte lui dei soldi.
omissis da ore 20:21:35 sino alla fine
La cosa che ha fatto il marito è
stata l’acquisto del televisore, e PROTO ha dato (qualcosa te la esce per
questa cosa che hai fatto?) € 10.000 (Quanto? ..Te li ha dati?
..DIECI?), a pieno riscontro di quanto, nel corso dell’ambientale con CANNOVA
prima riportata, lo stesso PROTO diceva Eravamo rimasti “a chisti ciamma a
fare avire autri 10000 euro” in più tu gli devi pagare la tua tv: quindi il
televisore lo ha pagato CANNOVA, l’impianto stereo PROTO.
Si segnala la preoccupazione
della Paduano per il costo del loro tenore di vita, infatti i due stavano
proprio parlando dei costi da dover affrontare e la donna ringraziava il fatto
di poter sempre contare sull’amico catanese Meno male che c’è lui.
L’indagine ha permesso, inoltre,
di dimostrare come la corruzione del pubblico ufficiale abbia concretamente
giovato al privato, permettendogli di assicurare alla sua società un ingente
introito di denaro.
In particolare, la Squadra Mobile
aveva modo di sentire, la prima e l’ultima settimana di aprile 2012, alcune
conversazioni tra PROTO o la sua collaboratrice Puglisi Veronica (responsabile
del piano sorveglianza e controllo della discarica della OIKOS10) e CANNOVA
particolarmente interessanti, relative ad un guasto dell’impianto.
Nella prima settimana si rilevava
la necessità di contattare CANNOVA in quanto l’ARPA, intervenuta sul posto per
un controllo di routine, aveva constatato il fermo impianto e chiedeva che la
società facesse una comunicazione formale agli organi di controllo, ovvero la
Regione – l’ufficio del CANNOVA -, l’ARPA e la Provincia di Catania;
nell’ultima settimana si verificava nuovamente il guasto e al solito CANNOVA
interveniva per risolvere i problemi burocratici.
Poiché le sole intercettazioni
non erano in grado di far comprendere pienamente i fatti e necessitando, di
conseguenza, specifiche cognizioni tecnico-normative sulla materia ambientale,
si è ottenuta la disponibilità dei Carabinieri del N.O.E., che, a seguito
dell’analisi puntuale delle intercettazioni e della documentazione acquisita
direttamente dalla OIKOS Spa (riguardante sia le autorizzazioni agli impianti
che il flusso dei rifiuti ricevuti/prodotti e/o smaltiti/recuperati dalla
società), ha relazionato sull’intera vicenda, come di seguito viene
rappresentato.
L’attività di gestione dei
rifiuti da parte della società OIKOS consiste nella ricezione, per lo
smaltimento definitivo, di ingenti quantitativi di rifiuti urbani
indifferenziati, aventi codice CER12 200301, con una media giornaliera di 700
tonnellate, prodotti dai Comuni della Sicilia orientale ed ivi conferiti dagli
A.T.O. (Ambito Territoriale Ottimale)13 e/o da società incaricate.
Gli stessi rifiuti, prima del loro smaltimento definitivo in
discarica, devono essere sottoposti ad un’operazione di selezione/trattamento,
conformemente al D.lgs. n°36/200314.
La società OIKOS Spa11, con sede in Motta S.Anastasia (CT),
gestisce gli impianti, complementari tra loro:
- di pretrattamento/selezione, denominato (IPPC)
- di discarica per rifiuti non pericolosi entrambi siti in
contrada Tiritì del Comune di Motta S.Anastasia.
Un’ulteriore esigua quantità di
altre tipologie di rifiuti (rifiuti proventi dalla pulizia delle strade) viene
invece conferita, sempre dagli A.T.O. e/o società incaricate, per essere
smaltita direttamente nella stessa discarica, senza alcun obbligo di preventivo
trattamento.
Per lo smaltimento di tutti i
rifiuti ricevuti, la società OIKOS applica, nei confronti dei conferitori
(A.T.O. e società di privati) e a seconda della destinazione dei rifiuti (verso
l’impianto di trattamento o direttamente in discarica), due distinte tariffe:
quella relativa al trattamento preventivo, pari a € 72,57 a tonnellata, e
quella relativa allo smaltimento definitivo in discarica, pari a € 9,25 a
tonnellata.
Nel corso del primo sopralluogo
del 24 maggio 2012 (VOL. III aff. 592 ss) veniva accertata, in una
porzione d’area della discarica, la presenza di rifiuti la cui tipologia non
era consentito conferire ai sensi dell’art. 7 d.lgs. 36/03, o meglio:
- alcuni rifiuti che
necessitavano in forza della loro tipologia, di essere sottoposti a
pretrattamento, che non avevano, invece, sostenuto;
- altri rifiuti (per esempio
traversine in cemento armato, materiale in legno, plastica e ferro, vedi foto
da 21 a 25, VOL. III aff. 600-601) non potevano invece proprio essere
smaltiti in quella discarica, perché per tale tipologia è necessario uno
specifico pretrattamento con un impianto particolare, di cui la società OIKOS
non dispone, per il successivo conferimento in discarica per i rifiuti inerti.
Le deduzioni fondate erano: 1)
che non tutti i rifiuti transitassero dall’impianto di trattamento preliminare;
2) che non si attuassero idonee misure di sorveglianza e verifica dei flussi di
rifiuti in ingresso; 3) che consapevolmente si smaltissero in discarica
tipologie di rifiuti non consentite.
Veniva acquisita quindi la
documentazione ambientale ed in particolare i registri di carico e scarico e le
bindelle di pesa.
Nella stessa giornata CANNOVA
conversava all’interno della propria autovettura con la moglie, Paduano
Valeria, riferendole che la Polizia in mattina era stata nel suo ufficio,
acquisendo documenti inerenti la società del Proto. La Paduano si mostrava
molto preoccupata di un probabile arresto del PROTO e consigliava il marito di
limitare i loro soggiorni presso l’Hotel Baja Verde, temendo che possibili
intercettazioni potevano svelare che tali soggiorni fossero sempre interamente
spesati dal PROTO (come poi effettivamente già è stato accertato); la Paduano
rimproverava, infatti, il CANNOVA di essere sin troppo “leggero”,
raccomandandogli maggiore cautela:
(VOL. II aff. 25 ss)
numero progressivo n°2674, nel brogliaccio di ascolto delle
relative operazioni tecniche, registrata alle ore 16.00 del 29/05/2012, durata
60 minuti.
CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera
“G”
PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”
omissis dall’ inizio a ore 16.55.59
P: Io mi spavento.. io ti ho sempre detto stai attento
con Mimmo (ndr Proto Domenico) perché io sono sicura che lui ha troppe
attività, troppe cose, io..eee.. quando una prende soldi facili, prima o
poi le paghi…
G: Ma che vuoi dire?
P: A me dispiace per lui ma prescindere perché con noi
si è sempre comportato bene.
G: Che vuoi dire non ho capito..
P: Che mi spaventa l’arresto..
G: Spaventati!
P: Che hai i cazzi pure tu, cominciano a fare.. ci sono
intercettazioni che andiamo al Baia Verde, andiamo qua.. andiamo là.. anche ste
cose, io proprio oggi pensavo mi sarebbe piaciuto andare a Taormina, ora anche
ora, a Capo Taormina, però ci dobbiamo un po’ limitare, tu sei troppo leggero
nelle tue cose.
G: Limitati, ci vado solo!
P: Dove?
G: A Capo Taormina.
omissis da ore 16:56:50 sino alla fine
CANNOVA, nella conversazione
immediatamente successiva, spiegava alla moglie l’escamotage utilizzato
dal PROTO per i pagamenti delle spese da loro sostenuti presso i vari Hotel.
Secondo lui, per mascherare siffatti
pagamenti presso le strutture alberghiere, PROTO userebbe la carta di credito
di una sua impiegata, Grazia Marletta, ma si sbaglia, come già accertato prima:
i pagamenti alle strutture ricettive o per i viaggi del CANNOVA sono sempre
stati eseguiti tramite bonifico bancario dalla Oikos S.p.a. o direttamente con
carta di credito del PROTO:
CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera
“G”
PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”
omissis dall’ inizio a ore 23.02.23
P: Ma il mio problema coi costumi sai qual è, è che ne ho
due milioni per andare quando a mare.
G: Vuoi andare da Giglio?
P: Si. Li uso solo quando vado Baia Verde, quando vado
a Taormina, quest’anno ce lo facciamo almeno un fine settimana a Taormina,
all’Atlantis al coso, chi vuole venire viene. Non me ne fotte niente. A spese
di Mimmo [!!!!!!!!!!!!!!!!]. Con te parlo.
G: Vale anche se le cose diventano sempre più
difficili, perché dice che ora ti controllano pure..
P: .. Cosa?
G: Le vacanze. Dove le fai.
P: Va bè un, ma noi ce li abbiamo le nostre entrate
siamo sempre là, che fa’ non le abbiamo io ho tutto dichiarato, tu magari ma tu
hai a me, hai la villa che già è dichiarata, abbiamo la nostra professione..
G: Valeria intanto ti controllano e poi ti giustifichi..
P: Ma infatti io, se vuoi risparmiare qualcosa, ma tu
infatti, è Mimmo che se paga non deve dire, figurare perche sennò
t’inchiummano! [!!!!!!!!!!!!!!!!]
G: Mimmo non paga mai.. con carte Oikos o cose varie..
P: .. e con le sue personali non è peggio?
[!!!!!!!!!!!!!!!!]
G: Gliela dà , gliela dà a quella come si chiama..
P: Con quella sua personale non è peggio?
G: No ma quale personale.. gliela dà a quella, la sua
impiegata quella..
P: Si ma la sua impiegata..
G: Come si chiama Nancy..
P: .. Non lo so chi è..
G: Quella di là.. l’hai vista..
P: Si ma, cioè gli dà la carta di credito
dell’impiegata?
G: Gli fa’ pagare con la sua carta di credito e poi Mimmo
gli restituisce i soldi.
P: Si ma non ha senso, un impiegata come se lo permette
di pagare una vacanza do 6000 euro per una settimana? Perché tanto noi
consumiamo.. [!!!!!!!!!!!!!!!! Seimila euro a settimana]
G: Lo può fare.
P: Un impiegata lo può fare? Perché quanto guadagna?
G: Lo può fare nel senso che è la Ditta che le offre il
premio del soggiorno.
P: Mi sembra una stronzata. E se questa un giorno se la
canta come quella di Bossi? Lui non deve dare..lui non deve dare..
G: Questa.. ma stai scherzando..
P: Ma chi è quella incinta, che era incinta.. ?
G: No quella grossa Nancy, Grace, Grace.. ecco!
P: Ma io questa non l’ho mai conosciuta?
G: Si l’hai conosciuta..
P: Va bè ma anche quando, tu, scusami, tu non puoi far
figurare che gli hai fatto lavori.. che tu.. cioè per forza deve essere come..
G: La Finanza comincia a controllare pure le vacanze dove si
fanno, un cinque stelle..
P: E le scuole. E le scuole..
omissis da ore 23:04:54 sino alla fine
A proseguire, nella medesima conversazione, innocentemente
la Paduano affermava che il marito era completamente stipendiato dal PROTO e
aveva paura che il loro alto tenore di vita, a seguito di un possibile arresto
del PROTO, potesse subirne gravi conseguenze.
Singolare è che la donna non si pone alcun problema
relativamente alla condotta del marito e alle possibili conseguenze penali.
Anche CANNOVA ammetteva alla moglie di essere assolutamente
dipendente, dal punto di vista economico, dal PROTO; poi, per tranquillizzarla,
sosteneva che qualora fosse venuto a mancare l’apporto economico fornito dal
PROTO, avrebbero alienato unità immobiliari della moglie.
Si intuisce che i due hanno un forte bisogno di denaro
poichè stanno progettando l’acquisto di una casa il cui valore economico supera
il milione di euro.
CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera
“G”
PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”
omissis dall’ inizio a ore 17.08.54
P: Chi è che ti ha chiamato, Gianfranco?
G: L’ingegnere Zuccarello..
P: E che ti ha detto?
G: Che c’è la Procura ancora là..
P: E ti ha detto di andarci?
G: Si. Dice ma le avevo detto di venire dopo avere preso i
ragazzi da scuola..
P: Ma questo ancora non se ne è andato?
G: Ma veramente no..
P: Ma che sei ai suoi ordini? Ma questo ancora non se
n’è andato?
G: E il responsabile sono io.. anzi..
P: Io vorrei capire una cosa, allora noi dove stiamo andando
adesso?
G: In Agenzia..
P: Si dov’è? Dov’è?
G: Via Autonomia Siciliana..
P: Qui.. a due passi..bene allora io dico questo, a
maggiore ragione che c’è pure questa cosa di Mimmo, come facciamo fronte ad una
spesa del genere?
G: Qual è il nesso fra Mimmo e questa..
P: Che Mimmo ti dava soldi!! E con questo ti aiutava a
pagare..
G: E perché non me li dà più?
P: Gianfranco se Mimmo c’ha un’ indagine, una cosa, lo
arrestano..
G: Ma che arrestano!!! Ma che dici!!
P: Ma tu sei sicuro che Mimmo è pulito?
G: Per Favore.
P: Ma tu sei sicuro che Mimmo è pulito?
G: Sarà sicuramente uno strascico di quello che è
successo… certo che è pulito perché c’ho le indagini.. le cose antimafia a
casa, le le… in ufficio… le informazioni antimafia.
P: Va bè quanti ce ne sono che c’hanno le informazioni
antimafia e tutto insieme leggi nel giornale che l’hanno arrestato?
G: Noi abbiamo informazioni atipiche se ci sono
procedimenti in corso noi lo sapp.. siamo i primi a saperlo.
P: Io ti dico sempre Gianfranco, di essere prudente, è un
campo brutto, non solo bisogna..
G: E po ti sto dicendo che sto lavorando per essere
indipendente da Mimmo.
P: Si ma stai lavorando… perché tu sei dipendente da
Mimmo, scusa?
G: Per ora si!
P: Perché?
G: Però se Mimmo si ferma, minchia,
P: Attento
G: Tutti i fondi… vengono messi in crisi.
P: Si ma comunque Mimmo o non Mimmo… il discorso è uno,
stai lavorando o non stai lavorando non sono cose che arrivano da un momento
all’altro.
G: Ma anche… anche quando, ammesso e non concesso noi, ti ho
detto, abbiamo i rimedi di come fare.
P: E quali sono?
G: Via Ausonia e Mondello.
P: No. Cioè che ci andiamo a vendere quattro case?
G: Possiamo valutare tutto.
P: …incomp… dopo che io ho faticato per avere quello
che ho… non solo mi devo vendere via Cadorna e… e via casa…. Via Monti Iblei,
mi vendo pure Mondello.
G: Ma prendiamo…
P: Ma stiamo scherzando?
G: Ma se siamo in crisi ti tieni tutte cose e rimaniamo in
crisi?
P: C’era scritto LI VORSI?
G: Vendiamo Mondello…
P: L’hai letto LI VORSI?
G: Si.
P: Ma Mondello ti sembra così facile vendere ora?
G: L’anno scorso…
P: Perché una vuole vendere piglia e vende?
G: Questa tipologia di casa si.
P: Va bene.
G: L’anno scorso hanno avuto una perdita di 4 milioni di
euro LI VORSI.
P: Lo so.
G: Hanno deciso, ci mangiamo i soldi che abbiamo.
L’interesse poi per l’acquisto di una casa emerge anche
dalla trascrizione della conversazione ambientale, tra CANNOVA e la moglie, che
segue, ove la Paduano chiedeva al CANNOVA se avesse altri 50.000 euro da dare
“in nero” al costruttore: denaro che la moglie suggeriva, in caso di verifica
fiscale, di far emergere dall’affitto della villa di Mondello, in quel momento
locata al giocatore di calcio del Palermo, Barreto Edgar:
(VOL. II aff. 23 ss)
numero progressivo n°2611, nel brogliaccio di ascolto delle
relative operazioni tecniche, registrata alle ore 01.00 del 27/05/2012, durata
60 minuti.
CANNOVA GIANFRANCO successivamente indicato con la lettera
“G”
PADUANO VALERIA successivamente indicato con la lettera “P”
omissis dall’ inizio a ore 01.40.54
P: Tu devi farti un conto corrente, dove metti i soldi del..
un conto corrente una cosa a parte, dove metti i soldi della villa… un domani
ti troverai…di Barreto, un domani ti troverai un gruzzolo e tocchi gli altri,
le altre cose, non puoi mettere fondo sempre a questi 3 mila euro.. perché tu
ci devi pagare il mutuo e l’altra metà te li metti da parte, mi senti quello
quando parlo? Eh che ho detto?
G: Che parte del mutuo poi rivediamo la questione…
P: Perchè ancora non è partito il mutuo della villa?
G: Abbiamo fatto mutuo per la villa?
P: A maggior ragione mettendoteli da parte…
G: Per fare il mutuo devi fare l’atto..
P: Ma già in un anno non hai 50.000 euro in più da
dargli a questo? Eh.. ce li hai? Te li sei messi da parte?
G: Certo, li sto mettendo…
P: … sicuro? E quando glieli dai?
G: A questo chi?
P: A questo del costruttore.. a questo che gli devi
pagare la casa.. che gli hai dati soldi in nero.. non glieli puoi dare altri
50? Che sono quelli di Barreto che ti ha dato in un anno, è una anno ormai..
G: No Vale…
P: Ma perché.
G: Perché la casa dobbiamo dichiararla per forza 300..
perché al di sotto, non diventa più credibile.
P: Quindi in nero non gli puoi dare più niente?
G: Non diventa più credibile.
I suddetti elementi di prova
forniscono, per l’attendibilità delle dichiarazioni, definitivo riscontro alla
piena integrazione del reato contestato e prova dell’allarmante danno sociale
provocato dal patto scellerato tra CANNOVA e PROTO
In occasione dell’invito fatto
all’ing. Zuccarello Natale dalla Polizia per il giorno 01 giugno 2012, al fine
di essere sentito a sit, questi, prontamente chiamava CANNOVA per chiedere
informazioni.
Emerge che lo Zuccarello,
sovraordinato rispetto al CANNOVA, non ha assolutamente alcuna idea sulla
situazione della discarica di C/a Tiritì dell’OIKOS, e che CANNOVA ha buon
gioco nel confondergli le idee.
G: Cannova Gianfranco
V: Paduano Valeria
Omississ dalle ore 20:34:20 alle ore 20:35:35
Poi:
V: Con Paolo ora parliamo....
G: Salutalo a Mimmo ora se ne va...
V: Come?
G: Salutalo..salutalo...
V: Cè Mimmo? a casa?
G: Si!
V: Ah! Tu eri a casa con Mimmo?
G: Si!
V: Eh...perchè non ci mangiamo una cosa fuori?
G: Perchè c'è un altro appuntamento e quindi non sa a
che ora si
sbriga.
V: Lui, ha un altro appuntamento. Ho capito. Senti una
cosa. Digli che aspetta che sto arrivando......Ehi! lo voglio salutare. Mi
senti Gianfranco?
G: Si!...mi stava dicendo che potrebbe pure rimanere...
V: Potrebbe pure rimanere?
G: Uhm!
V: Se lui rimane possiamo andarci a prendere un
boccone. ma una cosa così niente di informale.
G: No anche perchè non può fare tardi.
V: A loro gli prendiamo due cose al Mc Donald e noi ci
andiamo a
mangiare una cosa fuori
G: Va bene!
V: Ma anche un'insalata.....ah?
G: Va bene!....va bene ora mi organizzo in questo modo.
dai!
Omississ dalle ore 20:36:41 alle ore 20:38:24
a
cura del Comitato Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femmine
CANNOVA,ZUCCARELLO,TOLOMEO,SANSONE,ANTONIOLI,AUDI,GULLO,CROCETTA,PROTO,SODANO,SOAMBIENTE,OIKOS,MARINO,
MASSIMO MOTISI, LORENZO BONAVENTURA,MASSA,MAZZARA
SANT’ANDREA, DANIELA VARONE, ALESSANDRO
PICCHI.
Cinisi: esposto alla Corte dei Conti del M5S sulla mancata differenziata | Il Vespro
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